Obsidian Kingdom, il tritacarne e il pasto nudo
Mai uguali a sé stessi o prevedibili, gli Obsidian Kingdom tornano con Meat Machine, un lavoro che riconferma il coraggio e la voglia di giocare con linguaggi differenti propria della band di Barcellona, oltre al suo amore per i meandri più segreti della mente umana e della nostra società. A distanza di sette anni dalla nostra ultima chiacchierata, abbiamo voluto sentire cosa è successo e come siamo arrivati al nuovo album.
Ciao, rieccoci qui, è passato un po’ di tempo da quando, dopo un paio di ep, vi siete imposti all’attenzione mondiale con il vostro primo album Mantiis, cui sono seguiti Torn & Burnt – The Mantiis Remixes e nel 2016 A Year With No Summer, lavori molto diversi tra loro e in grado di mostrare le molte sfumature della vostra musica. Come considerate quei dischi se guardate indietro?
Rider G Omega (chitarra e voce): Ogni disco che abbiamo pubblicato rappresenta una riflessione sincera su come eravamo in quel preciso momento, sia come band che come individui. Col senno di poi, pensiamo che ciascuno di essi sia un lavoro coraggioso, nel senso che abbiamo dovuto costruire delle narrative differenti per ciascuno di quei tre universi.
Mantiis era una fiaba contorta in stile post-moderno e per articolarla abbiamo gettato nel piatto ogni risorsa sonora che avevamo. Era un concept davvero strano e il suo successo ci ha colti di sorpresa. L’accoglienza è stata talmente calorosa che abbiamo deciso di realizzare un disco di remix, curato da noi stessi e prodotto dagli artisti elettronici che al tempo apprezzavamo di più. Così è nato Torn & Burnt. A Year With No Summer è un lavoro più compatto, scritto con un’idea più coerente in termini di produzione. Volevamo scrivere un disco grigio e pessimista e forse ci siamo riusciti troppo bene perché ci tornasse utile.
C’è un grosso cambio di stile tra questi tre album, il che potrebbe averci alienato alcune persone ma, allo stesso tempo, ci ha aiutato a stabilire un punto fermo per la band: cambieremo sempre forma e non potrete mai aspettarvi che due nostri dischi suonino uguali. In meglio o in peggio, il nostro linguaggio cambierà costantemente via via che cresciamo, così da adattarsi al nostro obbiettivo principale, il comunicare emozioni attraverso i suoni e le atmosfere.
Quindi non li vedete come una base di partenza per il nuovo album e siete più il tipo di musicisti che chiude la porta una volta che il disco è uscito per guardare oltre?
Esattamente, come dicevo, ogni volta che scriviamo un disco nuovo partiamo da zero. Ovviamente, alcune cose vengono portate dietro, come le nostre influenze iniziali come musicisti, che sono un po’ il punto comune che unisce la nostra discografia. Questo è il motivo per cui, nonostante tutti i nostri esperimenti, suoniamo sempre una sorta di rock/metal. Credo sia nel nostro sangue.
Oltretutto, a posteriori, non posso negare che Meat Machine sia venuto fuori così violento come risposta alle molte critiche ricevute per A Year With No Summer, soprattutto da coloro che l’hanno percepito come noioso e deludente. Non è stato comunque intenzionale!
Cosa è accaduto in questo ultimo periodo e quali credi siano gli avvenimenti più importante per l’evoluzione della band? Presentaci Jade Riot Cul che credo abbia avuto una parte rilevante nel nuovo disco.
Wow, cosa non è successo. Subito dopo il tour di A Year With No Summer nel 2016, abbiamo cambiato tastierista e questo è il momento in cui ha preso il suo posto in formazione Jade. Lei preferiva non presentarsi come una donna al tempo e aveva un nome differente. Abbiamo suonato, così, alcuni concerti finali e abbiamo iniziato a scrivere quello che sarebbe diventato Meat Machine.
L’intera fase di scrittura è stata davvero tesa. Trattandosi di un disco che parla della ricerca di identità in un mondo incasinato, il processo di composizione si è presto trasformato in una guerra tra di noi, perché nel momento in cui abbiamo scoperto chi siamo davvero, questo ha spesso causato un conflitto con altri membri della band.
Trovare il linguaggio giusto per esprimere questa lotta è stato davvero difficile, così, quando credevamo di avere finalmente buttato giù il disco, abbiamo prenotato lo studio e presentato i brani al nostro produttore di sempre Jorge Mur. Lui si è dimostrato inorridito da ciò che ascoltava, lo ha trovato non interessante, noioso e senza valore. Poiché ci fidiamo ciecamente di lui, abbiamo cancellato la prenotazione dello studio e abbiamo riscritto tutto l’album. Cosa che ci ha preso un anno intero.
