ORNAMENTS

Drama rappresenta un tassello importante nel percorso degli Ornaments, non solo perché alza ulteriormente il tiro di una formazione sempre pronta a mettersi in gioco ed accettare nuove sfide, ma anche per il concept dai rimandi classici a tessere un ponte ideale tra forme espressive tanto distanti quanto profondamente affini negli intenti. Di questo e altro abbiamo parlato con i due chitarristi Davide Gherardi e Alessandro Zanotti.

Drama prende come spunto il mondo della tragedia greca e ne segue la costruzione con i crescendo e la catarsi finale. Come vi siete mossi per confrontarvi con un riferimento così complesso e adattarlo al vostro stile così distante nel tempo e nelle modalità?

La tragedia di Eschilo è di sicuro un’opera che ha attraversato il tempo senza risentirne: è struggente, potente, solenne e universale. Penso che la costruzione di un immaginario visivo sia fondamentale in sede di composizione, soprattutto se il progetto è quasi prettamente strumentale.
il dramma di Prometeo è stato di forte ispirazione. Delinea tracciati ampi e riconoscibili.
Si basa sui dualismi e mette in evidenza nervi scoperti che possiamo ritrovare ogni giorno, in ognuno e in molte situazioni. La forza e la determinazione titanica da un lato, umane debolezze e struggimenti dall’altro. Abbiamo semplicemente cercato di comporre riconoscendo il principio evocativo delle due “arti” e prendendo spunto dall’andamento emotivo del dramma.

Pur senza stravolgere il vostro linguaggio, avete usufruito dell’apporto della voce di Lili Refrain. Com’è nata questa collaborazione e come vi siete mossi? Avevate già in mente l’effetto da ottenere o avete lasciato libera Lili di interagire con la vostra musica?

Come ogni collaborazione proficua, l’idea di fare qualcosa assieme a Lili Refrain è nata naturalmente da presupposti di amicizia e stima reciproca. Si tratta di una grande performer, con doti vocali indiscutibili. Nella tragedia la presenza di un coro femminile è fondamentale e segue tutto lo svolgimento del dramma. Abbiamo così individuato i momenti nei quali Lili poteva intervenire e abbiamo composto i pezzi lasciando spazio al suo successivo inserimento. Con lei abbiamo condiviso spunti e suggestioni, per comporre e per creare l’andamento dell’intero disco. Ispirata da queste indicazioni, ci ha raggiunto in studio e ha registrato le voci seguendo un canovaccio che aveva precedentemente costruito in modo meticoloso e impeccabile.

Una caratteristica del vostro stile che mi ha sempre colpito è la capacità di non sbilanciare mai gli equilibri interni tra tecnica e pathos, così da mantenere sempre un alto tasso di passione e vitalità. È un aspetto cui ponete un’attenzione particolare in fase di composizione?

Personalmente non amiamo in modo particolare la musica composta come esercizio tecnico. L’emotività che mettiamo nel comporre è un elemento fondamentale per rendere credibile il risultato finale. Ornaments è un progetto che nasce dalla necessità di esprimere una emotività, togliendo questa caratteristica la nostra musica si svuota e perde ogni capacità di comunicazione. Facciamo scelte precise in modo più o meno consapevole.

I vostri lavori sono registrati principalmente in presa diretta. Quanto tempo spendete tra songwriting, arrangiamento e registrazione? 

Domanda alla quale risulta particolarmente difficile rispondere. I tempi di scrittura dei pezzi dipendono dalla nostra ispirazione e dalla possibilità che abbiamo di ritrovarci in sala prove. Siamo ad un punto delle nostre vite nel quale i tempi da poter dedicare alle passioni si assottigliano. Diciamo che Drama è stato composto in circa 12 mesi, con 20 prove di circa 4 ore ciascuna. Abbiamo registrato il tutto in analogico al Sotto il Mare Studio in sei giorni di prese e sei di mix. Questa è un’idea indicativa che non tiene conto di tutto il tempo che ognuno di noi spende in pensiero ed idee indirizzate allo sviluppo del progetto, durante la quotidianità.

Com’è avere nella band un produttore come Enrico Baraldi? Credete che vi faciliti o, al contrario, vi renda più esigenti con voi stessi?

Va innanzitutto detto che senza l’arrivo di Enrico nella band nel 2011 non avremmo mai ripreso a suonare. È un ottimo strumentista e ha idee piuttosto precise sul risultato che vuole ottenere in termini di arrangiamento e impatto sonoro. Siamo tutti piuttosto esigenti con noi stessi, Enrico risulta però fondamentale perché preme affinché ognuno di noi si focalizzi sul risultato d’assieme piuttosto che su tecnicismi personali (e si chiude così il cerchio sul discorso intrapreso poco fa). Il progetto Ornaments rappresenta per noi comunque un’evoluzione continua, cerchiamo ogni volta di dare evidenza dei difetti e di intraprendere un percorso di miglioramento più o meno costante.

