Ombre Lunghe, 21-23/6/2017

Bologna, Ateliersi.

Ombre Lunghe torna con una tre giorni dedicata a sonorità sperimentali: sono presenti nomi noti del panorama underground bolognese e artisti internazionali, e non manca uno spazio dedicato alle opere audiovisive, che anche quest’anno costituiscono una parte importante del festival e arricchiscono l’Ateliersi di Bologna. Se nel 2016 gli ambienti dell’Ospedale dei Bastardini avevano aperto nuove possibilità di coinvolgimento musicale per una parte inesplorata della città, sviluppate poi durante il RoBOt Festival, quest’anno Alivelab gioca in casa, aprendo la sua sala ad affezionati e nuove conquiste.

La prima serata si sviluppa a partire da suggestioni a/v, addentrandosi in produzioni italiane mutevoli e poliedriche. A partire dalla performance dell’artista cileno Nicolas Rupcich (a cura di Federica Patti) e il warm up tape-assault di Arte Tetra con video di Nicola Tirabasso sullo schermo, tra psichedelia noise ed esoterismi estivi, i due live di apertura del festival si allacciano e compenetrano tra loro sul lato della moneta meno legato al dancefloor.

Massimo Carozzi è una figura chiave della ricerca artistica italiana e di una sfera musicale che orbita tra Bologna, Bruxelles e pianeti sconosciuti. Dopo l’ultimo approdo su Random Numbers con Antonio Marini (Healing Force Project), il live per Ombre Lunghe scioglie e mescola i colori e le texture raccolti in numerosi viaggi, fondendoli in un unico percorso esplorativo, dove voci, rumori, lingue e linguaggi si accavallano gli uni sugli altri per compattarsi in un solo scenario.

I Merchants sono accompagnati dai reactive visuals di Stefano Maccarelli, che gioca alla perfezione sulle ritmiche ossessive e le nenie ipnotiche mescolate ai beat freddi che il duo spinge durante il live. Le policromie di matrioske e tessuti sullo schermo si espandono al gioco di Alberto Ricca e Davide Amici, tra pulsioni techno e suoni desertici, tribalismi urbani e cascate di samples che si incastrano come un tetris, determinando molti momenti oscuri che stridono con i colori vivaci su video.

Merchants

La seconda e la terza giornata di questa edizione di Ombre Lunghe hanno visto alternarsi sul palco artisti dal background eterogeneo, ma tutti (o quasi) accomunati da una tendenza a smagliare il tessuto del clubbing in favore della creazione di nuovi linguaggi musicali.
A introdurre la serata di giovedì è stata una lunga sessione di ambient mutante a cura di MZ, dj e conduttore del programma Area Contaminata, in onda su Radio Città Del Capo.

Alla fine di questo set la luce fuori ha cominciato a scemare ed è arrivato il momento per Petit Singe (Haunter Records) di salire in postazione. La sua prova, è il caso di dirlo, è stata un delle più coinvolgenti di tutta la rassegna: Hazina è rimasta composta dietro al suo laptop a sfigurare sample vocali che fungevano da guida nell’intricata rete di percussioni meticcie che caratterizza il suo sound. Il pubblico ha iniziato a perdere la testa nel momento in cui il quasi-misticismo digitale si è trasformato in un reggaeton spinto da un kick gabber che si è dilatato fino a confondersi in chiusura del set.

Petit Singe

Quasi senza soluzione di continuità, il francese mascherato Basses Terres (di casa Brothers From Different Mothers) ha costruito uno scenario algido in cui schegge di breaks ipercinetiche si conficcavano in soundscapes irreali, immergendo se stesso ed il pubblico in un senso di disagio estremamente ballabile, come se Burial e gli SHXCXCHCXSH avessero deciso di produrre un disco insieme.

Nemmeno il tempo di riprendere fiato e Pessimist, la giovane promessa Blackest Ever Black, si è esibito in un assalto a base di drum and bass alienata e difforme, quanto di più lontano si possa immaginare dal clima gioioso che solitamente si instaura sotto i sound system.

A questo punto molti dei partecipanti si sono ricordati del fatto che la serata fosse in un giorno infrasettimanale e la presenza in sala ha cominciato a calare. Io non sono stato da meno e mi sono perso il dj set di Red Army Fracture, co-founder di Haunter Records.

Per l’opening dell’ultima serata, BXP si è cimentato in un extended set di tre ore abbondanti in cui ha spaziato con eclettismo dalla drone music – sospetto che a una certa abbia suonato i Sunn O))) – ad Aphex Twin.

Chiuso il cortile, verso le 22 Jay Glass Dubs (Bokeh Versions) ha saputo mostrare al pubblico dell’Ateliersi come si possa sfruttare il dub come mezzo tecnico senza passare per l’appropriazione culturale della musica giamaicana. Il greco ha costruito, distrutto e ricostruito un brano mediante l’impiego di delay e riverberi, come una sorta di rendering sonoro di una figura tridimensionale amorfa ed instabile.
Celestial Trax (Purple Tape Pedigree, Tempa) ha dimostrato grande perizia dietro ai CDJ con un dj set di post-grime cupa e aggressiva, con il pubblico tenuto sulle spine da brevi incursioni ritmiche che punteggiavano un’atmosfera tesissima, quasi priva di beat, ma sempre sul punto di esplodere.

Don’t DJ (Berceuse Heroique, Disk) ha portato la sua caratteristica miscela di poliritmi e composizione algoritmica, sfoggiando le abilità da turntabilist acquisite durante la militanza nell’Institut für Feinmotorik: sul tavolo un portatile e giradischi preparati con ogni sorta di diavoleria possibile (notevole l’impiego di un locked groove inciso con un taglierino sul retro di un cd). La sua performance oscillava tra tribalismo arcaico e moderno, e quando i ritmi tropicali hanno ceduto il passo ad un 4/4 più tipicamente techno, il pubblico ha risposto con un boato di approvazione.

Successivamente, il belga Hiele (Ekster) si è reso protagonista di un live travolgente in cui ritmiche footwork fuori controllo venivano infettate da innesti rave e glitch. Gli spettatori a questo punto si sono fatti trascinare in una frenesia danzante di cui ha beneficiato Mama Snake (Ectotherm), unico act a proporre musica ballabile a tutti gli effetti. Tra reminescenze degli anni Novanta e novità dalla sua Apeiron Crew, la danese ha traghettato i presenti in un’odissea techno che si è conclusa (per il gaudio generale) sulle note di “Take A Chance”, il classico Italo Disco per eccellenza.

Mama Snake

Grazie a una line-up pensata stando attenti agli attuali sviluppi nella musica elettronica (e all’aria condizionata all’interno della sala), la tre giorni di Ombre Lunghe è stata un appuntamento tra i più interessanti di questa estate 2017, merito anche di un’efficiente organizzazione e dell’atmosfera piacevole che si è creata nel corso delle serate.

Le foto sono di Martina Anelli, che ringraziamo.