PRETI PEDOFILI, L’Age D’Or
Il trio pugliese (Andrea Strippoli, voce e chitarra, Enrico Romano, voce e basso, Francesco Strippoli, batteria) fa il suo esordio con questo full-length pop virato elettro-rock, durante il quale cantato (urlante) e parlato si alternano. In pratica i Preti Pedofili ricordano una sorta di Massimo Volume più “isterici” (loro gradiranno, visto che amano il gruppo di Mimì Clementi). Al contempo, però, non nascondono un modo di operare piuttosto libero da convenzioni musicali classicamente “indie” (passateci la semplificazione, ma è per capirci). Sono eretici nell’animo, insomma, posseggono il dono dell’ironia, ma sanno essere anche seri sembrando sotto sotto pure dei burloni. Dopo questa divagazione è necessario arrivare ai singoli pezzi, complessi dicevamo: “Mavis” è come i Man Or Astroman che duettano con Sergio Endrigo (avete idea di che cosa stiamo parlando, ora? Capisco, non è stato facile nemmeno per il sottoscritto), “Cancro” è punk eterodosso (versante surf) come potrebbe suonarlo un teatrante infatuato dei Dead Kennedys. “Primo Sangue” è dedicata ad Aguirre, il conquistatore protagonista del celebre film di Werner Herzog, poi ancora c’è “Vio-Lento”, con dei passaggi che sembrano una sfacciata pantomima metal… ma sto continuando a banalizzare. Tutto questo per porre l’accento sul fatto che stiamo scrivendo di un disco bizzarro, accigliato, anche incompiuto se volete, e dunque paradossale. È qui però che risiede la forza dei Preti, in questo modo scientificamente “assurdista” di esprimersi, come fossero alle prese col musicare un folle diario personale. Stream of consciousness da cameretta, o semplicemente voglia di esprimere le passioni di una vita, forse entrambe le cose. Si faranno strada, ma devono affilare le lame, anche se già così sanno tagliare abbastanza bene la carne.