PORTAL, Ion
Se c’è un gruppo degli ultimi 10-15 anni che può vantarsi di essere originale, quel gruppo si chiama Portal. In un momento storico in cui le vie da percorrere sono due, quella del revival e quella del modernismo di plastica, la band australiana è riuscita a portare il metal estremo su un altro livello. Disco dopo disco ha ottenuto un sound unico scegliendo strade che paradossalmente sono più una garanzia di insuccesso che altro. I Portal sono monotoni, impenetrabili, tecnici e spesso prolissi. Al contrario del 90% dei loro concorrenti, però, hanno trovato un modo geniale di sfruttare queste caratteristiche e il risultato è un abisso caotico, violento e quanto più oscuro si possa immaginare. Nessuno prima era riuscito a rendere così vivo e verosimile l’universo lovecraftiano: in molti ci hanno provato, fermandosi però all’avere una tematica per i testi, che col tempo è diventata sempre più diffusa e abusata.
A cinque anni da Vexovoid, con Ion continua il viaggio verso il basso. La sostanza non è cambiata e le strutture si fanno sempre più indecifrabili. La prima cosa che colpisce è la produzione: i riff sono più “evidenti” e gli strumenti si distinguono molto meglio l’uno dall’altro rispetto al passato, in cui l’oscurità – che si stendeva come un velo sul marasma generale – era la componente primaria. Anche la voce di The Curator è più chiara. Il discorso sta virando verso altri stati mentali, altre sensazioni. L’insieme dei suoni è di natura più violenta ed eccentrica, si lavora di più nel tradurre in musica gli orrori dell’uomo, proiettati da un subconscio che è tutto tranne che pacifico. Rimane la volontà a comporre album brevi, che non arrivino ai 40 minuti (una volta era lo standard per tutti, ma oggi è una cosa sempre più rara) perché non ci sia la classica componente del “minutaggio” (cioè quando in un film si girano scene per allungare il brodo e arrivare alla durata desiderata). È molto difficile trattare i Portal come un gruppo normale, visto il modo in cui lavora sulle dissonanze o come si presenta (una volta suonare incappucciati o con il corpo completamente coperto era un’innovazione): il loro sound è ai limiti dell’astrattismo, cosa che li rende quasi inimitabili e ha fatto loro acquistare uno status di culto, con un’audience variegata che conta non pochi appassionati tra le sue fila, dunque non si parla della classica band misconosciuta con un demo mal registrato di vent’anni fa che di punto in bianco, quasi a caso, viene osannata su internet. Vi consigliamo quindi l’ascolto di questo Ion, che è un ulteriore tassello di una discografia unica, che non ha eguali nella storia del metal estremo.