Questo è Memorial Device in italiano
Finalmente una buona notizia: “libri che esplorano il territorio di frontiera tra musica e letteratura, scritti da chi fa, ha fatto o in qualche modo si occupa di musica – almeno una delle tre o tutte e tre insieme”. Questo ciò che dice di voler fare Double Nickels Edizioni, dietro cui si trovano Chiara Antoniozzi, bassista dei Lleroy, noiserock band che qui tutti amiamo, e Matteo Cortesi (Metal Shock, Bastonate, Metal Skunk…), anche lui grande fan dei Lleroy. “Double Nickels” è un riferimento ai Minutemen e – credo – al modo di essere e lavorare delle prime band hardcore punk americane.
“Memorial Device” è un libro di David Keenan, veterano di Wire, ex proprietario del negozio di dischi Volcanic Tongue (assieme alla moglie Heather Leigh, con la quale ho fatto una bella gaffe anni fa), autore nel 2003 di “England’s Hidden Reverse: A Secret History of the Esoteric Underground” (nel quale si occupava di Nurse With Wound, Coil, Current 93 e di quasi tutto l’arcipelago intorno a loro), ma non solo: dopo “Memorial Device”, uscito nel 2017, Keenan ha pubblicato ancora fiction, togliendosi in apparenza più di qualche soddisfazione.
Questo scelto da Double Nickels è un atto d’amore per Airdrie, la città scozzese in cui ha vissuto David. I luoghi dove si svolgono i fatti esistono o sono esistiti, le band al centro delle vicende no. “La scena post-punk di Airdrie, Coatbridge e dintorni” è inventata o, per quanto ne posso sapere, reinventata. La maggior parte degli appassionati di musica indipendente si identificherà con la filosofia Do It Yourself di quel periodo, specie con Ross Raymond, fanzinaro immaginario che più o meno nel 2016 intervista tutti i protagonisti di quel periodo (1978-1986, per la precisione), e di lui capirà alla perfezione l’esigenza di mettere insieme un mosaico di voci, di documentare e tramandare (“Memorial Device” è il nome della band intorno a cui ruotano tutti i racconti, che origina da una “difficoltà” del cantante di questa stessa band, ma è soprattutto un riferimento al registratore e al bisogno che ha il malato terminale di musica di conservare, fare liste, discografie…).
Sì, queste pagine appartengono a un lettore preciso, quello che sorriderà leggendo i paragoni espliciti e impliciti con gruppi del passato reali, che vedrà se gli manca qualcosa a livello di riferimenti letterari o artistici (il post-punk era un pentolone multimediale e interdisciplinare), che si immalinconirà una volta capito che tutto è finito molto male in tutti i sensi (prima o poi una scena locale si spegne ed è come un lutto). I più nerd tra i nerd riconosceranno nei Memorial Device caratteristiche – improbabili storicamente – dei musicisti preferiti di Keenan, altri si chiederanno perché gli facciano così schifo i veri gruppi post-punk scozzesi (solo una volta una tipa menziona gli Associates, che in effetti sono orribili; bravo David, hai fatto bene a lasciar stare), altri più normali si godranno gli aneddoti rocchenrol e credo molti apprezzeranno le piccole sperimentazioni formali che rendono scorrevole e agile questa finta storia orale (complimenti a chi l’ha tradotta, è durissima far camminare così disinvolto un testo simile, e lo si capisce solo in tre o quattro momenti per fortuna).
Il giornalista Keenan non è il mio preferito. Per carità 1: non ho una visione completa di lui e penso che di base sia molto bravo e molto vasto. Per carità 2: ha una carriera pluridecennale e si è occupato di roba incredibile, coprendo (e scoprendo per noi) uno spettro vasto di suoni, passando giornate a intervistare Peter Brötzmann come Jack Rose. Siccome però siamo tutti umani, ha causato anche danni, provando a convincerci che James Ferraro valesse qualcosa o che qualcuno suonasse “hypnagogic pop” (su Wire, agosto 2009, un numero per coincidenza con una bellissima intervista, non sua, a Peter Christopherson), forzature dall’alto copiate poi male anche in Italia con la trovata dell’Italian Occult Psychedelia, pur nel caso specifico in presenza di alcuni gruppi eccellenti. È stato contestato, forse ha cominciato a perdere qualche colpo e (a gennaio 2015, sempre su Wire) ha firmato un articolo sulla morte dell’underground – quello autentico che solo lui conosceva – per mano dell’Internet, rivelandosi una via di mezzo tra il bambino ricco che si porta via il suo pallone se non lo mettono in attacco e mio nonno di fronte ai primi telecomandi. In pratica, una volta che si è rassegnato a non essere il Maestro che ti può condurre per mano nell’underground esoterico (Dio mio), ha cominciato a scrivere dichiaratamente di band di fantasia, potendosi così liberare da questo peso fastidiosissimo che con un po’ di approssimazione chiamiamo “realtà”. Qualcosa che gli riesce davvero bene, niente da dire.
Il prezzo di “Memorial Device” è onesto: compratelo, leggetelo, passate qualche ora bella aiutando Double Nickels a proseguire la sua avventura (all’orizzonte ci sono scritti di Michael Gira, Eugene Robinson e Ian Svenonius).