Ottone Pesante: le guerre solo nei dischi
Ho controllato: sembra che negli anni gli Ottone Pesante abbiano mietuto vittime anche dentro The New Noise, costringendo la testata a nuove mani e nuovi interlocutori ad ogni nuova opera del terzetto. Cosa che al primo sguardo puù sembrare bizzarra ma che in realtà credo dimostra l’ampiezza del progetto e la facoltà della redazione di passarsi dritte e interessi, andando a svelare a ogni giro nuovi dettagli. Per Brassphemy Set In Stone Mauro Catena parlava di talento, passione e potenza primordiale, mentre Marco Gargiulo e Nazim Comunale sentirono una sorta di blocco in Apocalips, come se il controllo fosse troppo per gestire la propria materia. Poi Federico Benaglia, alle prese con il maligno rituale lovercraftiano di Doomood. Passano gli anni e questa volta il power trio bollente è finito a me. Ci proverò anch’io, cercando di trasmettere in maniera più onesta possibile una visione “da battaglia finale” che prende spunto da documentazioni antecedenti alla venuta di Gesù Cristo, che in realtà sugli Ottone Pesante non credo si sia mai sbilanciato (al massimo la prossima recensione la giriamo direttamente a lui). Questo il resoconto della chiacchierata alla quale i nostri hanno risposto mentre erano impegnati nella prima parte del loro tour.
Ciao Ottone Pesante! Suonate in giro da una decina d’anni circa ma avete (o avete avuto) diverse esperienze anche extra brass-metal, penso ai Meteor di Beppe, a Zobibor di Francesco e alle collaborazioni esterne di Raineri. Cosa vi riporta sul corpo Ottone Pesante? Qual è stato l’intento entrando in studio per Scrolls of War?
Ciao! Ottone Pesante è un progetto a cui teniamo davvero molto, sono passati quasi 10 anni dalla sua fondazione ed è assolutamente diventato parte di noi. All’interno di questo progetto abbiamo l’opportunità di sperimentare molto sia per quel che riguarda la composizione, sia per i suoni: fare largo uso di effetti su tromba e trombone (ma anche sulla batteria in studio) è un qualcosa che ci dà molta soddisfazione e ci fa scoprire nuove sonorità. Quando siamo entrati in studio per registrare Scrolls Of War c’era l’intenzione di fare un ulteriore passo avanti rispetto ai dischi precedenti, mantenendo alcuni aspetti che ci avevano particolarmente soddisfatto ed esplorandone altri che fino ad allora non avevamo battuto. Volevamo creare un album che suonasse unitario ma che avesse al suo interno diverse sfaccettature di ciò che Ottone Pesante è diventato ed è in grado di fare: parti più serrate si alternano ad episodi più dilatati o riff based senza perdere di vista il focus del disco.
Shane Embury e Lili Refrain sono due colori in più sulla vostra tavolozza. Come sono entrati rispettivamente su “Late Bronze Age Collapse” e Battle Of Qadesh? Preferite portare un brano già imbandito suk quale fissare la testimonianza esterna oppure costruite tutto con gli agenti esterni?
Paolo Raineri (tromba): Per le collaborazioni scegliamo sempre musicisti che conosciamo ed apprezziamo. Su Apocalips abbiamo avuto l’onore di ospitare Travis Ryan dei Cattle Decapitation, su DoomooD Sara dei Messa e Silvio degli Abaton. Con Lili volevamo fare qualcosa da tempo, “Battle Of Qadesh” è stata l’occasione perfetta per realizzare questa collaborazione. Il brano è stato creato con l’intenzione di avere un featuring sulla seconda parte e diciamo che è stato cucito sulle sue peculiarità canore. Ricordo quando abbiamo ascoltato in studio il feat siamo rimasti assolutamente senza parole..
Con Shane ci siamo conosciuti nel 2016 al SoloMacello festival e da quel giorno siamo rimasti in contatto. Su “Late Bronze Age Collapse” volevamo qualcosa di assolutamente fuori dall’ordinario e abbiamo pensato di contattare Shane lasciandogli totale carta bianca sia sugli strumenti da suonare sia su come/dove intervenire. Inutile dire che il risultato finale ci ha assolutamente stupito!
