PAUL BEAUCHAMP, Needs Must When The Devil Drives
Ho già spiegato sei anni fa perché Paul Beauchamp non è l’ultimo arrivato, scrivendo qualche riga su Pondfire, suo primo album sulla sempre sottovalutata Boring Machines. Qua voglio sottolineare anche l’importanza del suo lavoro dietro le quinte (registrazione, missaggio…) con i gruppi del sottosuolo torinese (Father Murphy, le varie diramazioni dei Larsen, Last Minute To Jaffna, Saba Saba…).
Sia Pondfire (2015), sia Grey Mornings (sempre Boring Machines, 2017) testimoniano la capacità superiore alla media che quest’uomo ha di tessere ambient. No, non ha scoperto la penicillina, né ha determinato rivoluzioni copernicane nel genere: semplicemente ti prende, ti fa sedere da solo in mezzo a un eterno crepuscolo e ti lascia meditare. Non abbiamo a che fare, dovendo prendere due estremi, né con Lustmord (se dovessimo basarci solo sul background di Paul, potremmo pensarlo), né con quelle cose sorridenti e beate à la Simon Scott. Un po’ come quando fumi, l’esperienza con questi due dischi può portarti più verso il buio o più verso la luce a seconda del tuo stato d’animo iniziale o di cosa si sta agitando nel tuo inconscio o nel tuo stomaco.
Giustamente, Bare Teeth Records scrive che questo Needs Must When The Devil Drives (vecchissimo proverbio che vuol dire tipo “la fame caccia il lupo dal bosco”) è un cambiamento di direzione per Beauchamp. Il dato ovvio è che è un album costituito da una sola traccia, a differenza dei suoi predecessori: fin troppo facile definirlo un viaggio, visto il titolo e la copertina. C’è anche un cambiamento nelle sorgenti sonore: in passato – per quanto ne posso capire io – c’era un mix di armamentario elettronico, strumenti acustici, oggetti. Qua c’è più rielaborazione di campionamenti, anche se secondo me l’approccio è rimasto libero, eclettico. Di sicuro è tutto più buio e poco rassicurante: è difficile viversi bene un disco come questo, in cui – dopo un inizio piuttosto spaventoso – le parti drone disegnano intorno all’ascoltatore una specie di tunnel infinito, almeno nel corso della prima metà del disco. Poi sembra che Beauchamp ci lasci uscire in qualche modo: certi spezzoni sonori danno l’idea di uno spazio che si apre di fronte al viandante, ma sembra proprio che le cattive notizie non smettano di arrivare, perché le atmosfere cominciano a suggerire che ci sia un pericolo imminente, probabilmente soprannaturale. Alla fine, però, non muore nessuno. Il Diavolo, per qualche motivo, ha mollato la presa.
Io, fossi in voi, prenderei tutto di lui.