PRANK + GIORGIO LI CALZI, S/t

Quando un uomo grasso incontra un culturista, il culturista è un uomo morto, direbbe Paolo Rossi pressappoco. Non conosco la visione filosofica dei Prank né di Giorgio Li Calzi, ma l’inizio di quest’album, con uno sciabordante brano proto-stoner sul quale vanno a incastonarsi fiati preziosi, è uno di quelli che ti fa fermare. I torinesi sono gente sfaccettata e bizzarra: ho avuto anche la fortuna di avere a bordo un paio di loro, Federico Marchesano e Dario Bruna, per il disco d’esordio di Ginny (ancora grazie!). Giorgio Li Calzi, come direttore artistico del festival Chamoisic, ha permesso a Ramon Moro uno dei primi concerti extraspecie per il pubblico a quattro zampe, mentre Enrico Degani, oltre che nei Qulibrì, era insieme a Fabrizio Modonese Palumbo nel loro Time Lapses.

I titoli sono evocativi quando non citazioni esplicite, per un ritratto che si compone con Raymond Carver, Suicide, Ulrich Seidl. Roba secca, cruda, evocativa. Un universo nel quale i quattro sembrano muoversi a loro agio, considerato come riescono a tenere alta la tensione pur giocando spesso con tocchi e spazzole morbidi. Ma c’è sempre un’ombra, un non detto come quello esalato dalla tromba di Li Calzi prima che “Cattedrale” diventi sempre più una soggettiva che a va svelare legittimamente ciò che è stato erroneamente coperto. “Ghost Rider” è un vocoder-cabaret che balla come se i Trans Am di Future World musicassero un episodio delle “Wacky Races”. Poi la cartolina che non ti aspetti, un’assolata ma leggiadra, quasi soave melodia che fa chiudere gli occhi e rivedere immagini di gentilezza ed umanità, “Ulrich Seidl”. I brani si mantengono su di una buena onda dove la reiterazione porta ad allungare l’orizzonte in un punto di fuga infinito e “Umbratile” può essere solo la superficie sottostante, ormai lontana e irraggiungibile. Anche “Touching Hands” si espande come cerchi brillanti sull’acqua, fino ad arrivare ad uno stacco quasi western, a dimostrazione di paesaggi che possono cambiare da un istante all’altro. “Prismatica” cresce come un lievitato, montando e riportandoci in secondo piano quell’intensità che lo scontro iniziale faceva reagire. Lo scherzo più evocativo degli ultimi tempi, senza dubbio.