ODD NOSDAM, Mirrors

ODD NOSDAM, Mirrors

A voler fare paragoni campati in aria (ma non troppo) si potrebbe quasi dire che un po’ tutta la carriera del producer di Cincinnati assomigli non poco ai suoi dischi. Sin dagli esordi, passando per gli indimenticati cLOUDDEAD, nonché per tutto l’affaire Anticon (di cui è cofondatore) fino ai giorni nostri, Odd Nosdam si è sempre trovato comodamente in bilico tra due attitudini musicali apparentemente inconciliabili, tra eterei slanci ambientali e solidi binari hip-hop. Il fatto che da quella nicchia sul filo del rasoio Odd Nosdam abbia tirato fuori dei dischi della madonna dimostra che in fondo quella cesura era lì solo per essere superata, e a vent’anni dagli esordi non è difficile rintracciare echi profondi di questa esperienza nelle frange più “avant” del vasto scenario hip-hop contemporaneo. Eppure, così come l’opera di meticciato portata avanti dalla Anticon è sempre rimasta confinata all’interno di un cerchio ristretto, rimanendo un unicum forse troppo bizzarro per i cultori di un suono o dell’altro, così l’ibrido messo in piedi da Odd Nosdam, troppo concreto per gli ambientofili, troppo astratto per i rappusi, ha finito per essere una creatura a sé stante, impermeabile, che il musicista ha modellato con pazienza e cura certosina sbattendosene beatamente di tutto quello che succedeva al di fuori di questa bolla.

Una bolla con un piede in quest’universo e l’altro no, uno sfasamento spaziotemporale che è sovrapponibile al modo in cui il suo sound riesce a essere al contempo vaporoso e materiale, denso ed etereo, effimero come una bolla di sapone e persistente come solo un bel beat riesce a essere. Marchi di fabbrica che si riscontrano anche in quest’ultima uscita, che rispetto al passato probabilmente esibisce un’inedita sensazione di serena belligeranza. “Mirrors I” e “Air Up” sembrano epiche marce sognanti, nelle quali l’enfasi ottundente e narcotica dei ritmi viene puntellata da brevi temi melodici di Rhodes, rintocchi di piano o secchi loop di chitarra che serrano i ranghi in vista di uno scontro da affrontare con pacata risolutezza, come fossero il preludio a una rivoluzione alle porte del cielo. “Cookies” ricorda un po’ l’era Ninja Tune/Mo’ Wax e vola di filata con un certo entusiasmo, mentre “Tall Wind” si gioca tutto con un loop sbilenco e appiccicoso su ondate sonore di marea che si alzano e abbassano. “Mirrors II” rappresenta l’episodio più ambizioso e strutturato del lotto, in cui quell’enfasi di cui parlavamo poc’anzi per la prima versione del pezzo viene trasfigurata in un lungo crescendo di matrice quasi post-rock; sotto il lento e perentorio battere del piano via via si accumulano accenni melodici mutevoli, cori sottotraccia e schizzi di chitarra, verso un climax di pieno lirismo che si distende nell’ambient minimale da spazi siderali dell’ultima traccia, “Re-Flect”. Si potrebbe dire che è sempre lo stesso gioco che Nosdam porta avanti da anni, e in fin dei conti è vero, come è verosimile che l’autore continuerà a modellare e rimodellare il proprio interstizio autosufficiente di universo che riesce a non cadere a pezzi dopo due giorni (cit.). E francamente io questo lo trovo parecchio confortante.