OCTOPLOID, Beyond The Aeons
È fuori dallo scorso 5 luglio l’album di debutto di Octoploid, band solista di Olli-Pekka Laine, conosciuto ai più come bassista degli Amorphis dal 1990 al 2000, che è poi rientrato nella band nel 2017.
Ho maturato un certo scetticismo nei confronti dei progetti solisti di “pezzi grossi della scena” (virgolette non necessarie ma utili), poiché spesso finiscono per rivelarsi un’accozzaglia di idee, più o meno confuse e più o meno banali, derivate spesso da una crisi di mezza età impossibile da nascondere. Sono lieta di annunciare a chi legge che non è questo il caso: Beyond The Aeons è un lavoro ispirato, profondo, onesto, in cui si nota il desiderio di Oppu (questo il soprannome del bassista-mastermind) di esprimere anche in altra sede la sua creatività. Le sue competenze musicali in veste di compositore non sono un segreto (la metà dei brani presenti su Tales From The Thousand Lakes ed Elegy porta la sua firma, per dire), ma è altresì sorprendente vedere come queste si adattino e incastrino in un contesto relativamente nuovo e, lasciatemi puntualizzare, in un’altra epoca rispetto ai capolavori sopra citati.
Oppu si è circondato non solo di ottimi musicisti, ma soprattutto di amici fidati. Alle tastiere troviamo infatti Kim Rantala, già negli Amorphis ai tempi di Elegy, alla batteria Mikko Pietinen, con cui ha condiviso i Mannhai, formazione stoner metal che forse i più “nerd” ricordano, e alla chitarra il giovanissimo e sorprendentemente dotato Peter Salonen, di cui segnalo volentieri la band principale, Death Mex, thrash metal onesto e diretto, per chi fosse interessato.
Il ruolo del frontman è stato affidato a diversi esponenti della scena metal, locale e non, tra cui spiccano indubbiamente Tomi Joutsen e Tomi Koivusaari degli Amorphis, ma anche Mikko Kotamäki (Swallow The Sun, ex Barren Earth), che tra l’altro ricopre il ruolo anche in sede live, mettendo alla prova la sua proverbiale versatilità. L’alchimia tra Kotamäki e Oppu è ben nota a chi abbia seguito i Barren Earth, e non è un caso che canti su ben tre brani, che finiscono per avere una piacevole tinta doom. Troviamo anche Janitor Muurinen (Mannhai, Xysma) ad affiancare Koivusaari su “Coast Of The Drowned Sailors”, un brano che farà sicuramente un certo effetto a chi ama i vecchi Amorphis: sfido gli ascoltatori a non sentirsi catapultati nel 1995, con tutto ciò che ne consegue…
Joutsen canta sul primo singolo estratto dall’album, “Human Amoral”, oltremodo orecchiabile ma decisamente valido, che mette in luce l’animo ambientalista e animalista di Oppu attraverso una critica spietata e acuta rivolta al genere umano nel suo complesso. D’altronde certe sonorità si sono sempre prestate a dichiarazioni forti, e qui si fa buon uso della lezione appresa.
L’album viene descritto nel press kit come “’70s death metal”, e mi trovo abbastanza d’accordo. Ci sono molti elementi folk, che gli conferiscono un inconfondibile sapore di Amorphis anni ‘90, aspetto che inserisce Beyond The Aeons in quella categoria di esperimenti su cosa sarebbe successo se una data band avesse preso una strada diversa?, in questo caso restando più saldamente ancorata alle proprie origini, che non è un male di per sé. “Shattered Wings” riesce a conciliare persino il moog di Kasper Mårtenson (anche lui tra le fila degli Amorphis nei primi ’90, ma anche in Barren Earth e Mannhai) con un riffing in apertura che sa quasi di Autopsy, il tutto condito da un drumming prog anni ’70 e quintali di quella malinconia finlandese che ci piace tanto. Alla voce, Petri Eskelinen (Rapture, Feastem e da qualche mese anche nei Radien), il cui growl oltretombale si incastra perfettamente nel contesto.
Beyond The Aeons è, a conti fatti, una rimpatriata coi compagni del liceo, che però erano (e sono tutt’ora) simpatici. Il risultato è sorprendente, per motivi non banali. Come spesso accade con gli album solisti, questo “bambino” potrebbe essere figlio unico. Ce lo faremo bastare, consapevoli che Oppu, se mai volesse dargli un seguito, sia geneticamente incapace di deluderci.