RAOUL SINIER, Dreams From The Assembly Line
Pittore, creatore, artista. Raoul Sinier è inglese, risiede a Parigi e porta avanti un percorso artistico, sonoro e visuale ormai da più di vent’anni. Per me è il primo approccio con la materia, principalmente per la curiosità scatenata in me dal buon Ed di Dense PR, abilissimo ufficio stampa. Parla di elettronica, rap anni ’90, rock, funk e prog. Avrei potuto scegliere di cestinare biecamente, perdendomi la conoscenza con questa scheggia melanconica. Voce leggera, baffi e corna, Raoul viaggia fra le undici tracce con gusto inappuntabile. Immaginatevi degli Unkle o dei Death in Vegas con la voce di uno sciamano che pare uscito dagli anni Ottanta più romantici, ma quasi senza peso. Non disdegna il rock più pestone a tratti, né il crescere dei bpm, fino ad arrivare a scenari simili a quelli in cui potrebbero pascolare Dave Gahan o Trent Reznor. Ma siamo comunque in altri ambiti, sarà forse Parigi a rendere dannatamente seducente un baloccarsi fra ritmi e sensazioni mai pacchiane, ma sexy e conturbanti. È anche molto interessante approfondire il lavoro visuale di Raoul, vicino alla sua espressività vocale e sonora, mondi molto diversi ma legati da una sottile linea bianca. Il viaggio attraverso questa catena di montaggio onirica è affasciante e sembra svelarne una certa umanità, chiarendo bene come dietro la meccanica, la tecnologia, l’arte, ci sia sempre un essere umano, i suoi sentimenti e la sua disperazione. “Timeless Room” è praticamente perfetta, cresce portandoti con te, aerea e disperata. Il mix è portato avanti da Raoul in maniera completamente autonoma (il disco è autoprodotto, così come per la maggior parte delle sue uscite, eccetto una prima parte di carriera in cui ha collaborato con una serie di etichette poi defunte come Coredump, Sublight e Ad Noiseam) e non sembra avere punti di deboli. È un lavoro di carne, di materia, come sa ad Anohni fossero state strappate le ali e venisse traghettata sempre più in basso, frammentandone l’essenza come in “Unmistakable Fragments”. La title-track chiude come meglio non si potrebbe, un viaggio apparentemente circolare che ci riporta al punto di partenza, fautori della nostra medesima perdizione. Un lavoro da assorbire in più sessioni, entrandoci e compenetrandosi con esso a fondo, uomo e macchina, catena e sudore, sangue e morte?
Del disco esiste una versione limitata a 125 copie comprensiva di un libro contenente dipinti digitali raccolti nelle opere fra il 2004 ed il 2022 che, se lo scorcio che mi è stato concesso di vedere ripagherà le attese, sembra oggetto da non farsi sfuggire.