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qqqØqqq, Burning Stones Of Consciousness

Il nome qqq∅qqq è una parodia dei loghi death/black metal, lo si capisce osservandolo nelle grafiche di copertina, in più corrisponde – non so quanto consciamente – a una riflessione che si fa da anni: non si pronuncia più il nome delle band, specie quelle più underground che nessuno conosce, certi gruppi esistono solo in uno schermo, perché è solo su internet che si entra in contatto con loro (spesso sono nati su internet, ma non è questo il caso), quindi perché preoccuparsi del parlato quando è il disegnato che conta?

I veneti qqq∅qqq sono in due: uno è ai synth (synthetiche devono essere anche le percussioni) e all’elettronica, l’altro a chitarra ed effetti. L’impianto è minimalista (in crescendo), la struttura non è diversa da quella dei pezzi degli Om o dei primi Aluk Todolo, o ancora – per non uscire dal Veneto – dei Kirlian. Nel periodo in cui ho ascoltato questo disco, vicino allo stereo avevo anche Outside The Dream Syndicate di Tony Conrad coi Faust e ho pensato che tutto qui si appoggi su di una solida tradizione. Insomma, ad ascoltare i qqq∅qqq difficilmente si incontrano novità, ma l’effetto-trascendenza per fortuna è assicurato. I due si basano su poche regole semplici e una buona scelta di suoni (anche se quelli percussivi sono migliorabili), in più saggiamente coinvolgono ospiti per dare nuovi colori alle loro costruzioni: il flauto traverso di Zyklus in “I Perceive The Peak So Clearly I Can Embody It” è semplicemente meraviglioso, mentre la presenza di H!U nell’ultima “Crumbling Plains And Burning Stones Of Consciousness” sposta gli equilibri verso l’elettronica, mettendo in disparte la chitarra. Questo è già un buon disco, ma ci sono margini per crescere ancora.