Paul Régimbeau (Mondkopf, Extreme Precautions, Autrenoir)
Paul Régimbeau (aka Mondkopf) è ormai un protagonista nella scena elettronica francese. Tuttavia non si può certo dire che sia pago dei risultati raggiunti: il suo stile è in perenne evoluzione, le sperimentazioni si spingono sempre più lontano, pur conservando un approccio coerente. Ultimamente è più prolifico che mai, in un carosello di collaborazioni e nuovi progetti. Abbiamo fatto due chiacchiere con lui a proposito del primo ep degli Autrenoir, duo che comprende anche Grégory Buffier dei Saåad (di cui trovate la recensione qui). Nelle battute finali dell’intervista, si accenna ad un album insieme a Charbel Haber: nel frattempo è uscito, e abbiamo recensito anche quello.
Trovo che il video appena uscito di “Dédale” rifletta bene quello che, secondo me, è un tema profondo della musica di Autrenoir. È come se, liberandoci del nostro io più superficiale e costruito – in una sorta di trance o ipnosi – potessimo entrare in contatto con le forze che ci circondano ma che normalmente rimangono inaccessibili. Il che può dare un senso di potenza, come al bambino nel video, ma anche di paura… è così che mi spiego la tensione e la cupezza che attraversano il disco. Magari è tutta una mia fantasia. Dimmi tu se avete dei temi che vi spingono a fare musica.
Paul Régimbeau: È un’interpretazione molto bella di questo video, ed è decisamente esatta. La musica che io e Grégory componiamo prova ad andare in questa direzione. Spesso iniziamo dall’improvvisazione perché ci permette di farci sommergere dalla musica piuttosto che di stare a pensarla troppo in anticipo, senza lasciarsi sorprendere. Questo approccio ha veramente modificato il mio rapporto alla musica. Non ci sono in realtà dei temi precisi quando componiamo, ognuno di noi conosce la propria sensibilità e proviamo a farle suonare insieme.
Dédale from AS HUMAN PATTERN on Vimeo.
La chiave del vostro progetto è sicuramente l’interazione tra la chitarra, suoni sintetici e suoni concreti. Ho letto che avete costruito le vostre canzoni dal vivo nell’ambito di alcuni festival, ci volete parlare del processo compositivo?
Il primo passo di questo progetto fu un invito al festival “Echoes” nelle Alpi francesi. Abbiamo avuto qualche giorno per comporre insieme un live sul posto. Avevamo già suonato insieme con il mio progetto Mondkopf, ma lì tutto era già composto e strutturato. Invece, in questa occasione siamo voluti partire con l’improvvisazione perché ci fidavamo completamente l’uno dell’altro e apprezzavamo le nostre reciproche sensibilità. Poi, nel corso dei concerti che abbiamo fatto sono nati dei pezzi per essere registrati, alla fine, in questo primo ep. Era importante prenderci i nostri tempi prima di registrare, perché questo ci ha permesso di trovare il giusto posto per i nostri strumenti e le nostre sensibilità.
Trovo che questo progetto sia diverso da tutti gli altri che avete perché vi regna un grande equilibrio: le tracce sono secche e molto ben costruite, le sonorità più pesanti non sono fini a se stesse ma si inscrivono perfettamente nella struttura della canzone. Potrebbe essere questa una definizione di “organic techno”, come vi descrive la vostra etichetta Distant Voices?
Non posso parlare a nome di Distant Voices, che ha trovato questo termine, ma al momento proviamo più piacere nel live, perché è suonando che possiamo studiare meglio quello che funziona e quello che non funziona. I pezzi si evolvono e si trasformano a seconda del nostro umore. D’altronde la techno è già un genere “organico”, nonostante sia fatta con delle macchine: è nata nell’improvvisazione del momento. In ogni caso l’ep è un risultato dei nostri ultimi live e mi fa piacere che tu ci abbia trovato questo equilibrio, ma contiamo di passare a delle nuove forme ora!
Questo primo ep è uscito in sole 98 copie, infatti è andato subito sold out. Come mai questa scelta?
L’etichetta è gestita da una sola persona che fa tutto artigianalmente, dunque era impossibile farne uscire una grande quantità. Seguo questa etichetta da un bel po’ ormai e apprezzo molto le sue scelte. Un giorno mi ha contattato per dirmi che amava il nostro lavoro e noi stavamo giusto finalizzando il nostro ep. Fu scontato lavorare insieme, anche se lo stile abituale di Distant Voices è più centrato sul black metal. Era interessante costruire un ponte tra questo genere e la nostra musica.
Sia tu sia Grégory venite da Tolosa: facevate parte di una scena musicale lì? Ci sono dei gruppi o dei musicisti della vostra città che sono stati importanti per voi?
Poco prima di lasciare Tolosa ho iniziato a scoprire qualche nome della scena sperimentale tramite l’etichetta Annexia con la quale ho fatto uscire il mio primissimo album. Molto più tardi, conoscendo i Saåad, paradossalmente ho scoperto la scena hardcore/metal perché era più parte del loro background.
Soffermiamoci allora sull’aspetto visivo. I video di Grégoire Orio degli As Human Pattern sono molto potenti ed evocativi. Lasciate il compito di idearli a lui o nascono da un confronto con voi?
Tutti i video sono un prodotto dello spirito di Grégoire Orio, dopo ovviamente ne parliamo insieme ma in generale ci fidiamo di lui ciecamente. Autrenoir è un progetto che non può fare a meno dei suoi visuals. È veramente un’influenza reciproca, noi ci nutriamo delle sue immagini e lui della nostra musica. Lui riesce a ricreare l’ipnotismo e l’emozione dei nostri pezzi per mezzo delle immagini, che a loro volta possono avere un effetto fisico sugli spettatori tanto quanto la musica.
Sembra proprio che si stia creando una comunità di musicisti tra Parigi e Tolosa: tu e Grégory siete anche nei Foudre!, dove suona Frédéric Oberland, che a sua volta ha gli Oiseaux-Tempête, con cui collabori anche tu e al quale Grégory con i Saåad ha fatto un remix. Tutti questi gruppi hanno lavorato, per quanto riguarda le visuals, con Grégoire Orio. Condividete un modo simile di concepire la musica, che va al di là dei generi?
Condividiamo soprattutto una grande amicizia, questo è molto importante perché ci permette di fidarci l’uno dell’altro. Evidentemente condividiamo anche delle estetiche ed è proprio moltiplicando i progetti che possiamo approcciarle con serenità. Ogni formazione ci permette di ritrovarci per combinare le nostre sensibilità in modo diverso. Ma tutto ciò non funziona semplicemente parlando di influenze musicali, ci piace soprattutto vederci per suonare insieme. Gli As Human Pattern riescono a trasporre in immagini tutti questi progetti, lo fanno in modo diverso ma al tempo stesso creando un legame tra ciascuno di essi. Trovo importante questo tipo di amicizia nella musica anziché la semplice idea di una scena con un genere musicale preciso.
Ti ringrazio per l’intervista, speriamo di vedervi presto in Italia. Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Grazie a te per l’interesse che hai nella nostra musica, ci piacerebbe molto suonare in Italia! Per il futuro ho qualche progetto collaborativo come il mio album con Charbel Haber ma anche un album solista che uscirà l’anno prossimo.