PAUL BEAUCHAMP, Wander
Se volete conoscere Paul Beauchamp, avete il nostro archivio a disposizione.
Wander è un titolo ingannatorio: lui non si è mosso dagli O.F.F. Studio di Torino per realizzarlo (pare si tratti di una mezza improvvisazione) e registrarlo, sfruttando il loro arsenale sonoro. A volte, quando ascolto questa traccia di tre quarti d’ora, sulla scia dell’intervista con Greg Davis mi piace pensare che siano gli O.F.F. Studio ad aver fatto il disco con Paul Beauchamp, non viceversa. Rimane il dubbio che forse, invece, chi comprerà Wander sentirà il bisogno di vagare nel nulla con un paio di cuffie. Non so se saranno le gambe a non rispondere al cervello o direttamente il cervello a interrompere il dialogo col mondo esterno, perché questo – come Needs Must When The Devil Drives – è uno di quei dischi bastardi, quelli in cui entri e perdi cognizione del tempo, del pericolo esterno e interno. Non serve dire che è quello interno il più grosso.
Wander, alla fin fine, dal punto di vista tecnico e concettuale potrebbe essere il soliloquio per Lilith di Beauchamp: nulla di nuovo, quindi (mai scritto che è un innovatore: è uno bravo che proviene da un’epoca in cui pochi o nessuno riuscivano a fare ciò che faceva lui), ma… che strizza avrete di scivolarci dentro, che il terreno sotto ai piedi della vostra psiche cominci a cedere e l’equilibrio venga meno, che dobbiate fare i conti con ciò che di voi appare una volta che la musica di Beauchamp vi ha tagliato fuori dal resto del mondo.