PAOLINO CANZONERI, Il Cielo Incupisce
Quanto impalpabili possono essere le preghiere di una bambina? Quanto strazianti le sue preoccupazioni? Domande che non possono avere una risposta soddisfacente dal mondo adulto, con tutta probabilità. Domande che di sicuro non si pone Paolino Canzoneri, che si limita a lavorare su scenari, paesaggi e sull’accompagnamento di sentimenti e sentori. Quasi una colonna sonora emotiva questo Il Cielo Incupisce, di certo l’espressione di un artista che da diverso tempo lavora di pialla e di scalpello sulla materia ambientale: diversi album autoprodotti, una mano ferma e uno sguardo che viaggia, portando con sé una musica con dei minimi movimenti e dei forti sapori di tradizione e di realtà. Tetri, quasi, come in “Ite”, con suoni che sembrano uscire da un piccolo carillon, arnese il cui uso di norma non lascia presagire accadimenti piacevoli. Sottilmente romantico, quasi drammatico, non per un senso di pericolo ma, verosimilmente, per un eccesso di protezione da parte di chi ascolta e immagina il sentimento dell’infante. Note limpide, maestose e placide come se si regolassero con un orologio interno ad avvolgere tutti i nostri momenti. Mi vengono in mente i Labradford oppure i This Harmony, differenti nei suoni ma simili quanto a sensibilità e nel costruire storie di tale intensità. Forse questo disco è semplicemente il riconoscere che il silenzio non esiste, che anche nei momenti di raccoglimento la nostra presenza si impone il paesaggio e che il nostro ascolto.
Forse dovremmo fare un altro passo indietro, lasciando alla protagonista di veder esaudite o deluse le proprie preghiere, lasciando che sia lei a dare la colonna sonora adeguata al proprio riserbo. Il danno è comunque fatto, approfittatene e partecipate anche voi all’osservazione del rito, fate sì che diventi una prassi invernale e che sia il più avvolgente possibile.