Due dischi Planet Mu: RP Boo e Sami Baha
Mike Paradinas sembra ormai da tempo intento a levare dalla sua produzione, e da tutto quello che a lui gira attorno, la brutta etichetta di Intelligent Dance Music, puntando invece su realtà che di cerebrale hanno ben poco, ma che al contrario vanno dritte alla pancia di chi ascolta: musica che nasce dal basso, fatta con pochi fronzoli e molte idee.
RP Boo è fra coloro che hanno dato inizio al footwork, genere nato a Chicago negli anni Novanta e originariamente destinato al ballo, in particolare a battle in cui, come suggerisce il nome stesso, vengono utilizzati principalmente gli arti inferiori. Pare che Kavain Space – questo il suo nome all’anagrafe – abbia cominciato con una Roland R-70 comprata per pochi dollari in un negozietto dell’usato: la drum machine era però sprovvista di libretto delle istruzioni e Kavain, non sapendo come allungare i pattern, diede vita a quel suo suono frenetico e stratificato proprio lavorando su singole barre ritmiche. In aggiunta a ciò, anni dopo si rese conto, mettendo le mani su un’altra R-70, di come i suoni della sua fossero completamente storpiati, manipolati dai precedenti proprietari o, chissà, dagli avventori del negozio che l’avevano provata: difficile pertanto trovare un sound che affondi maggiormente le radici in una comunità. A dispetto di una lunga e venerata carriera, la discografia di RP Boo è alquanto risicata, riducibile in buona sostanza ai tre lp usciti per l’etichetta di Mike Paradinas: laddove i primi due raccoglievano da una messe di inediti, I’ll Tell You What! – questo il titolo dell’ultimo lavoro – è il primo concepito espressamente come album, seppur frutto di una gestazione di tre anni. Come di consueto RP Boo snocciola campioni a destra e a manca (sembrerebbe tutta roba della golden age del soul), dispensa dosi generose di bassi, manipola il flow con impareggiabile maestria, inserendo il tutto all’interno di solide geometrie: come c’era da aspettarsi I’ll Tell You What! dimostra una maggiore coesione rispetto ai suoi predecessori, un impegno nel dare forza a un linguaggio e a uno stile riconoscibili.
Facendo un salto dall’altra parte dell’oceano arriviamo a Sami Baha, giovane producer turco da qualche tempo emigrato in terra londinese: se il materiale di RP Boo è fortemente legato a una comunità, quello di Sami è invece ultraecumenico: ritmi quadrati e bassi belli ciccioni. Al di là di qualche reminiscenza di dancehall turca (“Gambit”) vi è una decisa apertura verso suoni globalisti, grime ed elettronica hd in primis, ma anche trap nella migliore accezione del genere. Molte le ospitate, dal rapper svedese Yung Lean agli mc egiziani Dawsha e Abanob (“Ahl El M8na”) e a Dj Nate (ritorniamo al footwork: lo abbiamo ascoltato in passato sempre grazie a Paradinas), per fare qualche nome.
Nel 1978 il leader di Potere Operaio, Franco Piperno, coniò l’espressione “geometrica potenza” per sottolineare l’aspetto “bello e terribile” delle azioni delle BR che da qualche giorno avevano in ostaggio Aldo Moro: ecco, i dischi Planet Mu, senza molte ragioni apparenti, da un po’ di tempo richiamano alla mia mente proprio quell’espressione, che finisce qui per designare una musica dotata di una forza notevole e, nel contempo, cesellata con chirurgica perizia.