ŌTONN, Two Crumbling Shapes
Two Crumbling Shapes, il primo, denso, album degli ŌTONN, esce per l’olandese esc.rec e segue l’ep Tawny, del 2020 (edito dall’austriaca smallforms). Entrambe le etichette sono dedite ad una ricerca nell’accidentato, ma per questo affascinante, mondo delle musiche liminali e destrutturate della sperimentazione contemporanea.
Nicholas Remondino e Andrea Silvia Giordano conoscono molto bene questi territori, anche e soprattutto grazie alla lunga (nonostante la giovane età, bisogna dirlo) attività musicale, sia formativa che creativa. I ruoli, rispettivamente, di “batterista” e “cantante” vengono facilmente stravolti estendendo i margini delle pratiche sia attraverso un uso “acustico” non lineare del proprio strumento, sia con sapienti manipolazioni elettroniche.
Il nucleo pulsante del disco, ciò che rende ragione del titolo, deriva da una spiccata sensibilità per l’improvvisazione radicale: lungo tutta la durata del nastro (termine appropriato, in questo caso, visto che il formato fisico scelto è la cassetta) si percepisce un senso di sfasamento, di incertezza, di lenta metamorfosi. Quando si suona senza punti di riferimento, se non l’immediata azione-reazione con l’altro e con il contesto, è possibile imbattersi in epifanie totalizzanti, in cui tutto sembra condurre ad un punto nonostante l’assenza di indicazioni. L’epifania può scomparire in un attimo e lasciare il posto a nuovo (e stimolante) smarrimento, in un processo di ricerca continuo. Riportare queste sensazioni su disco, purtroppo, è impossibile. Quello che è invece fattibile, e gli ŌTONN ne sono una dimostrazione, è trasmettere il senso della ricerca, della tensione, nell’ascolto. La prevedibilità non è di casa qui. Immaginare la sessione improvvisata che ha dato origine alla furia percussiva di “CRAMPS”, o alle grida di “BLEMISH”, quasi spaventa per l’intensità, anche emotiva, che può aver raggiunto.
Nelle crepe che inevitabilmente fessurano la progressione dell’ascolto, emerge la solida preparazione tecnica dei due: entrambi corsisti alla Siena Jazz University, interessati parallelamente alle pratiche improvvisative, percorrono traiettorie in parte intersecanti, in parte divergenti. Ma oltre alla formazione ortodossa, non possiamo non sottolineare la competenza tecnico-artistica nell’utilizzo di nuovi strumenti e tecnologie per la manipolazione sonora che i due dimostrano. È un tema complesso ma di fondamentale importanza, soprattutto in questi ambiti musicali non codificati: l’uso di software e strumenti elettronici può essere in grado di svincolare il musicista dai limiti letteralmente “fisici” e magnificare quelle possibilità epifaniche di scoperta di cui parlavamo prima. Chiaro, bisogna saper dosare gli ingredienti, ma pare proprio che gli ŌTONN abbiano acquisito questa competenza a dovere.
Two Crumbling Shapes è un disco profondo e complesso, che, come spesso accade in questo caso, ha bisogno di un minimo di dedizione per dischiudersi completamente. La complessità sonora e timbrica è garantita anche da una massiccia presenza di attori esterni, come Gianluca Verlingieri all’elettronica in “BERSERK”, Emanuele Guadagno alla chitarra elettrica in sprout, e-cor ensemble sempre all’elettronica nella finale “FRAGMENTS”, Maria Dybbroe al sassofono e clarinetto in “CRAMPS”, per non parlare di Pierre Bastien, seminale e prolifico musicista francese che compare con le sue macchine sonore in “murmur”.
Tutto questo dimostra uno sforzo creativo e organizzativo notevole da parte degli ŌTONN e della esc.rec a loro di supporto, sforzo che non possiamo che ammirare, consigliando Two Crumbling Shapes agli ascoltatori affini alle tematiche un po’ “pericolanti” dell’improvvisazione.