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Pilia, Kent e Spaccamonti per “C’era Una Volta” di Carl Theodor Dreyer

Pilia, Kent e Spaccamonti per “C’era Una Volta” di Carl Theodor Dreyer

Torino, 17 luglio 2016, Palazzo Reale.

Per la rassegna estiva “Cinema a Palazzo Reale” è la volta di una speciale proiezione, vengono infatti chiamati a sonorizzare il film di turno tre musicisti particolarmente adatti all’occasione.

La pellicola scelta è quella del danese Carl Theodor Dreyer, celebre per “La Passione di Giovanna D’Arco”, “Ordet – La Parola” e “Gertrud”. Il regista tanto amato da Lars Von Trier era ai tempi uno dei più promettenti film-maker di area scandinava, ma “C’era Una Volta” (in cui si rappresenta un’intricata storia d’amore tra regnanti d’altri tempi) resta opera di secondo piano della sua carriera, tanto che la pellicola è arrivata a noi incompleta, dato che – pur superando l’ora di durata – ha dei buchi riempiti grazie a foto di scena, peraltro interessanti.

I nomi coinvolti nella sonorizzazione sono garanzia di impegno e forte appeal cinematografico, lo dicevo per l’ultimo disco di Paolo Spaccamonti, ma non dubitavo neanche delle capacità evocative della canadese Julia Kent (non a caso sodale di Teho Teardo e Fabrizio Modonese Palumbo) e di Stefano Pilia, uno che ha un curriculum piuttosto impressionante ed eterogeneo: ha suonato o suona per Afterhours, Massimo Volume, Rokia Traoré, In Zaire e 3/4HadBeenEliminated.

Il lavoro che svolgono è alla fine dei conti fondamentale per la riuscita dell’operazione. I tre si siedono di fronte al telo di proiezione e seguono lo scorrere delle immagini, interpretandole solo all’apparenza in maniera pedissequa (un guizzo chitarristico più esagitato per una scena “forte”, parti più sospese su immagini bucoliche e così via…). In realtà creano un tappeto sonoro piuttosto vibrante, dove le increspature delle chitarre si fondono col violoncello della Kent, compiendo l’impresa di non annoiare l’attento pubblico. Verso la parte finale, poi, si cimentano in una sorta di parentesi più “rumoristica”, fatta di giochetti sonori che danno quasi oggettivo spessore alle immagini.

L’operazione, insomma, è andata a buon fine: il trio ha evitato con grande maestria la classica proiezione musicata con le solite note d’accompagnamento. Bravi tutti.

Grazie a Fabrizio Modonese Palumbo per la foto.