Obscene Extreme 2015
Repubblica Ceca, Trutnov, Battlefield. 8-9-10-11/7/2015.
L’anno scorso lasciavo l’Obscene Extreme con la consapevolezza che, seppur nettamente cambiato quanto a generi proposti, il festival ceco fosse rimasto uno degli eventi imperdibili dell’estate in Europa. Giunto alla diciassettesima edizione, il Festival è arrivato a un livello tale da non poter essere ignorato dal pubblico estremo di tutto il mondo, sia questo legato al grind, al crust, al metal, all’hardcore e chi più ne ha, più ne metta. Se una volta era considerato solo un minuscolo evento in uno Stato che, per i turisti, inizia e finisce a Praga, ora è un palco sempre più importante sul quale tutti vorrebbero suonare, sebbene sia rimasto lo stesso delle edizioni precedenti (il che non è da poco, visti i nomi sempre più grossi che una volta mai avremmo pensato di leggere sulla scaletta).
La “situazione” è e rimane unica: una struttura – che ricorda un anfiteatro greco – immersa nella natura, con gli alberi a fare da cornice, birra a fiumi, gente devastata nel vivere ma sempre allegra e tanto stagediving. Tutto grazie a un’organizzazione che rimane impeccabile. Dal punto di vista musicale, ancora una volta la componente metal si fa sentire e quest’anno, dopo un’edizione del 2014 perfetta dal punto di vista meteorologico, è tornato a farsi sentire il clima sempre variabile, tipico di queste zone, dove non basta una nuvola per scatenare un temporale, ma neanche un sole che spacca le pietre per stare tranquilli del tutto. Andiamo a vedere nei dettagli come si è svolto il festival.
Giorno 1: Noisecore Fest
Da due anni a questa parte, l’Obscene Extreme dura in totale cinque giorni: il primo a tema, con soli tre gruppi, i seguenti tre con più di 60 band e un ultimo afterparty (con gente che ha già suonato) per chi non si è ancora stancato e vuole continuare a bere tutto il tempo. Nell’edizione 2015 la giornata iniziale (con mio sommo piacere) è dedicata al noisecore, il genere più estremo tra tutti i derivati del grind. Per la prima volta in sei O.E.F., uno dei motivi principali per i quali sono venuto a Trutnov è proprio questa serata, durante la quale appaiono alcuni nomi che mai mi sarei aspettato di poter vedere live. Ad aprire le danze ci sono i Sedem Minùt Strachu, gruppo slovacco che, come avete intuito, si esibisce per “soli” sette minuti. Le virgolette sono d’obbligo, perché chi ama il rumore più assordante e iconoclasta sa come questa sia la durata perfetta per un concerto del genere. Tecnicamente i Sedem Minùt Strachu sarebbero un trio, ma sul palco ci sono almeno quattro persone, incluso un cantante che “smanetta” con i pedali per fare più casino possibile. Tutti incappucciati come la grande tradizione vuole, hanno una resa dal vivo incredibile. D’altronde, da un gruppo che si definisce “onion terrorist commando”, è lecito aspettarsi uno show degno di questo nome.
A seguire ci sono delle autentiche leggende del noise, i canadesi Deche-Charge. Attivi dal lontano 1990, sono tra i pionieri di questo stile, un gruppo che ho amato e ascoltato per anni, oltre ad aver loro coprodotto lo split 7” con i connazionali Disleksick. Nati come trio, sono ora in quattro, ma è assente Dan-Charge, uno dei membri fondatori: la line up è composta da Chain Saw, Fred End (chitarrista anche dei Mesrine), Frank Goshit e alle percussioni c’è lo stesso batterista dei Sedem Minùt Strachu. In teoria erano programmati per le nove e mezzo di sera, ma avendo un attitudine veramente noise non potevano fare un soundcheck né rispettare orari di qualunque tipo. Verso le nove e venti Fred End attacca il riff di “Milk” dei S.O.D. e poi partono dieci minuti di puro noisecore. Se l’anno scorso i Final Exit ci avevano dimostrato come distruggere la musica, i Deche-Charge portano questo discorso ai livelli più estremi. Anche loro rigorosamente col passamontagna, sono veramente incredibili. Il concerto finisce con una chitarra spaccata, cosa chiedere di più?
