PROTESTANT, Cory Von Bohlen

Protestant

In Thy Name rappresenta un’accelerazione verso l’oscurità per i Protestant, quasi che le radici hardcore della band fossero state tuffate in un mare talmente denso e nero da ricoprirle e lasciare loro addosso una patina maleodorante capace di infiltrarsi in ogni spazio libero, in ogni crepa sonora. Il nuovo lavoro della band di Milwaukee prende forma da una mutazione di chiara matrice black metal, feroce, caustica, figlia di un percorso dove la luce ha perso il suo posto e la rabbia ha distorto i contorni del tutto. Cory Von Bohlen ci racconta come sono andate le cose.

Ciao, ti andrebbe di presentarci i Protestant, casomai qualche lettore non vi conoscesse ancora? I classici quando, dove, chi della band.

Cory Von Bohlen (chitarra, voce): Ciao Michele, i Protestant sono nati a Milwaukee nel 2004, dove viviamo tutti. All’inizio eravamo io, Brian, Chris ed Erik (Northless). Jesse ha rimpiazzato Erik nel 2006 e da allora siamo rimasti stabili. Abbiamo creato i Protestant per suonare il tipo di hardcore/punk che ci piaceva sentire, perché eravamo stanchi del grindcore tecnico, del metalcore e dell’altra spazzatura che prevaleva nella scena al tempo.

Il vostro nome mi ha sempre colpito molto, come è nato e che tipo di legame ha con il vostro approccio/attitudine?

Fantastico. Volevamo proprio un nome forte e semplice. Abbiamo una solida etica del lavoro protestante (a parte l’enfasi religiosa), per così dire. Un protestante è ovviamente una persona che protesta e in più i Rorschach hanno realizzato un gran disco chiamato Protestant, che noi amiamo.

Dopo un decennio passato in giro, cosa è cambiato all’interno della band e cosa è cambiato nella scena secondo voi?

Ci importa meno di ciò che la gente pensa di noi o di quanti ci apprezzino, scriviamo brani più vari e andiamo più incontro ai nostri interessi, almeno credo. Suoniamo anche meno show, facciamo meno tour e abbiamo sempre meno tempo.
Per quanto concerne la scena, la musica estrema è più accettata e abbiamo visto band che hanno provato a diventare “grandi” in un sacco di modi differenti, alcuni grossolani ed altri validi. Più band sono tornate dalla morte e questo è bello e così via. Anche la scena diy internazionale è cresciuta e divenuta più interessante, e una scena è ciò che tu la rendi. A dirla tutta, non do troppa importanza al quadro generale.

Il vostro nuovo album mostra un umore ancor più oscuro e violento, come se aveste volontariamente spento la luce e aggiunto una maggiore dose di rabbia alla vostra scrittura. Cosa vi ha portato a intraprendere questa strada?

A un certo punto abbiamo iniziato a scrivere cose più oscure e veloci e da lì abbiamo continuato a comporre in questo modo, lo stesso vale per descrivere come ho approcciato i testi del disco. A volte la nostra rabbia e il nostro risentimento vengono fuori in modi differenti. Tre di noi ascoltano tanto black metal quanto punk, così è stata un’evoluzione naturale. Almeno noi la vediamo in questo modo.

Protestant

Anche I testi sembrano seguire gli umori del disco. Ti va di raccontarci qualcosa sull’argomento e di come sono nati?

Bene, io tendo a scrivere brevi appunti sulle cose che penso e questi diventano l’inizio di un brano. I testi sono in genere un po’ più artificiosi di quanto la gente ammetta, per cui non è che avrei mai scritto un mucchio di cose felici per farle entrare nell’album. Ho ascoltato le demo del disco e ho passato ore a guardare lo schermo vuoto del mio pc. Non sono una persona particolarmente cupa oppure arrabbiata, ma a parte questo mi sento facilmente frustrato per le situazioni, per il mondo che mi circonda, quindi non è difficile incanalarle e inveire contro ciò che mi irrita. Il mondo è un luogo abbastanza terribile quando pensi a ciò che siamo capaci di (e vogliamo) farci a vicenda.

