Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

OMZA, Otto Maddox Zen Academy [+ full album stream]

Alla fine è uscito un album degli OMZA, con suoni perfetti e grafiche più che all’altezza: otto potenziali singoli, scritti nel corso degli anni, più la cover di “Moonage Daydream” di Bowie (che quasi sembra fusa con “Snowblind” dei Sabbath). Ve l’ho già detto una volta, li conosco e li avrò visti mille volte, insomma non sono molto obiettivo, ma sostanzialmente non è che ci si possa girare molto attorno: sono un gruppo che scrive canzoni, una cosa che in epoca di sotto-sotto-sotto-generi non fa più nessuno (a parte Calcutta, solo che le sue cose fanno schifo al cazzo), e che assomiglia a tantissimi suoi predecessori senza mai copiarli, complice il fatto che i ragazzi (?) arrivano da tante esperienze diverse nella scena locale triestina e che dunque hanno assorbito tutta una serie di influenze (nient’affatto esoteriche: rock/hard rock classico, alternative/indie rock ormai altrettanto classico, qualcosa dei Duemila giusto per essere un po’ più freschi) e hanno imparato tutti i trucchi del mestiere, approfittando anche di una delle voci migliori disponibili da queste parti, che credo come riferimento iniziale abbia avuto il caro vecchio Ozzy.

Si corre senz’alcuna fatica in mezzo agli oh yeah, alright! e ai no not again! di testi che sembrano più pop e divertiti che rock, mentre riff e assoli innescano il gioco dei rimandi, con un pensiero ricorrente in testa: fino a un certo punto della storia umana, le radio avrebbero passato di continuo gli OMZA, e non per poco tempo. Disco clamorosamente da macchina, speriamo riescano a portarlo in giro per i palchi.