A chiudere quest’incursione nell’antimusica ci sono i 7 Minutes Of Nausea, forse i più popolari a fare questo genere, uno dei pesi massimi dell’estremismo sonoro, orgogliosamente in giro dal 1985: inizialmente formati in Australia, ora sono attivi in Germania, con al basso Mathias Weigand della storica etichetta Ecocentric Records. Il loro set è il più lungo (arriva addirittura a 45 minuti) e non credo di essere l’unico che credeva che in corso d’opera l’avrebbero ridotto. Invece ci hanno regalato questi tre quarti d’ora di noise, intitolando una serie di pezzi (di uno-due secondi di durata) come ogni anno successivo alla loro formazione. A differenza di chi li ha preceduti oggi sul palco, oltre ai microbrani tipici del genere, ne suonano anche altri più lenti ed elaborati, inclusa un’improbabile cover di “Back In Black”, che ovviamente viene stravolta alla radice. In questi episodi più complessi i 7 Minutes Of Nausea non sono poi così convincenti, ma il resto è da 10 e lode. Chi ha considerato questa giornata come secondaria – venendo direttamente il giorno successivo – non sa cosa si è perso e forse non lo saprà mai.
Giorno 2: giovedì 9 luglio
Come di consueto, nella seconda giornata del festival i gruppi iniziano a suonare verso l’una. I primi a salire sul palco sono gli Untamed, una band grind francese abbastanza anonima, ma nemmeno tanto malvagia. Hanno una buona presa live e il pubblico reagisce in maniera positiva. Nel complesso mi sembrano un gruppo senza infamia e senza lode, di quelli che scorrono senza problemi. I successivi Undying Lust For Cadaver Molestation (anche noti come UxLxCxM) e Foetal Juice non mi lasciano davvero nulla, mentre cresce la curiosità verso i Teething: il quartetto spagnolo si sta lentamente conquistando i consensi di diversi appassionati del genere e, visto il paese di provenienza (con una tradizione grind più che rispettabile), non posso che rimanere a osservarli col maggiore interesse possibile. Con una vena hardcore marcata, il loro grindcore conquista un Battlefield ancora non così pieno, ma già voglioso di estremismi sonori di vario genere. È sempre un piacere scoprire nuove promesse su cui puntare in futuro, e in questo l’Obscene Extreme è noto per riservare sempre piacevoli sorprese!
Non rimango dello stesso parere sugli UxDxS, nuova band danese che, almeno su disco, sembra riportare il goregrind alla vecchia formula veloce e lontana da influssi porn/groovy. Se il loro Too Fast For Love rimane un lavoro più che convincente, dal vivo non mietono altrettante vittime né fanno chissà quanti prigionieri. Per il momento il giudizio rimane sospeso, con l’idea che possano fare di meglio.
Non sembrano invece così male i Fredag Den 13:E, che sebbene facciano uno dei generi che più detesto (il neocrust svedese), sanno il fatto loro e ci regalano un live anche piacevole, molto apprezzato dal pubblico di Trutnov. Trovo invece pessimi i Teethgrinder, gruppo nato dalle ceneri dei Dr. Doom, che riescono ad annoiarmi incredibilmente per colpa dei loro modernismi eccessivi, che non fanno che renderli una formazione assai banale. Salto i successivi Korsfast e rimango invece a vedermi gli Hideous Divinity: nonostante il loro death metal un po’ troppo moderno non mi sia congeniale, sono curioso, un po’ perché sono miei concittadini e un po’ perché hanno in line up Enrico Schettino, il primo chitarrista degli Hour Of Penance. Anche se non mi lasciano nulla, questione di gusti personali, devo dire che se la cavano assai bene, ricevendo un ottimo feedback da parte del pubblico.
Mi risparmio i seguenti Lautsturmer e Nervosa, attendendo con ansia l’arrivo dei General Surgery. Gli anatomopatologi svedesi quest’anno arrivano per sostituire i Nausea, che hanno dato forfait all’ultimo minuto, regalandoci (solo) mezzora di grande goregrind. Il tempo a loro concesso è veramente poco e la scaletta è ridotta all’osso: grazie a un ottimo inizio come “Restrained Remains” e a momenti molto buoni come “Necrocriticism” e “Necrodecontamination”, questo è il primo live (Teething a parte) che ricorderò con grande piacere (anche se l’assenza di “Ambulance Chaser” si è fatta sentire). On stage i General Surgery sono sempre stati una certezza, per questo avrebbero meritato più spazio.
