PATER NEMBROT
Il progetto Pater Nembrot è una delle cose più interessanti nelle quali mi sia imbattuto ultimamente. Il quartetto di Cesena propone un connubio lisergico tra stoner, progressive e grunge, il tutto spruzzato di psichedelia. Letta così, di primo acchito potrebbe sembrare quasi un’eresia, ma credetemi quando vi dico che si muovono esattamente su queste coordinate. Il loro nuovo lavoro, edito da Go Down Records, si intitola Nusun e proprio sulla scia di questa nuova uscita ho rivolto alcune domande alla band. Hanno risposto Filippo e Ramona, i due chitarristi (dove non specificato, tutti insieme).
Comincerei subito col chiedervi perché Nusun non è stato stampato in vinile. Mi è sorta questa curiosità perché un gruppo col tipo di suono che avete voi e col tipo di lavoro grafico che svolgete voi a parer mio dovrebbe essere stampato su questo formato…
Nusun è stato co-prodotto assieme alla Go Down Records. La scelta più “sostenibile” sia per noi, sia per loro, è stata quella di partire con la stampa del cd – in un formato comunque figo come il digipack – e aspettare un po’ di vedere quale fosse la risposta del pubblico – e delle vendite – prima di azzardare la stampa in vinile, per la quale tra l’altro ci piacerebbe coinvolgere una seconda etichetta, magari estera… Per il momento siamo molto contenti della risposta del pubblico durante i live e non, vediamo cosa succederà nei prossimi mesi!
Ricollegandomi alla domanda sopra, adoro l’artwork di Nusun. Dà una sensazione di misticismo ma allo stesso tempo traduce perfettamente ciò che suonate, incanalando il tutto in una dimensione spazio temporale sospesa. Come è nato? A chi vi siete affidati? Ne siete soddisfatti?
Filippo: Quando ho iniziato a lavorare all’artwork pensavo proprio a questo: trovare qualcosa che evocasse un pianeta immaginario, simile al nostro, in cui la natura e la pace fossero sovrani, ma sui quali incombesse un elemento misterioso, a metà fra una minaccia e un’opportunità di crescita. Mi fa molto piacere che sia piaciuta! Il processo creativo è molto simile a quello che adottiamo nella musica: si parte da un’idea vaga, un pattern, un riff, un collage fatto di pochi elementi, poi si inizia a sperimentare, a filtrare, usare effetti; poi c’è il confronto, le critiche più interessanti vengono elaborate, digerite e poi vomitate di nuovo nella musica, o come in questo caso nella grafica. Il risultato non è sempre quello che ti aspetti, ma nel caso dell’artwork direi che ci è andata bene…
Da un po’ di tempo siete accasati presso Go Down Records, che è un po’ uno dei punti riferimento per la scena stoner/psichedelica in Italia. Come è avvenuto questo connubio? Come vi trovate? Credete che vi stia dando tutto il supporto di cui necessitate oppure potrebbe fare di più?
Il connubio è il risultato prima di tutto di un’amicizia con Leonardo Cola, che conosciamo da oltre dieci anni. Lui è stato fra i primi a credere nei Pater Nembrot e per questo gliene siamo grati! Alla Go Down si sta bene, tutto quello che viene fatto è spontaneo e sentito. Fare di più, dici? Beh forse sì, ma il fatto che dopo dieci e passa anni l’etichetta sia ancora viva e vegeta testimonia il fatto che il fuoco è vivo, e brucia sempre più forte.
Avete cominciato come terzetto e poi avete allargato la line up con l’ingresso di Ramona alla chitarra, che proviene dalle Charleston, quanto più di lontano da ciò che suonate voi, visto che erano una pop band. Come siete venuti in contatto con lei? Che tipo di cambiamenti ci sono stati nel vostro modo di comporre e creare una traccia dopo il suo ingresso? Credete che la sua aggiunta abbia donato un tocco femminile alle band in termine di “calore” del suono?
Ramona: Non credo all’esistenza di un “tocco femminile”, spero e penso di aver dato il mio contributo alla composizione dei pezzi e al modo in cui suonarli, a prescindere dal genere, attingendo dai miei ascolti e gusti musicali, affini ma a volte distanti da quelli degli altri Nembrot! Per quanto riguarda il capitolo “calore del suono”… posso solo dire che adoro i suoni acidi, lontani da qualsiasi fonte di calore.
