ORANSSI PAZUZU, Jun-His

ORANSSI PAZUZU

Se c’è un disco che ha colpito tutta la redazione, questo è Värähtelijä, l’ultimo lavoro dei finlandesi Oranssi Pazuzu, un nome che da diversi anni si è saputo conquistare uno spazio non indifferente nella scena psichedelica internazionale. Definire la loro musica è molto difficile, se non impossibile: pensate agli Amon Düül che fanno una jam assieme ai Darkthrone, immersi nella natura delle foreste scandinave al chiaro di luna Una cosa è sicura: in un ambiente pieno di band con pochissime idee, loro sembrano un faro di speranza, forse gli unici a riuscire ad elaborare un sound che potremmo anche azzardare a definire “originale”. Reduci da due fiammanti esibizioni al Desertfest di Londra e al Roadburn, negli ultimi tempi stanno calcando palchi sempre più importanti in tutta Europa. Ci hanno raccontato come nascono le loro canzoni e come hanno messo insieme il materiale che fa parte del loro ultimo disco, oltre a consigliarci diversi gruppi delle loro parti dai quali hanno tratto grandissima ispirazione.

Il vostro nuovo album, Värähtelijä, forse è quello migliore e più strutturato. Quanto tempo avete impiegato per comporre e registrare le nuove canzoni?

Jun-His (voce, chitarra): Abbiamo iniziato a jammare nuovo materiale quasi subito dopo aver finito Valonielu (il loro album del 2013, ndr). Non avevamo altri piani se non fare delle jam piuttosto libere e registrarle.  È andata avanti così per qualche tempo e, poi, è uscito Valonielu per cui non siamo tornati su quel materiale per molti mesi. Lo abbiamo riascoltato e ha cominciato a prendere forma l’idea di combinarlo con riff, parti e idee scritte, ma in un modo che suonasse naturale e scorresse fluido. Praticamente tutto è uscito così, con naturalezza.

Quanto è stato influente Julius Mauraunen sulle registrazioni?

Ha fatto la sua grossa parte quando c’è stato da decidere che tipo di “soundscape” l’album dovesse avere. Noi stessi avevamo già un’idea abbastanza chiara di come dovesse suonare, ma Julius ha saputo esattamente come trasformare in realtà le nostre descrizioni folli del sound. Appartiene a una razza rarissima, perché è superprofessionale, ma possiede anche la sensibilità di un artista per scavare in profondità nel tuo mondo musicale e nel tuo album. Penso che ci siamo capiti molto bene e che Julius abbia spinto il sound anche oltre rispetto a dove noi immaginavamo sarebbe riuscito ad arrivare.

Quale è il concept che si cela dietro il video di “Lahja”? Che genere di rituale stanno preparando i personaggi?

Il concept è stato sviluppato a grandi linee dal regista Janiv con me ed Ontto (il bassista degli Oranssi, ndr). Volevamo che Janiv prendesse le redini e che proponesse la sua interpretazione della musica. Noi abbiamo parlato principalmente dei testi delle canzoni e del concept dell’album in generale, in modo da indicargli la strada giusta. Il video è aperto alle interpretazioni, ma per me ha a che fare con un osservatore che scopre diversi livelli di potere e le gerarchie delle nostre società. Dopo aver visto abbastanza, decide che posto vuole occupare e uccide “il capo degli illuminati”, diciamo, rinascendo in quella posizione. Per me il video è un commento alla guerra che è in atto all’interno della nostra tronfia società capitalista. Una guerra di tutti contro tutti. Una competizione infinita che produce assenza d’empatia e solidarietà.

Chi è quella strana figura dietro la copertina dell’album? Ha un significato o l’avete scelta perché la considerata funzionale alla musica che avete scritto?

L’idea era che la copertina dell’album lasciasse intravedere spezzoni di realtà che fossero in qualche modo magici e che in quel breve momento tu potessi usare la tua immaginazione per tentare di darle un senso e interpretarla. Questo è anche uno dei temi del disco. Per esempio, la figura che dite è una foto del nostro batterista Korjak durante uno show. Lo stesso vale per le altre foto. La copertina vera e propria sembra un corridoio disgustoso e peloso, ma la luce in fondo rappresenta la speranza. In realtà è una foto dei miei capelli durante un concerto. Non so ovviamente se tutti vedano altro che non siano capelli e una lampada… Però questo è il punto: usare o non usare la tua immaginazione.

Avete già spiegato il significato del vostro nome in altre interviste, ma a noi piace molto, quindi lasciate che vi chiediamo qualcosa a riguardo. Vi descrive alla perfezione (“orange” è la psichedelia, Pazuzu è il black metal) ed è anche un classico nome da rock’n’roll band. Com’è saltata fuori l’idea? Avevate altri nomi in mente quella volta?

Onestamente non ricordo nemmeno come fu scelto. Abbiamo fatto rimbalzare l’idea e dopo a un certo punto ci siamo trovati pronti col nostro primo album, così come il nome della band. Anni fumosi per me, mi sa (ride, ndr).