Seguono gli Hirax, dei quali avevo già parlato qui un po’ di tempo fa. Se allora riuscirono ad infiammare un Traffic con solo 60 presenze, riportano la stessa grinta e la stessa classe questa sera in una Trutnov infuocata. 45 minuti del miglior thrash metal in circolazione, con tanto di moshpit e stagediving continuo. I gruppi che riescono a dare il massimo sia davanti a un locale semivuoto, sia al cospetto di migliaia di persone, non possono che venire promossi a pieni voti. Katon rimane una certezza, simbolo di un metal che non c’è più e di un modo di porsi che tutti amano incondizionatamente. El Diablo Negro è una garanzia.
Seguono i Broken Hope, dei del brutal a stelle e strisce. È la prima volta che suonano qua e davanti a loro si raduna il pubblico delle migliori occasioni. Tutta quest’affluenza viene ripagata con una performance degna di nota, durante la quale il quintetto americano dà il meglio di sé. Ormai i gruppi che riescono a essere tanto tecnici quanto impetuosi e brutali sono sempre di meno, e loro portano avanti questa formula al meglio.
Cresce l’attesa per uno dei nomi di punta per questo Obscene Extreme, uno di quelli che si pensava fosse impossibile beccare dal vivo: i Terrorizer LA. Non credo che abbiano bisogno di alcuna presentazione, né vi devo stare a spiegare perché chi stesse leggendo queste righe e non sapesse di cosa stiamo parlando dovrebbe immediatamente cambiare sito. Davanti a una Trutnov incredula, iniziano a cannone con “After World Obliteration”, seguendo con “Storm Of Stress” e subito dopo con una “Fear Of Napalm” che lascia tutti senza fiato. Sul palco ogni volta ci sono minimo dieci-quindici persone a lanciarsi sulle prime file e, sotto di loro, regna un pogo che difficilmente ho visto in altre occasioni (per la crew controllare lo stegediving è stato un lavoro durissimo). Molti (come me, d’altronde) erano molto dubbiosi riguardo questa formazione: di membro originale c’è solo Oscar Garcia, cosa che continua a lasciare perplessi parecchi di noi. Però… come si può non commuoversi se ti viene proposto tutto World Downfall, dall’inizio alla fine, suonato in maniera impeccabile? Davanti a “Corporation Pull In”, “Ripped To Shreds”, “Strategic Warheads”, “World Downfall” e “Dead Shall Rise” il mio cuore non può che esplodere di gioia e le lacrime scorrono copiose. Tutti quelli che rimangono scettici sicuramente non hanno mai visto dal vivo una furia simile e, se capitasse loro l’occasione, si ricrederebbero all’istante. Promossi a pieni voti, non c’è nient’altro da aggiungere.
Discorso diverso per i Pig Destroyer, dei quali non mi sono mai spiegato né il successo né i pareri positivi di una certa critica (che a mio avviso di grindcore ne ha sempre capito poco o niente). Tornare dalla perfezione dei Terrorizer LA è difficile, e lo è ancora di più se è il turno di uno dei nomi più sopravvalutati di sempre, che però almeno ci dà una ragione per rimanere a guardare. Sul palco, infatti, Scott Hull e soci paiono aver qualcosa da dire, riuscendo a divertire i presenti. Io rimango della mia opinione: sono un gruppo pessimo e quando ripenso a quando, dieci anni fa, corsi a rivendere Prowler In The Yard il giorno dopo averlo comprato, rimango convinto di aver fatto la scelta migliore di sempre.
Ultimo gruppo in scaletta stasera sono gli Obituary, altri grandi che non hanno bisogno di alcuna presentazione. Come hanno dimostrato Asphyx nel 2012 e i Possessed l’anno scorso, il death metal all’O.E.F. fa sempre una bella figura, e anche stavolta è così. Con un inizio di fuoco con “Redneck Stomp” (una delle migliori strumentali di sempre), la loro setlist è molto equilibrata, poiché riprende molte canzoni del passato come “Infected”, “Intoxicated”, “’Til Death” e persino “Don’t Care” (che non suonano spesso), ma anche pezzi nuovi come “Violence”. A essere sincero li ho visti altre volte più in forma di stasera, ma da grande fan non posso che essere soddisfatto dal loro show. Inoltre, il finale con “Slowly We Rot” riesce sempre alla grande.
