ORHORHO, Demo
Un tour tra Germania e Austria con Light Bearer e Monachus non è davvero male come occasione per presentare al pubblico questo nuovo duo e il suo debutto, tre brani a cavallo tra crust e black metal che colpiscono per intensità e ruvidezza. Line up ridotta: chitarra, batteria up-tempo e l’inconfondibile voce di Michele (Gottesmorder), accelerazioni improvvise e urla rancorose, questa la formula di un progetto che sembra voler tirar fuori l’idea di musica estrema senza perdersi per strada tra orpelli di sorta, una rivisitazione d-beat del black originario cui l’attitudine punk toglie ogni sfumatura metal ma non un senso di epica pagana. Ciò che colpisce è la capacità di riportare indietro col pensiero fino alla preistoria, a riti compiuti nelle caverne, a quella maschera che compare nelle loro maglie (disegno di Alex CF, a rammentare un’amicizia su cui ci siamo già soffermati varie volte) e alle percussioni in chiusura di “Untitled II”: niente vichinghi, romani o antichi egizi, ma qualcosa di più ancestrale e – se possibile – sinistro, proprio perché indefinito e posto al di là della storia ufficiale e ai soliti richiami da manuale. Orhorho ricorda da vicino anche la quasi omonima Ororo (Tempesta) degli X-Men, il cui potere è comandare gli elementi, il che non sembra un caso visto che l’immagine della natura incontrollabile e spaventosa, prima divinità riconosciuta dall’uomo, sembra essere il riferimento primo della formazione. Pare poco e invece è molto, perché alla fine tutto torna e si ricollega in maniera sottile, visto che la mente torna all’ultimo lavoro (Tsantsas) del progetto Nubilum, sempre a firma Michele. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.