Ma non finisce qui. Quando finalmente abbiamo avuto il disco pronto (quasi come lo conosciamo ora), la nostra chitarrista Irene ha deciso di lasciare la band nel mezzo delle registrazioni, perlopiù a causa di liti interne. Questa è stata una cosa terribile, perché lei ha avuto una parte determinante nella scrittura del lavoro, ma ha anche cantato in cinque delle dieci canzoni. Questo ci ha portato ad un dilemma: o le tenevamo così come erano, sapendo che non avremmo potuto suonarle dal vivo, o avremmo dovuto riscrivere le voci delle cinque tracce all’ultimo momento, visto che il tempo in studio stava scadendo. Abbiamo deciso per la seconda via, ma abbiamo scoperto che due canzoni erano al di fuori della mia portata, per cui le abbiamo lasciate così come erano (“Flesh World” e “A Foe” hanno ancora la voce di Irene).
Esausti e spaventati lo abbiamo impacchettato, abbiamo masterizzato tutto e lo abbiamo spedito alla label, pensando che la parte peggiore fosse finita. Così, abbiamo stabilito una data d’uscita e abbiamo iniziato ad organizzare il tour. Cosa è successo dopo? Il COVID-19! Davvero un giro di giostra infernale. Avrete modo di apprezzarlo nella musica.
Meat Machine è stato preceduto da una campagna di lancio sui social network, a creare una sorta di trailer, con alcuni indizi e anticipazioni per il pubblico. Quindi mi viene da riflettere sulla vostra relazione con la vostra audience e i riscontri che ricevete. Vi piace interagire con chi vi segue?
Sì, lo amiamo ed è ciò a cui tutto si reduce alla fine della giornata. Con l’avvento dei social network la comunicazione tra band e pubblico è diventata più veloce e intima. Certo, i media e le riviste giocano ancora un ruolo importante nell’industria discografica, ma ora puoi scrivere alla tua band preferita e chiedere ciò che vuoi, quando vuoi.
Siamo il tipo di band che lo apprezza e siamo anche molto attivi in rete. Rispondiamo ai messaggi e ai commenti, facciamo molte interviste e gestiamo il nostro negozio online. Così si può ordinare direttamente da noi. Non sorprende che sia la stessa attitudine che teniamo dal vivo, ci troverete sempre al banchetto del merch, pronti per una chiacchierata. Crediamo di dovere molto ai nostri ascoltatori, ovverosia coloro che tengono la band viva con il loro supporto.
L’intera campagna era basata sui temi e sul concept del l’album, si direbbe che abbiate creato un tema portante o un “fil rouge” che unisce le canzoni. Se questa mia impressione è corretta, perché amate tanto questo tipo di approccio?
Si, questa era l’intenzione, sia Mantiis che A Year With No Summer erano dei veri e propri concept album, quindi singoli estratti possono essere difficilmente compresi senza il loro contesto. Con Meat Machine volevamo che i brani fossero più indipendenti, così da essere apprezzati anche singolarmente. Comunque, è vero che girano tutti attorno ad un tema comune e sono tutti ad esso connessi. In questo caso, però, il disco può essere ascoltato anche in modalità shuffle, cosa che non accadeva con Mantiis.
Crediamo ancora nel formato album e ci preoccupiamo molto di creare dei lavori complessi che giustifichino il fatto di dedicare loro cinquanta minuti della propria vita ad ascoltarli. Ci piace creare mondi in cui puoi perderti e una singola canzone è troppo corta per raggiungere questo risultato. Ci avviciniamo alla scrittura come se stessimo realizzando un film.
Il tema portante di Meat Machine è descritto come un viaggio in un mondo da incubo popolato da desideri proibiti, urgenze sessuali frustrate e dai regni oscuri delle fantasie inconsce. Anche Mantiis aveva molto a che fare con la sessualità e i rapporti sociali deviati. Cosa vi attrae così tanto di questi aspetti oscuri della nostra società?
Credo che sia perché siamo persone oscure. No, davvero, non ho una risposta per questa domanda. Sembra che abbiamo una fissazione per gli aspetti oscuri della vita, la fine delle cose, il violento e il grottesco. Forse il mio essere scorpione ha a che fare con tutto ciò. Per fortuna abbiamo anche un fantastico sense of humor, una passione per l’estetica e di recente anche un po’ di spazio per l’empatia e la speranza, mentre prima ce n’era solo per il nichilismo. Probabilmente è questo aspetto a rendere il mix interessante.
Parlando nello specifico di Meat Machine, comunque, abbiamo scoperto che c’è un pizzico di oscurità in ciascuno di noi e basta grattare appena la superficie per farla affiorare e scoprirla. Il processo per conoscere sé stessi non è privo di pericoli e comporta il combattere ombre e mostri. Ovviamente questo lo aveva già detto Freud un secolo fa, noi aggiungiamo solo i nostri due centesimi.
Parlando della musica, ho trovato Meat Machine un mix personale di differenti stili come il post-metal, lo sludge, l’elettronica persino, del rock e un retrogusto “ballabile” (fa la sua comparsa anche un autotune su “Womb Of Wire”). Si direbbe che non siate certo i tipi da restare attaccati ad una specifica scena o ad un singolo panorama: cosa colpisce le vostre orecchie di ascoltatori in questo periodo, cosa ha ispirato il disco, se qualcosa lo ha fatto?