Finisce così questa giornata, tra lividi e un freddo che costringe i presenti a correre ai ripari.
Giorno 3: venerdì 10 luglio
La giornata di oggi si presenta molto interessante, ed un certo freschetto non ci fa rimpiangere i 40° che stanno sciogliendo il Belpaese.
Per questioni organizzative mi perdo i Mindful Of Pripyat e inizio coi Gets Worse. A mio avviso aver messo il gruppo inglese così presto in scaletta non è stata una grande idea, dato che nell’underground è ormai più che noto (visti i membri in comune coi The Afternoon Gentlemen). Il trio inaugura questa mattinata con una bella dose di powerviolence massiccio e roccioso, che colpisce subito i presenti. Lo avevo visto due anni fa a Londra e mi era sembrato un po’ statico, mentre ora non posso che notare un incredibile miglioramento. Sui Gets Worse stanno puntando tutti i fan del genere e il fatto che li abbiano recentemente confermati al prossimo Maryland Deathfest ci dà un motivo ulteriore per alzare la posta in gioco. Seguono gli olandesi Sick Of Stupidity, formati da un ex-membro dei Jesus Crost (il bassista), che oggi non è presente. Sono giovanissimi e non si lasciano spaventare dall’essere sprovvisti di basso, riuscendo nell’impresa di fare comunque un buon concerto. Il loro fastcore con sprazzi grind è un po’ derivativo, ma risulta tutto sommato convincente.
La mattinata prosegue in maniera tranquilla: i gruppi successivi li seguo poco, tra un giro alle distro e qualche birra bevuta qua e là. Seguo con un certo distacco gli Analkholic, band della Nuova Caledonia dedita a un pornogrind scialbo, scontato e del quale avremmo fatto a meno molto volentieri. Purtroppo queste sonorità qui hanno un grande seguito e non ci si può fare molto. Dopo di loro ci sono gli spagnoli Entropiah, da non confondersi con i nostrani Entropia (band in cui militava Schintu dei Cripple Bastards e altri di Cremona), con il loro grind abbastanza convincente ma non così degno di nota. Seguono gli Squirtophobic, altro nome molto caro ai fan delle sonorità lente e cadenzate: la band austriaca si è da poco sciolta e questa è una delle ultime performance live. Musicalmente li trovo pessimi, ma il delirio che scatenano sotto palco ci fa capire quanto siano amati dal pubblico. La mia perplessità è alle stelle ma non posso negare che riescano a divertire, quantomeno in questo contesto.
Rimango più incuriosito dai Fissure, band americana che quest’estate sta girando l’Europa assieme ai Gets Worse (l’anno scorso hanno fatto anche uno split insieme). Rispetto ai loro colleghi di tour vanno più veloce e hanno delle chitarre meno pesanti e più graffianti. Oltretutto, non hanno problemi di orario e davanti a loro c’è moltissima gente, essendo le quattro del pomeriggio. Sono uno di quei nomi che, per questioni geografiche, non riescono a suonare così spesso nel nostro continente e si fa sempre in modo di intercettarli quando capita l’occasione. Su disco non sono i migliori del powerviolence americano, ma live ci fanno capire perché hanno raccolto molti consensi un po’ ovunque. Non male anche i successivi Test, duo grind dal Brasile che, pur non facendomi impazzire, tutto sommato mi convincono e mi lasciano un’impressione positiva. Certo, i livelli dei loro connazionali (vedi i Rot) sono molto lontani, ma quantomeno sanno come divertire e come rendersi interessanti. Seguo con grande interesse i Putrid Offal, un nome storico del grind francese, che ricordiamo per il loro notevole split con gli Exulceration, del 1991, e per quello con gli Agathocles, uscito nello stesso anno. Rispetto ad allora il loro sound si è fatto di gran lunga più pulito e curato, ma la ferocia non è diminuita. Sono molto godibili e ci dimostrano che essere in giro da molto tempo spesso è un fattore più che positivo. Assisto a delle scene più che uniche, come quando sul palco arrivano delle bambine che lanciano coriandoli sulla folla.
