Ombre Lunghe, 22-23-24/6/2016

OL

Bologna, Ex Ospedale dei Bastardini.

Saremo anche di parte, ma quest’ anno Ombre Lunghe ha ingranato la quinta su uno sterrato. Sarà l’unione di più menti e braccia a curare il progetto, sarà che l’Ateliersì è ormai un landmark notturno per i bolognesi, sarà che in città si stanno finalmente reinnestando delle dinamiche di coinvolgimento e riappropriazione di un suolo culturale lasciato impolverato per molto tempo, ma di sicuro è difficile darci torto. Abbiamo visto passare da Bologna artisti delle migliori etichette internazionali, un’affiliazione più stretta tra diversi collettivi e venue, ma soprattutto abbiamo testimoniato una risposta del pubblico incredibile per un format che seguiamo dall’inizio. L’anno è iniziato con un warm up di sonorità post-punk Eighties della Mannequin Label, passando per quelle della Northern Electronics con un live di Acronym che ha spezzato quelle catene che sovente fanno sentire il pubblico impossibilitato a esprimersi, dando poi spazio alle realtà italiane più interessanti e affermate nel panorama internazionale, ad esempio Shapednoise e Morkebla.

L’inverno ha portato nomi d’avanguardia in città e ha anche gettato i semi per l’estate. Grazie al bando di “bè bolognaestate”, un programma di iniziative ed eventi ricco come pochi altri, nasce una tre giorni targata Ombre Lunghe, anticipata da una preview in un’altra nuova centralità, la velostazione Dynamo, che con una grande collezione di eventi più disparati è già luogo cruciale e catalizzatore per Bologna. A ospitare il live vero e proprio è il tunnel antiaereo del Pincio, sotto le scale della Montagnola, una location curiosa e oscura che sa raccogliere al meglio, nella sua conformazione, la musica di Von Tesla. Le ritmiche dissestate e incerte minano la sicurezza dell’ascolto in uno spazio buio e angusto, una minaccia di frammenti sonori vaganti ed echi che dura per tutto il live.

Kiran Sande

Se la preview ha giocato una carta vincente, la line up del festival si sposta su territori meno esplorati, ma senza perdere di vista quella combinazione tra sperimentazioni e proposte trasversali che riescono a tenere unito il tutto. Ciascuna delle tre giornate si apre con progetti italiani conosciuti a livello locale (ma non solo) per proseguire con una selezione di etichette internazionali che racconta in modo esaustivo il panorama attuale.

Dalhous

La prima serata ospita la londinese Blackest Ever Black, che quest’anno si è confermata come una delle più sfaccettate realtà europee. Il fondatore Kiran Sande porta con sé due artisti che uniti sono in grado di spiegare al meglio la complessità della sua creatura: Dalhous e Tarquin Manek. Se i primi, nel corso di un live dilatato e fumoso che raccoglie al meglio lo spirito BEB più sincero, si immergono in un mondo subacqueo popolato da creature preistoriche, partendo da un ambient soffuso e magico per poi inquinare l’acqua per mezzo di contaminazioni industrial brutali, Manek sperimenta con suoni e strumenti, rendendo lo stesso palco una giostra su cui muoversi. Un misto di jazz e free folk accompagna un viaggio inizialmente solitario e introspettivo, poi l’australiano incuriosisce il pubblico suonando il clarinetto sdraiato per terra, giocando con lo spazio e instaurando una comunicazione fisica che si integra perfettamente con la corposità della sua musica.

Tarquin Manek

Il compito di introdurre il pubblico a progetti così consistenti è affidato a Salvatore Miele aka Razgraad, che si pone in una situazione più soft rispetto alla cassetta di esordio su Yerevan Tapes, smorzando beat crudi per concentrarsi su un’atmosfera più liquida, ma riuscendo perfettamente a instaurare un dialogo tra le due etichette scelte.

Il secondo giorno propone un ventaglio di artisti più eterogeneo e si apere con le esibizioni di Grün e Mogano accompagnati dai visual di Andrea Familari, vj e artista di stanza a Berlino.

Le atmosfere cyber fredde di Presente, casa Alivelab, lasciano subito a intuire che gli ascolti di questa serata saranno meno digeribili di quelli della precedente. Il live di Daniele Guerrini (Haunter Records) esplora il linguaggio dei media e dell’informazione nella società contemporanea, sviluppandone il lato più subdolo e manipolatore attraverso una musica criptica e fortemente antagonista. La performance è presentata in collaborazione con Eva Collé, che recitando un testo al microfono arricchisce l’insieme e denota la vacuità e l’automazione della comunicazione odierna. Il discorso viene in qualche modo portato avanti da 111x (TAR), designer finlandese, che si concentra più su emozioni e stati d’animo, ondeggiando tra esplosioni d’ansia, panico e un’apatia immobilizzante, un insieme di flash di volti e sensazioni, voci campionate, gabber e quiete improvvisa. Zuli (UIQ) porta dall’Egitto ritmi caldi e soffusi, una techno lenta e avvolgente che si stacca in modo netto da ciò che l’ha preceduta, ma che introduce bene il nuovo acquisto della label di Lee Gamble.

Lutto Lento

La line up della terza serata, introdotta dai mélange ambient noise di Stromboli, mira al dancefloor in modo più diretto. Lutto Lento (Where To Now?) propone una contaminazione tra dance e i sample più diversi incastrati nella composizione, creando un collage che inizialmente confonde ma si sa rendere armonioso durante il live, tra deep house, telefonate e gossip adolescenziali. Not Waving (Diagonal) apre le danze al meglio, concentrandosi sul movimento e sulla fisicità della musica, regalando impulsi positivi che il pubblico raccoglie e fa propri, saltando e pogando grazie a una techno che si compenetra col punk come due pezzi di Lego. Con Koehler il rave prosegue, alzando il livello di ansia tra jungle a oltranza e bassi inarrestabili che fanno sprofondare il pavimento dei Bastardini.

Se lo scorso anno i ragazzi di Ombre Lunghe e Imago hanno portato le sperimentazioni italiane al Museo Civico Archeologico con Medieval KNights, quest’anno il clubbing viene accolto da una location incredibile e recentemente riscoperta da bolognesi e non, dimostrando ancora una volta che si può osare, anche architettonicamente, in una città complessa come Bologna. Una tre giorni intensa, che la città ha accolto e vissuto fino in fondo, con line up costruite e ben variegate nel sound e nello stile, con nomi conosciuti e artisti da scoprire. Non possiamo fare altro che augurarci il meglio per la nuova stagione (ci dicono Children Of Bodom, noi ci speriamo).

Le foto sono di Martina Anelli, che ringraziamo.

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