Avete sempre nominato i Circle tra le vostre principali influenze. È una band finlandese progressive che non è poi così nota qui in Italia. Che aspetti della loro musica vi affascinano? Ci volete raccomandare altre band finlandesi progressive o sperimentali?

Dei Circle ci gasa soprattutto il materiale più vecchio e il suo contenuto ipnotizzante e ripetitivo, da rito sciamanico. Album come Taantumus e Zopalki sono vere gemme. Adesso come adesso ci sono tante buone band sperimentali in Finlandia. Come minimo: Sink, Mr. Peter Hayden, Kairon Irse, Paavoharju, KXP e Dark Buddha Rising.

ORANSSI PAZUZU

I Circle sono influenzati anche dal kraut rock. In questi anni c’è stato un grande revival del kraut, sia in campo elettronico, sia in campo rock. Supponiamo che anche voi amiate questo genere. Siete influenzati o semplicemente ispirati da qualcuna di queste pietre miliari tedesche (per esempio: Can, Neu!…)?

Sì, il kraut rock è un’influenza pesante sul nostro sound. E sì anche per quanto riguarda le band che hai nominato. Specialmente il nostro bassista Ontto ha approfondito parecchio Can e Neu!, per esempio.

Nella nostra recensione del vostro nuovo album abbiamo descritto la vostra musica come la colonna sonora perfetta per l’aurora boreale. Vi piace questa descrizione? Quanto è importante il paesaggio finlandese per la vostra musica?

Non ci penso troppo quando compongo, ma quando ascolto nuovi mix o controllo i nostri demo preferisco vagare nei boschi e mi sembra di riuscire a concentrarmi meglio, quindi deve avere qualche significato per noi. Come minimo uno nascosto. La natura e l’evoluzione della vita sono molto importanti per noi a livello concettuale, ma almeno per me non vuol dire focalizzarsi troppo sul paesaggio finlandese.

Black metal non significa solo adorare il diavolo o la vastità dei paesaggi nordici. Il black metal e lo Spazio hanno una storia lunga insieme. Per esempio, gli svizzeri Darkspace cercano di descrivere col black la paura, la vertigine e il vuoto eterno che associamo allo Spazio. Che sensazioni provoca a voi, invece, lo Spazio? Crediamo sia fonte d’ispirazione per la band.

Lo Spazio, l’universo, l’esistenza sono tutte cose sconosciute e spaventose per un ateo. Sono anche miracolosamente meravigliose e maestose. Il fatto che noi esistiamo in un universo che non ci considera in alcun modo è orribile e splendido allo stesso tempo. La nostra esistenza e la nostra coscienza hanno il loro posto fragile qui su questa palla di pietra. Mi piace la dualità di queste riflessioni. La bellezza e l’orrore, dipende da come pensi tu a tutto questo. La realtà stessa è una pesante ispirazione per noi, se non è contaminata dalla religione.

Ascolti qualche gruppo italiano? Ti piace il nostro progressive dei Settanta?

Ho una “mixtape” di prog italiano fattami da un ragazzo che lavorava agli Orgone Studios, dove abbiamo registrato Valonielu. Si chiama Donato. Mi piace ascoltarla ogni tanto, ma non ho approfondito nessuna delle band. C’è qualcosa di unico, comunque. Grazie per avermi ricordato che devo scavare anche lì.

I giornalisti tendono a semplificare, ma possiamo dire che mischiate black metal e psichedelia. Anche gli Aluk Todolo lo fanno ora, assorbendo anche influenze kraut rock. I loro dischi sono diversi dai vostri, ma sarebbe figo vedere entrambe le band sullo stesso palco. Vi piace cosa fanno? Vorreste fare un tour con loro?

Ah ragazzi, una delle band preferite mie e di Ontto! Abbiamo suonato assieme in Finlandia tanto tempo fa. Erano fantastici e li ho ascoltati sempre sin da quella volta. Sarei felice di suonare di nuovo con loro e si spera che accada presto. Ho solo paura che siano troppo più bravi di noi e che questo ci mandi in depressione (ride, ndr). Ma sì, dita incrociate, potrebbe succedere presto o tardi.

Preferite improvvisare dal vivo o nel corso della registrazione di un disco?

L’improvvisazione è sempre stata importante per noi. Anche se le nostre canzoni sono in qualche modo organizzate, noi la usiamo come un mezzo per portare i pezzi e i riff a un nuovo livello. Specie sul nuovo disco ci sono parti free dentro i brani. Inoltre certe canzoni sono partite da lunghe jam session, come accennavo prima. Ci può essere anche una jam ambient, noise che va sopra al riff, come ad esempio in “Saturaatio”, l’apertura di Värähtelijä. Anche nello spettacolo dal vivo di solito includiamo una jam. Può essere una cosa più ambientale, come può impegnare tutta la band. Può anche emergere da uno dei nostri pezzi più lunghi.

Chance di vedervi in Italia? Grazie!

Spero di sì presto! Forse il prossimo anno… mi sono sempre divertito a suonare da voi. Grazie per l’intervista!