Mentre un tempo l’hardcore cercava di evitare ogni connessione con l’immaginario e il suono metal (e nello specifico black metal), oggi sembra che gli estremi si siano uniti per dar vita ad un nuovo linguaggio. Nonostante questo, la gente coinvolta il più delle volte sembra differente e le scene restano nella maggior parte dei casi separate, credi che ciò sia legato ad aspetti ideologici e ai differenti modi di approcciarsi al diy e all’industria discografica?

Sembra che sia proprio così. Mentre il black metal fatto dai metallari (noi siamo dei punk) spesso sembra differente, in realtà alla fine è più una questione di abbigliamento, pose e promozione a differenziarlo. DIY significa molte cose differenti per molte persone diverse tra loro, ma di certo la maggior parte dei ragazzi del giro punk e hardcore che suonano black metal non cercano di entrare nel pacchetto del prossimo Decibel tour o di qualche altro evento. Comunque è strano, oggi, le linee di confine si fanno sempre più confuse. La politica e il modo in cui uno si muove per suonare o registrare un disco possono rappresentare le ultime differenze.

Possiamo considerare i Protestant una band guidata dall’ideologia e dalla politica? Quanto è forte il legame tra musica e ideologia?

In realtà, non proprio. O meglio, come persone di sicuro, come collettivo concordiamo su molte cose e crediamo che il mondo si meriti ciò che ha, tutti odiamo le cose terribili per cui le persone si odiano a vicenda e così via. Ma non abbiamo un’ideologia fine a se stessa, odiamo solo avere a che fare con le stronzate.

In Europa l’album esce per Throatruiner Records, come siete entrati in contatto? Ci sarà possibilità di vedervi in tour da queste parti nei prossimi mesi?

Sono in contatto con Matthias per mail da vari anni e, quando abbiamo deciso di registrare un nuovo album, l’ho raggiunto per capire se poteva essere interessato. Fortunatamente lo era e questo è quanto. Ora però ci parliamo di continuo, fortunato lui (ride, ndr). Dirige una gran label con ottime band e sono fiero di farne parte.

Ci piacerebbe tornare in Europa, ma non credo che accadrà presto, abbiamo tutti troppe cose in ballo, personali e non.

Oltre a far parte dei Protestant, hai anche la label Halo Of Flies, il che mi fa pensare se l’essere musicista ti aiuta nel trattare con le band o curare le attività della label. Possiamo considerarle due facce distinte ma collegate della tua passione per la musica?

Ad essere onesto, la label è molto differente dal resto. Ma posso capire la connessione di cui parli, visto che la ragione principale per cui l’ho avviata è stato per fare un lavoro migliore sui dischi della mia band. Mi comporto con il mio gruppo esattamente come faccio con le altre band, li assillo per l’artwork, informazioni, decisioni, anche se magari più spesso e con maggiore impazienza, visto che conosco gli altri membri da una ventina di anni.

Sull’ultima cosa hai perfettamente ragione, non voglio lasciare nessuna delle due attività, perché per me rappresentano aspetti differenti.

Cosa ne pensi dei nuovi mezzi per promuovere la musica come streaming, Bandcamp, social network e così via? Sei interessato a queste nuove possibilità o ti senti ancora legato al vecchio mondo del passaparola, scambi e contatti personali?

È conveniente, è facile, è necessario. Sono molto più a mio agio con le vecchie modalità, anche se uso i nuovi mezzi quanto più spesso e come meglio posso. Devo farlo, perché è così che le persone recuperano informazioni e musica. Non è più divertente, ma ad essere onesti socializzo più on line che di persona, per cui eccoci qui.

Tornando ai Protestant, quali sono le band con cui vi sentite più legati e quelle con cui vi piace andare in tour?

Credo di poter affermare che ci sentiamo a nostro agio con poche band locali (Northless, No Brainer, Shut In) e alcune di fuori Milwaukee (Cloud Rat, Amarok), ma non andiamo in tour con la stessa band due volte quindi è difficile dire con chi ci troviamo meglio. Metà di noi sono parecchio timidi e siamo tutti un po’ supponenti, per cui magari è meglio lasciarci da soli.

E vi sentite in qualche modo parte di un movimento?

Assolutamente no.

Grazie mille, sentiti libero di concludere come preferisci…

Grazie per l’intervista, l’ho davvero apprezzata.