Sì, siamo avidi consumatori di cultura, credo che le influenze principali del disco vadano ricercate guardando a nomi quali Ulver, Scott Walker, Death Grips e Daughters.
Dagli Ulver abbiamo imparato il coraggio di affacciarci su territori sconosciuti e di seguire la nostra curiosità, da Scott Walker il senso di terribile drammaticità e di come gli indovinelli siano il mezzo migliore per comunicare mistero, dai Death Grips il divertimento intrinseco alla violenza e l’attitudine “vale tutto”, infine – dai Daughters – il liberare l’energia negativa interiore e l’abilità di terrorizzare. Ovviamente c’è molto altro, ma credo che questo riassuma bene la questione.
Un altro aspetto importante è rappresentato dalle vocals, il contrasto tra parti aggressive e eteree, l’oscurità e la luce. Come vi siete avvicinati a questo aspetto e in che modo le avete utilizzate, le avete legate allo svolgimento della trama oppure alla musica?
I testi e la voce sono aspetti fondamentali per noi. Per quanto amiamo la musica come la forma di comunicazione definitiva (ci piacciono molto, come sai, le parti strumentali), non possiamo fare a meno del linguaggio umano. Crediamo che aiuti a far giungere il messaggio e che sia l’aspetto che alla fine intriga l’ascoltatore, perché la voce umana è un qualcosa cui è facile relazionarsi.
Quando scriviamo una canzone, per prima cosa decidiamo su quali emozioni insisteremo e quali idee entreranno in essa, Quando, poi, mettiamo mano alla penna, non pensiamo alla voce o alle parole come a qualcosa di complementare, ma ad una parte integrante del pezzo. Quindi, a volte viene prima un riff, o un verso, o una progressione di accordi, dipende dai casi. Mentre procediamo, spostiamo l’intenzione degli strumenti per veicolare le emozioni scelte e includiamo le vocals. Questo è il motivo per cui nei nostri brani hai un ampio spettro di estensioni vocali: i growl, i sussurri, gli ordini, i sospiri, gli ululati, le urla o come le vuoi chiamare. La voce umana è uno strumento molto versatile e interessante.
Anche la parte visiva ha un ruolo speciale nell’insieme, non mi riferisco solo al taglio cinematografico della vostra musica o al solo artwork, ma anche alla collaborazione con Jakov Burov per il video di “The Pump” e alla sezione merch del vostro Bandcamp. Tutto sembra parte di un disegno composto da musica, parole, visuals. Vi va di parlarci della relazione tra questi aspetti nella visione degli Obsidian Kingdom?
Mi fa davvero piacere tu lo percepisca in questo modo. Come dicevo, ci sforziamo per non scrivere semplici testi, ma per costruire mondi ed esperienze su misura, per ottenerlo utilizziamo ogni mezzo a nostra disposizione. I video, in questo senso, sono di grande aiuto, sia perché si tratta un formato molto popolare di questi tempi, sia perché le immagini in movimento rappresentano una forma espressiva molto potente, come in fondo le copertine, il merch, la grafica, i poster e quant’altro.
Come succede con tutto ciò che facciamo, anche nel campo dei video ci piace sperimentare con nuove forme, finora abbiamo realizzato video usuali, time-lapse e anche un mockumentary. “The Pump”, realizzato da Jakov, è il nostro primo esperimento con l’animazione, linguaggio che pensiamo si adatti perfettamente allo stile collage utilizzato per l’artwork. Il risultato è formidabile (e terrificante).
Questo è un periodo molto duro (anche) per i musicisti a causa della pandemia, avete già pensato ad un modo per sopperire alla mancanza di concerti (almeno per come eravamo abituati a fruirne)? Credete che il 2021 porterà con sé un ritorno alla normalità?
Be’, abbiamo pensato ad una soluzione temporanea per fare live in streaming e concerti online, ma non credo funzioni bene per noi. Meat Machine è un disco basato sul sudore, la saliva e la fisicità, e sarebbe davvero un peccato ridurlo ad un pugno di pixel. Comunque, speriamo di poter annunciare almeno qualche show a breve.
Non sappiamo ancora cosa succederà, ma sembra che ci sia una scintilla di Speranza all’orizzonte, i teatri cominciano a riaprire (anche se con misure poco confortevoli) e i test clinici si eseguono a tamburo battente, per cui ci auguriamo che i locali possano riaprire anche se con il distanziamento sociale, e così anche le discoteche e i festival. Speriamo davvero che i concerti tornino nel 2021, anche se con regole differenti. Dobbiamo cavalcare la tigre.
Grazie mille per il vostro tempo e le risposte, a voi le conclusioni…
Grazie per questa interessante intervista e grazie ai lettori di The New Noise per averci prestato attenzione ancora una volta. Se vi sentite incuriositi, ascoltate il nostro disco Meat Machine, vi garantiamo un bel giro!