RANDALL DUNN, Beloved

RANDALL DUNN, Beloved

Se mi chiedessero perché è uno importante, risponderei che Randall Dunn nel 2005 ha prodotto Hex; Or Printing In The Infernal Method degli Earth. Anche lui, come Dylan Carlson e Greg Anderson, era a Seattle negli anni Novanta, e ha cominciato a farsi conoscere di più durante il decennio successivo: noto per l’autenticità che contribuisce a dare ai dischi di cui si occupa (scegliendo tendenzialmente strumentazione analogica), ha messo le mani su tanto materiale di quei gruppi americani che partono da suoni pesanti e arrivano al minimalismo: Asva, Mamiffer, Locrian e ovviamente gli Earth del dopo-Hex e gli ultimi Sunn O))). Ha poi toccato tanta altra roba, tra cui album che mi piacciono molto, ad esempio i primi due degli Eagle Twin e Black Cascade dei Wolves In The Throne Room.

Randall Dunn è un professionista che entra in studio coi Black Mountain come con Eyvind Kang, ma in linea di massima la sua traiettoria personale sembra portarlo su territori – come intuibile – lontanissimi dalla forma canzone e vicini alla colonna sonora, non per niente uno dei suoi lavori più recenti è stato quello sullo score di “Mandy”, l’ultimo realizzato da Jóhann Jóhannsson, un “trasversale” come lui, scomparso all’inizio di quest’anno.

Non è strano, collegando tutte queste informazioni, che in Beloved, primo suo disco interamente da solo, Dunn lasci stare le melodie in favore di un suono denso e continuo, schiacciante, cercando un timbro il più possibile unico, dato soprattutto dall’accostamento di synth e fiati (clarinetti, in primis, ed è facile immaginare che non abbia avuto problemi a trovare i turnisti che gli interessavano). Ciò non impedisce che qualcuno ci canti su, magari aiutato da qualche battito sintetico: buone le performance di Frank Fisher degli Algiers su “Something About That Night” (ansiogena e obliqua, è la causa dei paragoni con Scott Walker che si leggono in giro) e di Zola Jesus su una più mistica e aerea “A True Home”, che chiude la seconda parte dell’album, in effetti leggermente più luminosa della prima. Sono buoni anche gli altri cinque pezzi, esclusivamente strumentali: una spanna sopra stanno “Amphidromic Point”, dark e allo stesso tempo atarassica, “Lava Rock And Amber”, la più elaborata e filmica (piano, basso, synth, clarinetti, un violoncello dal suono profondissimo), e la soprannaturale “Theoria : Aleph”.

Incredibile dove si è arrivati nel 2018 partendo dalla scena indipendente di Seattle: Beloved, per certi versi, suona come l’ultima esplorazione possibile per quelli del giro Southern Lord.