PHURPA, Mantras Of Bön
E così, dopo la Brave Mysteries, il collettivo russo dei Phurpa finisce nelle oscure grinfie della polacca Zoharum. Attivo dal 2007, sostanzialmente la sua proposta musicale si può assimilare a una sorta di drone-vocal, ispirato dal mistico e sacro rituale del mantra Bön, secondo l’antica tradizione buddista del lontano Tibet, il tutto accompagnato anche da strumentazione di quei luoghi.
È risaputo: il ghiaccio secco rimane a quote basse perché è più pesante dell’aria. Per questo, se proprio bisognasse dare delle coordinate al sound di questi schizzati pseudomonaci, si potrebbe scrivere che i loro drone, per quanto sono intensi e stratificati, starebbero sotto all’anidride carbonica nel corso del suo processo di brinamento. Questi mantra religiosi e interminabili, però, alla lunga rischiano di annoiare, ma per nostra fortuna i Phurpa ci vengono incontro –solo per la versione live – attraverso la vocalist d’eccezione Alissa Nicolai. La sua performance inconsueta – isterica e demoniaca – rende il rituale quantomeno ascoltabile e più fascinoso, avvicinandolo a certe litanie di Satana di Diamanda Galas. L’album, dunque, è un concentrato, una pozione magica composta da brani rivisitati e registrazioni di performance tenute a San Pietroburgo, Mosca e Berlino qualche anno indietro.
Quei poveracci degli umani, in fin dei conti, sono solo delle antenne che, simultaneamente, ricevono e trasmettono strani impulsi o frequenze elettromagnetiche. Ascoltando uno dei tanti mantra Phurpa – sempre se avete un buon apparato radiotrasmittente – c’è il serio rischio di entrare in un profondo stato di meditazione, per poi risvegliarsi all’interno di un tempio buddista, vestiti d’abito color arancione, ceri accesi e antichi manoscritti sparsi un po’ ovunque. Se, invece, la vostra parabola disfunziona, potreste mettervi in contatto con spettri maligni o perfino risvegliare quelle entità metafisiche – anche dette Tulpa – tanto care a Federico Zampaglione (Tiromancino).