Scrolls Of War è disco pugnace, a tema guerra, dolente e furente in egual misura. Della musica si dice spesso che possa “caricare”, far aumentare aggressività e rabbia, ed è (purtroppo) utilizzata anche come arma di tortura in alcuni casi. Ascoltando Scrolls Of War ho trovato però anche molta speranza, più orgoglio e resilienza. Con che spirito affrontate il presente, ripassando queste lezioni dal passato?
Paolo Raineri (tromba): Scrolls Of War è ispirato dall’omonimo manoscritto datato I sec AC e ritrovato all’inizio degli anni ’40 del secolo scorso a Qumran (nell’attuale Palestina). All’interno c’è la descrizione minuziosa di come si svolgerà la battaglia finale tra l’esercito delle luce contro l’esercito delle tenebre. Viene anche spiegato molto bene come gli ottoni giocheranno un ruolo importante in questa battaglia, scandendo con i loro squilli i vari attacchi che verranno sferrati.
Tutto ciò ci fa vedere come la storia continui sempre ed incessantemente a ripetersi su se stessa; ne è la riprova quello che sta accadendo nei territori del ritrovamento del documento in questo ultimo periodo. C’è sempre stato un legame ancestrale e viscerale tra i nostri strumenti (ottoni e percussioni) e la guerra: questi strumenti sono sempre stati utilizzati per la loro potenza sonora sul campo di battaglia e per segnalare cambi di strategia o intimorire gli avversari. Con questo album volevamo riportare l’attenzione sulla musica e auspicare per la fine di ogni conflitto: “Hoping for a total ending of violence: let the trumpets play only for Music!”
Metal, fiati, sperimentazione ed apertura. Da che basi venite e quali sono stati i vostri fari e con chi navigate volentieri nel presente? Siete più una particolarità oppure vi sentite legati ad un tipo di attitudine che trovate in altri progetti?
Paolo Raineri (tromba): Io e Francesco abbiamo una formazione accademica (classica e jazz) ma ascolti che sono sempre stati tra il metal e l’avanguardia. Beppe è un batterista curioso e sperimentatore che ha suonato dal metal estremo alla musica leggera. La cosa che ci accomuna è il voler proporre e realizzare musica originale e innovativa. L’idea di Ottone Pesante è nata 10 anni fa come sfida: “proviamo a fare una band che fa metal con solo tromba, trombone e batteria”; da questa sfida sono scaturiti 4 album, 2 ep, uno split e svariate collaborazioni. I nostri fari sono artisti che la pensano come noi, a cui piace innovare il panorama musicale con proposte fuori dall’ordinario. Non abbiamo ancora capito se siamo una particolarità o meno, ci rendiamo comunque conto di essere una proposta musicale fuori dal comune. Ci troviamo a nostro agio in ambiti che vanno dal metal al jazz passando per gli ambienti rock, punk, e alternative.
Ormai siete su Aural Music da 4 anni. Che tipo di realtà vivete in questo senso e come siete visti all’interno di una scena come la musica pesante in senso lato. Siete spendibili ed accostabili ad altri progetti dell’etichetta? C’è possibilità di interazione e collaborazione e scambio oppure ognuno fa il suo? Com’è questa comunità?
Paolo Raineri (tromba): Ci troviamo molto in sintonia con Aural Music: ci dà l’opportunità di diffondere la nostra musica a più ampio raggio e ci supporta non poco per quel che riguarda promozione e stampa. La possibilità di collaborare c’è, in DoomooD abbiamo avuto su Tentacles la voce di Sara dei Messa e ciò è avvenuto grazie ad Aural. Non conosciamo molte band che escono per Aural personalmente, tante sono risiedono anche dall’altra parte del mondo. Con le band europee o italiane riusciamo ad avere un rapporto più stretto, conoscerci e condividere il palco.