Mi sorbisco poi due live pessimi, quelli di Feastem e Lividity, rimanendo molto curioso per i Rompeprop, dei quali non si può non parlare per diversi motivi. Esattamente come gli Squirtophobic, i pornogrinders olandesi si sono ormai sciolti, ma a differenza dei loro colleghi austriaci vantano una quantità incredibile di fan, tanto da essere uno dei nomi più richiesti e desiderati dal pubblico di Trutnov. Come ogni show del genere, ci sono tantissimi travestiti che danzano e ballano sopra e sotto il palco, ma in questo caso il delirio è alle stelle e non c’è un momento in cui la band si riesca a vedere bene per quanta gente è presente a far casino on stage, tanto è vero che tra una canzone e l’altra il cantante Dente è costretto ad alzare una mano per farsi vedere dalla sua audience. In questo momento non c’è un semplice concerto, ma un vero e proprio carnevale, un raduno di disagiati che si divertono, tra coriandoli, rotoli di carta igienica che volano e il sangue finto che viene schizzato dalla paletta del bassista. Come se non bastasse, viene sul palco Adde Mitroulis di Birdflesh e General Surgery per suonare con loro “Pelikanelul” alla batteria. Già nel 2010 avevo assistito al loro show sempre qui all’Obscene Extreme e le scene erano più o meno le stesse, ma questa volta sembra di stare a una vera e propria festa. Tra canzoni come “Embryoyo”, “Vaginal Luftwaffe” e la conclusiva “Dislocated Purple Stoma” non posso dire che un concerto del genere non sia degno di nota, sebbene i suoni siano pessimi. Con grande stupore, lo stesso discorso lo faccio per i Vital Remains, band americana su disco abbastanza piatta ma molto efficace sul palco: se in studio risultano essere un gruppo qualunque, dal vivo riescono a conquistare un pubblico ancora nel mood danzante dei loro predecessori. Avrebbero dovuto suonare qui nel 2000 ma cancellarono la loro esibizione all’ultimo momento, e si sente come quest’oggi siano qui per recuperare quello che non erano riusciti a dare quindici anni fa. Probabilmente questo non basterà a spingermi a comprare un loro disco, ma non posso negare la loro grande preparazione e la bella figura fatta oggi.
Grande è l’attesa per i nostri Bulldozer, per la prima volta in Repubblica Ceca. Le leggende del thrash metal tricolore vengono accolte in maniera incredibile, con tanto di cori ed un ottimo stagediving. La scaletta scelta è impeccabile ed è suonata con incredibile professionalità: canzoni come “We Are Italian”, “Minkions”, “Ride Hard Die Fast”, “Impotence”, “Ilona The Very Best”, “Mysoginists”, “The Great Deceiver”, “Fallen Angel”, “Cut Throat e la conclusiva “Whiskey Time” infiammano l’Obscene Extreme, dimostrando come anche dal nostro paese siano uscite band dall’indiscutibile valore. È veramente un grandissimo piacere non solo trovarli in forma, ma anche constatare come un vero e proprio colosso del metal italiano piaccia così tanto all’estero, alla faccia di chi negli anni Ottanta li aveva stroncati senza ritegno.
Ritornando al discorso “gruppi che mai ci saremmo sognati di vedere”, dopo un ottimo “aperitivo” thrash con i Bulldozer, si passa ai giganti del grindcore giapponese, i S.O.B.. A distanza di 25 anni (!) dalla precedente calata europea, oggi l’O.E.F. ha il piacere di ospitare un nome che ha persuaso molti (me compreso) a farsi migliaia di chilometri per essere questa sera al loro show. L’attesa e la curiosità a riguardo sono ripagate con un concerto impeccabile, meraviglioso, suonato come mai nessuno avrebbe pensato. La formazione – a parte il cantante Tottsuan, che è morto – è quella originale, e per essere una band che ormai non suona così tanto spesso dal vivo, la resa è incredibile. La gente è più che in delirio, il mosh e lo stagediving sono a livelli incontrollabili e la scaletta è di quelle da ricordare negli anni che verranno, con picchi su “Raging In Hell”, “Meddlesome Heart”, “Mind Empty Of Happiness”, “Heads Or Tails” e la conclusiva “Let’s Go Beach”. Se ieri sera i Terrorizer LA ci hanno dimostrato come si suona grindcore alla perfezione, i Sabotage Organized Barbarian sono riusciti a fare ancora meglio. La forma è allucinante, la classe è infinita e la grinta è senza precedenti. Credo di aver visto forse quattro o cinque show di questo livello nella musica estrema e il loro merita di essere inserito tra i venti concerti da ricordare.
