PERDITION TEMPLE, The Tempter’s Victorious

Perdition-Temple

Un’atmosfera di grande attesa, alimentata dal recente rilascio dell’ep Sovereign Of The Desolate, si era venuta a creare intorno all’uscita del nuovo album della band floridiana. Lo stato di forma del gruppo, capitanato da Gene Palubicki alla sei corde principale, rasenta lo stato di grazia con il soprendente Impurath al microfono, Bill Taylor degli Immolation alla seconda chitarra e una sezione ritmica terremotante assicurata dal basso di Gabriel Gozainy e dalla batteria di evidente matrice thrash di Ron Parmer. La musica degli Perdition Temple permane nel tempo uguale a se stessa, nel senso della continuità con i disciolti Angelcorpse, sostanziandosi in un death metal dalla forte componente black, furioso e iconoclasta, alimentato dagli assoli di Palubicki, che passa con disinvoltura dalla tecnica del vibrato al tapping e anche all’effetto wah-wah. Sorprende in positivo la prova vocale di Impurath, sebbene non sprigioni la medesima ferocia di quando canta nei Black Witchery, forse perché leggermente penalizzata in fase di produzione. The Tempter’s Victorious presenta una certa linearità di base, con riff pesanti in tremolo che filano a velocità sostenuta, assecondati da una ritmica tanto aggressiva quanto precisa e metodica. Se l’influenza Morbid Angel affiora nei pochi momenti di rallentamento delle canzoni, come nella parte finale di “Chambers Of Perdition”, l’intero disco, si diceva, ricorda per efficacia album del gruppo “d’origine”, ad esempio The Inexorable ed Exterminate, devastanti e letali nel travolgere tutto sul loro passaggio. I Perdition Temple, insomma, sono allo stato attuale gli unici reali eredi degli Angelcorpse, dato che tra l’altro Publicki ha nel frattempo abbandonato il suo progetto death/thrash Apocalypse Command e messo in stand by i Blasphemic Cruelty, il cui disco d’esordio era stato annunciato per il 2014.

Album imperdibile per i cultori del death metal blasfemo e bestiale e nuova convincente prova in studio che va ad arricchire la già cospicua attività discografica di Gene Publicki.