In Scrolls Of War si respira furia ed epica ed a tratti viene quasi spontaneo pensare ad energumeni incazzati vestiti di pelle che si menano. Avete mai pensato o cercato di applicare il vostro suono alle immagini? Lavorare per un film vi interesserebbe e che tipo di immaginario cinematografico vedreste come aderente agli Ottone Pesante? C’è qualche regista che vi mette d’accordo e per il quale fareste carte false?
Paolo Raineri (tromba): Questo ci viene fatto notare spesso e ci piacerebbe molto avere l’opportunità di lavorare ad una colonna sonora. La cosa più vicina che abbiamo realizzato è stata la sonorizzazione di “Les Triplette de Belleville” di Sylvain Chomet, è stata un’esperienza molto gratificante e ci ha fatto pensare che magari un giorno potremmo fare anche colonne sonore.
Il tipo di immaginario che si potrebbe accostare maggiormente è quello post apocalittico ma, lavorando a contrasto, non escludiamo anche altri immaginari.
Cosa ti ispira per la composizione, Francesco? La tematica, l’incontro, il mondo esterno? Come funziona la costruzione dei un brano in casa vostra? A che punto porti la tua idea in sala prove e che tipo di margine di modifica e costruzione viene da Paolo e Beppe?
Francesco Bocci (trombone): Gli spunti possono essere molto variabili. Spesso parto da un’improvvisazione sullo strumento (trombone, tuba o piano), a volte parto da un’idea, qualcosa che mi suona in testa, a volte l’ispirazione viene direttamente da una storia, un’opera d’arte, un’immagine: non c’è una regola. Posso dire che la composizione per me è una costante quotidiana. Di solito porto una partitura abbastanza completa e già strutturata. Paolo lavora successivamente soprattutto sulla ricerca dei suoni e sull’aggiunta di alcune parti improvvisate e “solistiche”, mentre Beppe procede ad aggiungere le parti ritmiche seguendo o contrastando la parte melodico/armonica creata dai fiati. Ultimamente lavoriamo molto a distanza, non siamo un gruppo da sala prove.
Che ascoltatori siete? Cosa amate ascoltare, scoprire e seguire di recente?
Francesco Bocci (trombone): La cosa è molto variabile. Personalmente ho dei periodi dove macino dischi su dischi poi magari passo dei mesi senza ascoltare niente quasi come se dovessi ripulirmi, riposare le orecchie. E gli ascolti variano moltissimo, ascoltiamo davvero di tutto. Tra gli ascolti che abbiamo in comune ci sono sicuramente Colin Stetson, Liturgy, Sons Of Kemet ad esempio. In macchina, nell’ultimo tour abbiamo messo su cd di Meshuggah, Green Milk From The Planet Orange, Katatonia, Messa.
A livello live che tipo di intenzione avete con Scrolls Of War? Lo porterete in giro per Italia ed Europa? Avrete occasione di condividere il palco con qualcuno? Quali sono le vostre mire futurae in questo senso?
Francesco Bocci (trombone): Certo che porteremo Scrolls Of War dal vivo, la dimensione live è quella che preferiamo per la nostra musica!
Il tour è partito il 17/10, le prossime date confermate sono:
21/11 Donaueschingen (DE)
22/11 Dour (BE)
23/11 Hilversum (NL)
25/11 Aachen (DE)
26/11 Rostock (DE)
27/11 Hamburg (DE)
28/11 Hildesheim (DE)
29/11 Kassel (DE)
30/11 Halle (DE)
Da Gennaio 2025 partirà anche il tour italiano, ecco le prime date confermate:
10/01 Cesena
11/01 Verona
06/02 Torino
07/02 Genova
08/02 Milano
A tratti ascoltando il disco ho percepito un bizzarro senso del sacro. Se doveste pensare ad un brano infernale, uno terreno ed uno celestiale a testa che tipo di canzoni assocereste questi mondi?
Paolo Raineri (tromba): Se stiamo parlando dei brani di Scrolls Of War quello terreno potrebbe essere “Late Bronze Age Collapse” o “Battle OF Qadesh”, il celestiale la seconda parte di “Men Kill, Children Die” e l’infernale sicuramente “Slaughter Of The Slains”.