Filippo: Noi stavamo cercando un nuovo componente per la band, un chitarrista oppure un sassofonista. Ramona stava cercando un gruppo nuovo con cui suonare qualcosa di diverso da quello che aveva suonato fino a quel momento.. Amicizie comuni hanno poi fatto il resto: il nostro Cupido si chiama Barbara di “Io e la Tigre”, tanto per ribadire che a noi le donne con le palle ci piacciono e ci piaceranno sempre tanto! Il modo di comporre di un quartetto rispetto a quello di un power trio è sicuramente diverso. Ramona, suonando con noi, ha dato il suo contributo alla composizione dei pezzi e al modo in cui proporli, a prescindere dal genere, ma attingendo dai suoi ascolti e gusti musicali, affini ai nostri ma a volte anche distanti. Per quanto mi riguarda è un po’ come se passando da una a due chitarre la tua mente passasse da mono a stereo, iniziando a considerare alcune soluzioni che ovviamente prima erano impraticabili. Il risultato ci è piaciuto da subito e abbiamo deciso di pensare i pezzi e gli arrangiamenti.
Nusun ha visto l’inserimento di alcuni elementi nuovi (almeno ascoltando i vostri dischi precedenti) come synth e piano. Come mai avete optato per questa scelta? Chi li suona? Credete che questa sia una base di partenza per sperimentare maggiormente in futuro?
Filippo: Anche in passato avevamo scritto e inciso pezzi con strumenti acustici, penso a “F.T”. in Mandria, “Sequoia” e “Awakening With Curiosity” in Sequoia Seeds, fino alla più recente “Extended Prayer” in Extended Pyramid Ep. Questa vena ci ha sempre accompagnato in studio, ma non siamo mai riusciti a farla emergere durante i nostri live… non mi sento di escludere nulla per il futuro, persino un unplugged!
Molti gruppi ascrivibili al vostro genere dal vivo stanno sperimentando nuove soluzioni visive come la proiezione di film, montaggi di video di varia natura o semplicemente foto. Trovo questa cosa estremamente affascinante e portatrice di notevoli sviluppi per il futuro. Lo spettatore viene immerso in un universo sonoro e visivo (spesso anche parecchio disturbante), intraprendendo un viaggio onirico di estraniamento totale. L’ultima volta che vi ho visti suonare al Magazzino Parallelo di Cesena vi siete esibiti mentre sullo sfondo scorrevano le immagini di “Terrore Dallo Spazio” (mi sembra il film si chiamasse così). Siete d’accordo con me sul fatto che possa ampliare lo spettro emozionale in chi vi guarda? Ripeterete in futuro la cosa?
Ramona: Siamo tutti molto affascinati dalle opportunità comunicative fornite da un supporto visivo alle nostre spalle durante un live. Crediamo che fornisca alle persone un’esperienza totalizzante, coniugando l’ascolto classico di un live con luci, scene e colori. Inoltre per noi è divertente scegliere il film da proiettare, spaziando in un campo diverso da quello strettamente musicale, come se fossimo registi completi dei nostri concerti. In più il nostro suono, che attinge a piene mani dalla musica anni Settanta, si adatta perfettamente a immagini “vintage” e sci-fi. La nostra musica evoca anche un viaggio spaziale per certi versi, quindi un film come “Terrore nello Spazio” di Mario Bava ci sembra decisamente adatto!
Il vostro suono pesca a piene mani dallo stoner, dal progressive e dalla psichedelia, ma presenta anche una forte componente grunge. Siete d’accordo? Quali sono i gruppi che vi hanno maggiormente influenzato nel delineare il suono dei Pater Nembrot?
Ramona: Il bello della creazione di un pezzo risiede proprio nella capacità di far confluire in modo costruttivo i nostri vari ascolti in un’idea comune che ci convinca. Sì, è assolutamente vero, attingiamo dallo stoner, dal prog e dalla musica psych ma è altrettanto vero che la nostra primissima giovinezza è stata segnata dal grunge, quindi è naturale per noi inserire quel tocco inconfondibile anni Novanta durante la scrittura di un pezzo. Siamo tutti diversi e i nostri ascolti musicali si riferiscono a un ampio spettro di decenni musicali: Black Sabbath, Fu Manchu, Colour Haze, Black Mountain, Nirvana, Tangerine Dream… solo per citarne alcuni.
