Presentiamo MU05 (Cesena) – intervista a Giovanni Lami
Quasi banale definire festival la seconda edizione di MU, più logico pensare a un percorso multidisciplinare che avrà luogo a Cesena proprio in questo fine settimana. Ho intercettato e posto alcune domande a Giovanni Lami, che insieme a Enrico Malatesta e Glauco Salvo si occupa di mettere a punto gli incontri e le esibizioni che si terranno a Palazzo Ghini e al Conservatorio della città romagnola. Studiosi del suono, appassionati delle musiche più diverse tra loro e semplici curiosi sono avvisati.
MU05 è alla sua seconda edizione e si fonda sulle attività di un’associazione culturale con base a Cesena, con te Enrico Malatesta e Glauco Salvo. Puoi raccontarmi da dove e perché viene l’esigenza di creare questa cosa, e del primo impatto che ha avuto sulla città e il Conservatorio Statale di Musica B. Maderna?
Giovanni Lami: Sì, in realtà il precedente “festival” si chiamava MU00 ed è stato di una sola giornata, ma non fa molta differenza: l’idea di non avere un nome specifico per ogni evento, ma quando possibile una semplice numerazione progressiva, è stata una volontà fin dall’inizio, per portare attenzione non tanto sul singolo episodio ma sull’associazione in sé, che ha un’attitudine molto sfaccettata. Durante tutto l’anno organizziamo eventi diversi tra loro tra la Romagna e Bologna (dove continueremo la collaborazione con Kilowatt all’interno delle Serre dei Giardini Margherita), dall’intercettare musicisti in tour e organizzare una data in zona, a workshop, a sessioni di ascolto, a questo (MU05) che può in qualche modo essere definita la proposta più completa e trasversale, a suo modo un piccolo festival. Enrico erano anni che organizzava rassegne di concerti a Cesena e sinceramente si era stancato di avere sulle spalle tutto il lavoro, tenere i contatti, la logistica… Contestualmente, sia da parte di Glauco che mia è nata la voglia di impegnarsi in prima persona, ed unire le forze per riuscire a fare uno salto nella proposta di eventi legati alle pratiche sonore è venuto naturale, così è nata MU. Ti dirò, siamo molto felici di ciò che siamo riusciti a fare in un solo anno, davvero, mentre scrivo ora guardo indietro, abbiamo vinto due bandi: il primo ci hanno permesso di sviluppare una serie di sei appuntamenti laboratoriali dedicati ai giovani, il secondo di espandere questo festival di maggio a due giornate, c’è stata una collaborazione molto produttiva con la Biblioteca Malatestiana, abbiamo curato una piccola parte di Màntica (festival annuale della Socìetas Raffaello Sanzio) invitando Stephen Cornford per un concerto e un talk, siamo riusciti ad intercettare musicisti in tour che hanno potuto suonare in contesti ideali per questo tipo di proposte (il Teatro Comandini, le Serre dei Giardini Margherita, La Chiesa di Sant’Agostino…). Insomma, la vedo come una bella crescita. La città ha sempre risposto bene, così come il pubblico. Per noi è naturale cercare di fare rete con altre realtà (ad esempio il Conservatorio) in modo da creare intersezioni, punti di contatto indispensabili per formare un pubblico, per far conoscere le nostre attività e viceversa attraverso noi far conoscere le loro, per far sì che la fruizione sia permeabile da persone con altri background ma con interessi che confinano con i nostri.
A Cesena nasce appunto anche la Socìetas Raffallo Sanzio, è dunque una città dove linguaggi diversi tra loro vengono utilizzati in una certa maniera, insomma si fa ricerca, sperimentazione… Non lontano c’è anche Santarcangelo dei Teatri. Il fermento artistico e multidisciplinare in questa parte di regione è evidente…
Personalmente ogni volta che parlo di questa zona, di questa area geografica, tendo sempre a dire due cose. La prima, che è un’isola felice per certi versi, perché qui non siamo in pochi a dedicarci a questo tipo di pratiche, chiamale “sperimentali” se vuoi (ma nel senso più originario, basate cioè sulla pratica, sull’esperienza e l’osservazione diretta dei risultati), all’interno di diverse nicchie, e questo porta inevitabilmente alla formazione di un terreno fertile, dove è più semplice confrontarsi e “ibridarsi”. La seconda, che intendo quest’area come un’unica zona geografica, come un’unica città espansa/esplosa. Esistono diverse province, comuni – ok, ok… – ma in realtà è tutto estremamente vicino, comparato alle dimensioni spazio/temporali di una metropoli è come se tutto fosse all’interno della stessa grande città, dove tutto si raggiunge con spostamenti di mezz’ora o tre quarti d’ora al massimo. E questo aiuta molto.
Presentaci gli artisti e il filo conduttore scelti per l’edizione di quest’anno.
Non vogliamo ci sia un filo conduttore preciso, con proposte che si articolano solamente dentro una specifica nicchia musicale, tutt’al più se lo si vuole cercare è proprio nel voler essere eterogenei, ed attraverso questo provare a costruire un percorso ricco all’interno delle due giornate. Il venerdì sarà dedicato sostanzialmente a due approcci non convenzionali alle percussioni, con Riccardo La Foresta e Toma Gouband, mentre sabato si comincerà fin dalla mattina, con un talk di Silvia Tarozzi al Conservatorio B. Maderna sulla genesi di Occam II, composizione di Eliane Radigue che sarà suonata poi nel pomeriggio. La serata si aprirà con un concerto del duo formato da Tim Olive e Anne-F Jacques, musicisti che si muovono all’interno di un’elettroacustica fatta di oggetti amplificati e improvvisazione, mentre a chiusura del festival siamo molto felici di poter avere Donato Epiro, che presenterà in anteprima il live-set del suo ultimo lavoro, Rubisco, uscito per Loopy poche settimane fa e accolto subito splendidamente.
Con quali modalità e pratiche artistiche contate di proseguire? Pensi che in futuro sia necessario rinnovare la proposta, o ritieni che MU sia una creatura ancora piccola, che ha bisogno di crescere?
Siamo nomadi, ed è qualcosa che in fondo ci piace, perché appunto rende molto più semplice creare una rete. Certo uno spazio per molti versi aiuterebbe, ma rischierebbe di essere anche un contenitore troppo rigido. Ci interessa lavorare su diversi luoghi, lasciando interagire i musicisti di volta in volta coinvolti con le caratteristiche intrinseche di quegli ambienti, ci interessa collaborare fondamentalmente, sia con altre associazioni che con realtà affini, e in qualche modo con le persone che di volta in volta invitiamo, in fondo ciò che più ci sta a cuore sono proprio le relazioni umane e di condivisione che si possono creare. Le nostre proposte sono in qualche modo molto “liquide”, quasi che la parola “rinnovare” non sia nemmeno contemplata, siamo lontanissimi da logiche di marketing che vedrebbero meglio questo o quell’artista per fare numero, perché è ciò di cui si parla, per avere più pubblico o per qualsiasi altra ragione. Siamo fuori da dinamiche di agenzie, di booking…. in fondo Enrico, Glauco ed io siamo tre musicisti con ascolti anche molto diversificati, e continuiamo sempre a confrontarci per trovare ogni volta un equilibrio all’interno della diversità, che in questo caso pensiamo sia grande un valore aggiunto.