All’intero dell’INRI di Torino sembrate delle mosche bianche. Com’è fare parte di un roster così variegato? Quali credete siano i vantaggi di non appoggiarsi ad una realtà settoriale?

Sì, è vero che ad un primissimo sguardo sembriamo collocarci in un’orbita piuttosto eccentrica rispetto alla scuderia INRI, un’etichetta che sembra puntare sempre più a valorizzare la propria vocazione elettronica e cantautoriale. Diciamo però che essere presenti in forma di “anomalia inoculata” non ci dispiace in sé e per sé… anzi. Va però detto che INRI è ancora (ben) rappresentata da band che sanno come si fa a pestare sul palco. Penso ai Titor, che raccolgono un’eredità importante della Torino hardcore, o ai Monaci del Surf. Quindi in realtà non siamo poi così fuori onda. Infine una considerazione: allo stato attuale non esiste una realtà discografica o produttiva che possa erigersi a vero e proprio punto di riferimento per chi suona come noi, in Italia. Quindi ogni occorrenza editoriale è sempre frutto di accordi interpersonali, slanci e congiunture fortuite, così come nel nostro caso specifico. “Vantaggi” veri e propri, in termini economici, non credo ce ne siano stati o ce ne saranno. Ciò che conta sono i rapporti che si riescono a stabilire tra le persone. Ci possono essere etichette che, pur mostrando una facciata “indie” e “diy”, in realtà si muovono male e giungono a penalizzare le band con cui collaborano, mentre ci possono essere etichette più orientativamente “mainstream” in grado di promuovere un’attitudine seria o una postura etica forte. Con le persone di INRI ci siamo guardati negli occhi e abbiamo condiviso un modus operandi concreto per raggiungere i nostri obiettivi comuni. Questo ci premeva.

Avete suonato tanto in Italia così come all’estero, ma i vostri dischi non hanno mai avuto un vero sbocco internazionale. Avete mai preso in considerazione l’idea di pubblicare i vostri lavori per un’etichetta straniera?

Assolutamente sì, hai toccato un tasto dolente. Da tempo riteniamo che la nostra musica abbia tutte le carte in regola per ottener un minimo di attenzione anche all’estero. Purtroppo non si è ancora presentata l’occasione per trovare i canali giusti. In questo momento le difficoltà di investire delle cifre, anche minime, sulla musica indipendente, sono sotto gli occhi di tutti. Quindi immaginiamo che anche le situazioni estere ne soffrano parecchio e che, conseguentemente, siano molto meno propense a rischiare con una band non particolarmente affermata, soprattutto se non ce l’hanno lì, a portata di mano. Ad ogni modo, noi continueremo a sondare il terreno e non è escluso che prima o poi non riusciremo a concretizzare quest’aspirazione.

Avete sempre giocato la carta del concept dall’esordio Pneumologic, passando per lo split Metamorphosplit con gli Zeus!, l’ep Cymatic, e infine con Drama. Credete che per una band strumentale la scelta del concept sia l’ideale?

Non è che il concept sia una precondizione sempre necessaria per produrre della buona musica strumentale. Ma a noi ha aiutato molto aver ipostatizzato un corollario di immagini mentali a cui fare riferimento nell’ambito del processo creativo, anche solo per dare un senso di unità al come presentiamo la musica (i visual e le grafiche, ad esempio). Si tratta del resto di una tradizione forte della musica occidentale che abbiamo assimilato un po’ tutti quanti (ad esempio con la musica sinfonica). Ma, senza scomodare i crismi della cultura “alta”, potrei citare tutta una serie di dischi strumentali post-rock importanti che, de facto, nascondono dei concept, più o meno esplicitamente. Ad esempio Those Who Tell The Truth Shall Die degli Explosions In The Sky.

Ogni vostro lavoro ufficiale ha goduto delle bellissime grafiche di Luca Zampriolo aka Kallamity. Possiamo definirlo quasi come un membro aggiunto?

Assolutamente. Il sodalizio artistico con Kallamity ci accompagna sin dalla nascita del gruppo. E ad ogni collaborazione la qualità, la potenza e la lungimiranza artistica dei lavori di Luca continuano a sorprenderci. Direi da questo punto di vista la sua personalità manifesta un ruolo del tutto importante negli Ornaments.

Torneranno mai i Death of Anna Karina?

Uno si augura di sì, sebbene ci sia da chiedersi che tipo di accoglienza potrebbero ancora ricevere nello scenario attuale, che sembra dominato da un gioco al ribasso, in cui si punta a formule facili, hype fabbricati sui social in chiave usa-e-getta, e re-union fomentate da motivi puramente commerciali.