Filippo: Dovessi cercare di analizzare le influenze che oggi identificano il sound dei Pater Nembrot ti direi Agitation Free, Il Rovescio della Medaglia, Patto, Soft Machine, Blue Cheer, Grand Funk Railroad, Mad Season, Skin Yard, Melvins, Nirvana, Motorpsycho, Kyuss, Smashing Pumpkins, Sleep, Pink Floyd, Sun Ra Arkestra, Hatfield & The North, Soft Machine, Black Sabbath, Blue Cheer, mentre fra le band contemporanee ci sono sicuramente Samsara Blues Experiment, Causa Sui, Colour Haze, Naam e Black Mountain.
Le parti cantate nelle vostre canzoni non sono tantissime. Come mai? I testi di cosa parlano, chi li scrive e da cosa traggono ispirazione?
Filippo: La voce viene trattata al pari di uno strumento. In questo disco – come nell’ep che lo ha preceduto – abbiamo cercato di esplorare un sound in cui la voce non fosse protagonista, ma svolgesse un ruolo preciso, circoscritto. I testi di Nusun parlano di calamari giganti, amazzoni, arcieri con due teste, fiumi, cuori e poligoni, capitalismo, spiritualità e guarigione. I testi come le musiche hanno per me un vero e proprio valore terapeutico: nel momento in cui vengono concepiti, diventano una cosa a sé stante.. sono un po’ come un frutto, se non uno sfogo cutaneo… una volta maturi se ne vanno dal luogo in cui sono cresciuti e lasciano spazio ad altro.
Vi piacerebbe in futuro incidere un disco interamente strumentale, magari inglobando anche elementi che solitamente non inserite?
Ramona: Assolutamente sì! Siamo sempre in continuo fermento, abbiamo tante idee e non ci manca la voglia di realizzarle. Un album totalmente strumentale, e ancora più strano, ci sta già frullando per la testa!
Filippo: Gli unici limiti sono il tempo e l’immaginazione, ma per il momento godiamoci il nostro ultimo album, visto che la sua gestazione è durata quasi due anni!
Nusun è un disco complesso e che si presta a varie interpretazioni. Apre le porte di un universo parallelo in cui la presenza di molte chiavi di lettura permette un’esperienza appagante per l’ascoltatore. Da un lato c’è il muro di suono feroce e accattivante, dall’altro una dolcezza quasi esoterica e impregnata di misticismo. Posso considerare queste due facce come le due anime che convivono nel progetto Pater Nembrot?
Filippo: Beh, grazie per “l’esperienza appagante”. Siamo felici di aver mosso qualcosa dentro a qualcuno che ha speso del tempo per ascoltare il nostro nuovo disco. In fondo è questo il fine ultimo della musica. Per quanto riguarda il resto, direi che le cose non stanno in maniera tanto diversa da come le hai descritte. Nel corso degli anni abbiamo provato a tagliare via il superfluo, gli orpelli, l’effimero, e abbiamo cercato di individuare il minimo comun denominatore della band. Ne abbiamo isolati due e corrispondono alle due facce che hai descritto.
Alcuni pezzi che compongono Nusun durano molto. Sono brani dilatati e sognanti, in cui il tempo si ferma e si presta a essere manipolato. Mentre altre song sono più brevi e dirette. Sembra quasi un gioco a incastri… Siete d’accordo? Il lato psichedelico/progressive presente nella struttura dei vostri brani è innegabile. Contribuisce a creare quell’atmosfera di sospensione spazio temporale e di dilatamento del tutto di cui accennavo prima. L’utilizzo di questo tipo di elementi verrà accentuato nelle prossime release?
Filippo: La durata dei pezzi non è quasi mai premeditata o decisa a tavolino. Il punto è che probabilmente viviamo il tempo in modo diverso. O meglio, viviamo il tempo come vorremmo che fosse: dilatato, etereo, omogeneo… senza troppi stress!
Mi pare di avervi chiesto tutto. Grazie del vostro tempo e aggiungete pure ciò che volete.
Grazie per la bella opportunità e per l’intervista, un saluto e un grazie a tutti quelli che ci supportano!
Se volete ascoltare il nostro album in streaming ecco il link al nostro Bandcamp.