POISON BLOOD, S/t
Jenks Miller, cioè Horseback, chiede a Neill Jameson dei Krieg di prestargli la voce per il suo progetto black metal Poison Blood, nel quale – come spesso accade – lui suona tutti gli strumenti. Si tratta dunque di una collaborazione a distanza: otto le tracce da sentire, ma la lunghezza complessiva è quella di un ep. Quello che si riesce a scorgere è un black metal elementare, non proprio velocissimo come uno potrebbe credere, ma grezzo e massiccio, chiaramente e dichiaratamente ispirato dalle prime band di metal estremo, appartenenti a un’epoca in cui thrash, death e black stavano nello stesso brodo primordiale. La brevità di ogni brano, inoltre, dovrebbe corrispondere all’intenzione di Miller di far sembrare questo disco anche molto punk nell’approccio e nella filosofia. Chi ascolta Horseback, tra l’altro, ne troverà tracce in alcuni frangenti, come ad esempio nella conclusiva, ipnotica “Circles Of Salt” (un po’ fuori contesto, a mio avviso) o in qualche reminiscenza “americana” o “western” di un paio di episodi. Ci sono infine anche i 48 secondi di synth minimalista intitolati “The Flower Of Serpents”, messi lì come a voler dimostrare che Poison Blood non è ottuso o monogenere, ma va detto che già tanti musicisti black metal delle origini ascoltavano queste cose (magari è fatto apposta a mo’ di tributo, per carità), uno su tutti Euronymous, basta pensare alla traccia che apre Deathcrush dei Mayhem.
Jameson, dal canto suo, è davvero implacabile, ma vorrei sentire un disco con quattro-cinque pezzi solidi, perché quest’esordio dà la sensazione che Poison Blood sia ancora in una fase embrionale.