Rallentiamo un po’ le sonorità ed è subito il turno di Schirenc Plays Pungent Stench, ossia Martin “El Cochino” Schirenc che suona i pezzi del suo celebre ex-gruppo. Ero di gran lunga dubbioso rispetto a quest’operazione, apprezzando nello stesso tempo la voglia di non fare una reunion con una line-up improvvisata (al basso però c’è Danny Vacuum, che qualcuno ricorderà per Necrony e Genocide SS). Devo dire che il suo è stato uno dei migliori concerti di quest’edizione, con una scaletta basata di soli pezzi vecchi, presi dai primi due dischi e persino dal 7” Extreme Deformity: canzoni come “For God Your Soul, For Me Your Flesh”, “Hypnos”, “Shrunken And Mummified Bitch”, “Happy Re-Birthday” e la conclusiva “Viva La Muerte” conquistano il pubblico questa sera, lasciandoci tutti veramente soddisfatti.
Come ho già anticipato, l’unica vera pecca di quest’anno è un freddo inaspettato, a dir poco glaciale, che raggiunge questa notte l’impensabile temperatura di 5°. Sul sito del festival era apparsa una news che ci avvisava di probabili piogge durante queste quattro giornate, il che, visto il clima ceco, non era poi così imprevedibile, ma non era ancora capitato credo a nessuno di doversi trovare in difficoltà nello seguire i gruppi a causa del freddo. Durante i successivi Centinex, Satanic Malfunctions, Incarceration e BBYB gli spettatori sono pochissimi e la maggior parte della gente è a ripararsi sotto il tendone delle birre.
Giorno 4: sabato 11 luglio
S’inizia la mattinata con un po’ di pigrizia e un leggero freschetto, eco delle temperature bassissime di ieri sera. Comincio a vedere i gruppi un po’ più tardi del previsto e la prima band che seguo sono i miei concittadini Dilution. Questa formazione è per ¾ romana e per ¼ americana, perché unisce membri di xKatexMoshx, Neid, Disforia e Sick/Tired, un progetto nato quasi per scherzo l’anno scorso per durare un solo concerto (al Bencivenga Squat nella Capitale) e un 7” (omonimo, uscito di recente). C’è stata in seguito l’occasione di farli suonare al GO!FEST dello scorso anno e ora li ritrovo all’Obscene Extreme. Ironia della sorte: nessuna delle band di provenienza ha mai suonato qua ed è la prima volta per tutti e quattro su questo palco. Il loro concerto è come il loro disco, molto corto ma assai convincente: questo vuole la migliore tradizione fastcore, bisogna portare alta la bandiera del “short, fast & loud”. Sedici minuti di ottimo thrashcore/grind imbevuto di influenze giapponesi convince appieno i presenti, per una volta sotto un sole quasi cocente (il che, dopo tre giorni di freddo, ci può anche stare). Dopo di loro ci sono gli Evisorax, trio math-grind proveniente dall’Inghilterra: al posto del cantante originale c’è Chris Reese dei Corrupt Moral Altar, band che l’anno scorso suonò qui a Trutnov immediatamente dopo i Doom. Non sono mai stato un grande fan di queste sonorità e a dirla tutta mi è molto difficile capire se un gruppo sia meglio o peggio di un altro nel genere, ma devo dire che almeno quanto a presenza scenica i tre inglesi ci stanno eccome. Si prosegue con un altro nome italiano, gli abruzzesi Rabid Dogs: anche loro in tre, ci regalano una mezzoretta di grindcore con tematiche spesso collegate a film d’azione/poliziotteschi. È la prima volta che mettono piede su questo palco, ma qui in Repubblica Ceca hanno suonato molte volte e vantano un seguito non indifferente. Adottando la formula “alla Spazz” per quello che riguarda le voci (cantano tutti, ognuno con una tonalità diversa), vanno forte sull’acceleratore ma si concedono anche delle divagazioni stoner, in pieno stile desert sound. La presenza on stage è ottima e ci conferma come il trio abbia già da diverso tempo capito come si gestisce un live.
