PHEW, Light Sleep
Mesh-Key è un’etichetta di New York attiva dal 2001 dedita in maniera esclusiva alla pubblicazione di artisti giapponesi, soltanto una decina di titoli fino ad oggi. A gestirla è Justin Simon, musicista/producer già in Invisible Conga People, trascurabile progetto di elettronica danzereccia passato per DFA Records. La proposta musicale di Mesh Key, per quanto limitata, è abbastanza eterogenea: vi troviamo il j-pop di Shintaro Sakamoto e i suoi Yura Yura Teikoku e il punk di We Acediasts, band in cui suona lo stesso Simon, accanto a cose meno catalogabili come Nagisa Yoko, Chie Mukai, di prossima pubblicazione, e per l’appunto Phew.
La musica primigenia e allo stesso tempo estetizzante di Phew viene accostata alla cosiddetta “Kansai no wave”, sorta di controparte nipponica del non-movimento newyorchese. Hiromi Moritani, questo il vero nome della musicista, inizia sul finire degli anni Settanta come cantante della punk band Aunt Sally, poi si dedica a una carriera solista costellata da collaborazioni eccellenti: il disco d’esordio datato 1981 vede la partecipazione di Holger Czukay e Jaki Liebezeit (Can) con Conny Plank in cabina di regia; in seguito collaborerà, fra gli altri, con Alexander Hacke (Einstürzende Neubauten), Chrislo Haas (DAF, Liasons Dangereuses), Bill Laswell, Jim O’Rourke.
Light Sleep può essere considerato il risultato di un lavoro teso a ridurre all’osso gli elementi in gioco, in modo da pervenire all’essenza stessa della propria poetica: è un disco costruito in buona parte sulle ritmiche spasmodiche della drum machine sopra le quali si adagiano melodie dai contorni incerti e su di un’elettronica sgranata, evocativa per quanto scarna. Per pezzi come “CQ Tokyo” ed “Echo” risulta difficile non fare riferimento ai Suicide (palpitazioni irrefrenabili alimentate da isteria e nichilismo), mentre altrove ci troviamo immersi in un brodo di coltura vagamente rumoristico in cui la voce della giapponese affiora fra la recitazione e il canto di nenie: Mata Aimasho, gemma fra le gemme, è puro e godurioso ottundimento dei sensi. Mi sento di sbilanciarmi dicendo che Light Sleep è una delle cose migliori ascoltate in questa prima parte dell’anno, opera di una personalità originale e di indubbio interesse.