Occulto Fest 2012: the Armageddon Edition (25-26 maggio)
Occulto è un magazine a cadenza annuale con sede a Pankow (Berlino), creato da un italianissimo team tutto al femminile. È un magazine patinatissimo, che parla di diffusione scientifica con un approccio interdisciplinare tra arti visuali, teorie parascientifiche e altre cose parecchio strane.
Occulto è da sempre legato alla musica e dalla sua nascita presenta ogni anno Occulto Fest in collaborazione con LaGioiosaMacchinaDaGuerra, un’altra italianissima di stanza a Berlino. L’edizione del 2012, dedicata all’Apocalisse, si svolge in due giorni al West Germany di Kreuzberg, un posto dove son passati un bel po’ dei gruppi di cui leggete su The New Noise.
La prima giornata si apre con il danese Supermelle, che presenta un set costruito su un numero incredibile di flauti, pifferi e altri strumenti a fiato, tutti filtrati attraverso di effetti e macchinette varie. L’effetto visuale supera la resa sonora, invero non eccezionale, che alla lunga finisce pure per sfiancare un po’, dato il protrarsi di un live che non prende mai una direzione precisa e rimane su sonorità né troppo pulite né troppo sporche: abbastanza democristiano per i miei gusti.
A far decollare la serata ci pensano subito i torinesi How Much Wood Would A Woodchuck Chuck If A Woodchuck Could Chuck Wood?, al loro primo tour europeo dopo la pubblicazione dello split 7”con i Father Murphy. La musica del trio, in antitesi col nome impronunciabile (ci vogliono parecchie birre a sciogliere la lingua, ma non troppe però), è di una semplicità ed efficacia disarmanti. Le poche note del chitarrista Dave sono appoggiate su di un tappeto di textures ambientali nelle quali si incastonano la voce salmodiante di Gher e i vocalizzi estatici di Iside. Con il loro angosciante mix di minimalissimo folk esoterico filtrato attraverso drone, fantasmi di voci, riverberi epocali, convincono sin dai primi pezzi, in un crescendo di gradimento del pubblico, che tributa loro un sonoro applauso alla fine del breve set.
La prima serata si chiude con la presentazione di “Hunt Me Tender”, lavoro audiovideo di Fabio Orsi con Valentina Besegher uscito da poco su Silentes. Fabio Orsi, contrariamente a quanto visto di recente in Italia, opta per un set basato su drone estatici che mutano lentamente rivelando tutti i loro luminosi dettagli sulla strada del crescendo finale, dove la stratificazione di loop riempie ogni millimetro cubo della stanza. Il video gestito in diretta da Valentina Besegher si alterna tra luminosità e cupezza e segue ritmicamente l’andamento delle onde sonore emanate da Orsi. Una volta tanto una performance audio+video che va al di là della semplice somma delle parti. Alla fine del set la sensazione di aver potuto volare per un attimo fatica ad andarsene.
La seconda serata vede in apertura gli Apex Predator, un nuovo gruppo appena formato da membri del giro Noisekölln, che fa fondamentalmente il verso a Joy Division e Suicide a seconda del pezzo. Non mi sembrano granché, ma il numeroso pubblico sembra gradire.
Segue Fausto Maijstral, duo composto dalla co-organizzatrice DuChamp e il neozelandese Will Gresson. Sul palco un setup speculare: due tastiere, due chitarre, svariati effetti e microfoni. Sono stati una delle sorprese del festival: un drone infinito, giocato sempre sugli stessi temi pur cambiando a tratti il tipo di strumentazione usata, ha sospeso la sala in una specie di bolla per circa mezzora, senza mai cedere alla tentazione del rumore, senza mai suonare new age come purtroppo spesso capita di recente. Bravi.
Mi era stato annunciato un concerto metal, ma in giro di metallari nemmeno l’ombra. Quando salgono sul palco i berlinesi Sun Worship penso ad una presa in giro, perché mi sembrano dei bravi ragazzi ben pettinati, invece è subito baccano. Il trio suona una forma moderna di metal, che sembra quasi avere un indole post-rock, ma suonata veloce e a volumi poderosi con voce growl e tutte le cose che servono a fare del metal serio. Ci si diverte tutti un sacco.
Chiudono la serata i canadesi trapiantati a Berlino Nadja e ancora una volta riescono a stupire per lo “spessore” del suono che fanno uscire dalle casse. Il loro set è meno rumoroso di altri visti in altre occasioni e più incentrato su un monocorde range di suoni che di strato in strato si accumulano fino a diventare pulsazione meccanica, poi rumore, poi silenzio improvviso. Vittoria.
Nel corso delle due serate si sono alternati anche diversi djset a tema, tra i quali da segnalare quello di Claudio Rocchetti, che da un ghetto-blaster a doppia piastra mandava metal anni ’80 a palla negli intervalli tra i concerti, a fare da ottima cornice al suo libro Dirty Armada sui loghi dei gruppi metal italiani.
Occulto Fest ha dimostrato, se ce ne fosse bisogno, che con poche risorse e buone idee è possibile fare dei buoni festival, con delle proposte interessanti.
Foto di Linda Ferrari, Tanya Mar, Ian Land e Will Gresson.