Questa È Roma 2019
Roma C.S.O.A. Strike, 12/1/2019. Le foto e i video sono di Paolo Cipriani, che ringraziamo infinitamente.
Come da tradizione, l’anno si è aperto con una trasferta per il Questa È Roma, festival ormai divenuto un appuntamento fisso per la scena hardcore punk non solo locale e che ha tra i suoi punti di forza la proposta sonora ma anche l’atmosfera conviviale. Molti, infatti, anche in questa occasione, coloro che hanno affrontato viaggi più o meno lunghi per riabbracciare gli amici e scatenarsi sotto i due palchi messi a disposizione delle 18 band convocate per alternarsi a partire dal pomeriggio.
Così, nonostante una stagione particolarmente rigida e un freddo a dir poco polare, non ci è voluto molto perché lo Strike si animasse fino a raggiungere il vero e proprio pienone dopo cena, tanto che al clou della serata risultava molto difficile continuare a fare la spola tra le due zone concerti. Difficoltà che non ha però dissuaso i molti pendolari, che hanno sgomitato pur di non perdersi ogni set, vista anche la qualità generale e la voglia di godersi quanti più gruppi possibile. Del resto, anche questa volta di carne al fuoco ce n’era molta, con un occhio di riguardo per le band locali, accorse per un’occasione davvero importante di cui vi diremo a breve, ma non senza alcuni intrusi di spessore come – tanto per citarne un paio – i londinesi Sick On The Bus e i padrini dell’hc nazionale Raw Power. Inutile fare pagelle o graduatorie, basti dire che dall’oi! all’old school, dal fastcore al punk-rock, con tanto di incursioni nel thrash, ogni declinazione del linguaggio di riferimento ha trovato spazio lungo le molte ore di musica praticamente ininterrotta. Incredibili, come già notato nella scorsa edizione, la precisione nel rispettare gli orari e la mancanza di momenti morti dovuti a problematiche connesse al cambio palco e alle molte formazioni presenti. Il pubblico ha dimostrato di apprezzare e ciascuno ha avuto modo di gustarsi i propri beniamini, con un buon ricambio generazionale che ha indotto vecchi punk e nuove leve, nomi storici della scena e curiosi assortiti ad affiancarsi senza che a nessuno importasse poi molto delle motivazioni dei presenti o della loro “legittimazione” a detenere una qualche tessera punti scena. Questa dovrebbe essere la normalità, ma purtroppo non sempre accade e fa piacere sottolineare che la già citata atmosfera conviviale e l’inclusività in questa occasione non sono restati meri proclami.
L’evento speciale a cui si accennava prima, senza ovviamente voler sminuire nessuno, era il saluto del Damiano dei Colonna Infame che saliva per l’ultima volta sul palco con un nome a dir poco di culto non solo nella Capitale, un saluto che si è trasformato in una bolgia di corpi accalcati sotto e sopra il palco per cantare a squarciagola i tanti anthem della band e che ha contagiato l’intero Strike. Inutile negarlo, qualche lacrimuccia ha bagnato molti occhi ed era palpabile l’atmosfera elettrica che in fondo è giusto accompagni la chiusura di un capitolo così importante, ma non c’erano né retorica né manierismo, solo tanti ricordi e momenti condivisi riportati alla mente da testi scanditi a memoria. Felice, a mio giudizio, la scelta di non mettere i nomi grossi in chiusura e di alternare le band senza graduatorie di importanza o longevità, così da evitare penalizzazioni o gerarchie di sorta. Come di consueto, presenti distro e banchetti d’ordinanza, la famosa ciliegina sulla torta.
Per chiudere con i Colonna: “Punk è moda, non per noi!”