Seguono i deathster Lifeless – un quartetto tedesco che è riuscito a colpirmi positivamente – con il loro death metal vecchia scuola di matrice europea (Grave ed Entombed su tutti, questi ultimi anche a fine concerto con il finale di Left Hand Path). Non posso dire lo stesso degli Urtikaria Anal, ennesima band porn grind con la drum machine, che avendo ben poca inventiva si rifà su suoni pessimi e sui soliti luoghi comuni del genere (maschere sadomaso e via dicendo). Sono invece molto incuriosito dai Cloud Rat, band che gradisco a fasi alterne (come spiegato nella mia recensione del loro ultimo disco). Il loro sound è molto particolare e si è saputo distinguere da quello di migliaia di formazioni provenienti dal loro Paese (gli Stati Uniti), ma non sempre riesce a brillare di luce propria. Dal vivo invece sanno molto il fatto loro, dimostrando di saper sfruttare al meglio ogni componente della loro proposta musicale con carattere e personalità. Possiamo dire lo stesso dei successivi Lahar, band locale con tra le fila Jindřich Zíka, voce dei Gride (una delle migliori realtà powerviolence europee). Il loro è un thrashcore con testi in lingua madre, che proprio per questo si riesce a differenziare da quello di tutte le altre band, che preferiscono cantare in inglese.
Nel frattempo, però, qualcosa da qualche altra parte sta succedendo: per la prima volta nella storia dell’Obscene Extreme viene montato un impianto vicino alle tende per far suonare due gruppi in maniera ultra rudimentale: un amplificatore piccolo, batteria non microfonata e chitarra acustica con un pick up per renderla distorta. Tocca prima ai Test e in seguito ai Deche-Charge, che ci regalano una performance più lunga e ancora più noise, arricchita dal contributo di alcuni avventori che sostituiscono per qualche pezzo i membri del gruppo canadese alla voce e al basso. Questo “imprevisto” mi fa perdere gran parte dello show dei Maruta, che riesco a vedere solo di sfuggita. Subito dopo ci sono i Jasad, band brutal da Singapore molto interessante e anche convincente, e i pessimi Martyrdöd. Mesi fa avevo stroncato duramente il loro ultimo disco, Eldopp, e in sede live non posso che confermare quanto scritto in quell’occasione: il neocrust è uno dei più grandi mali del mondo moderno, e va distrutto quanto prima. Altro gruppo che mi lascia un po’ dubbioso sono gli Inhumate, che hanno suonato già diverse volte qui sul palco dell’Obscene Extreme. Dal punto di vista della performance sono molto buoni e grazie a un frontman scatenato (si dà in fronte il microfono, emette versi molto strani, che vanno oltre il normale screaming) riescono a divertire una grande quantità di persone. Musicalmente però rimangono poco più che mediocri. I successivi Hemdale, per fortuna, sono di gran lunga meglio dei due gruppi che li precedono: pur con un solo membro fondatore, la loro reunion è più che convincente. A chi non li conosce, consiglio di procurarsi lo split con gli Exhumed.
Cresce l’attesa per i Thanatos, un nome storico del metal estremo olandese, tra le prime band a suonare death metal nel paese dei mulini e dei tulipani. Pur non essendo i migliori di questo festival, il loro set è molto ben riuscito, con una scaletta che riprende diversi pezzi dai primi due dischi, Emerging From The Netherworlds e Realm Of Ecstasy.
Ancora maggiore è la curiosità per gli Unholy Grave, uno dei colossi del grindcore giapponese, che, come i S.O.B non suona quasi mai fuori dal proprio Paese. Con una vena d-beat molto evidente, lo show è incredibile: i suoni non sono proprio eccezionali, ma è così che vuole la migliore tradizione mincecore. La gente è veramente in delirio, sia per l’ottima resa del gruppo, sia per l’unicità dell’evento: quasi tutti qui abbiamo aspettato anni nella speranza che la band nipponica venisse a fare qualche data in Europa, e ora che il sogno si è avverato… Il palco è costantemente sovraffollato dagli stagedivers, che si lanciano come se non ci fosse un domani. È questo il grind che Trutnov vuole e che finalmente è riuscita ad ottenere.
È difficile provare interesse per altri concerti dopo il loro, ma a farlo tornare ci sono i Protector: la band tedesca ha, come unico membro originale, il cantante Martin Missy (tutti gli altri sono subentrati nella reunion del 2011). Inizio a non avere più le forze, ma loro mi rianimano a suon di thrash, con una scaletta che comprende grandi pezzi come “A Shredding Of Skin” e “Golem”.
Ho delle aspettative molto basse riguardo ai seguenti Blood, che nel 2012 mi delusero non poco. Questa volta, con una scaletta incentrata unicamente sul loro album Impulse To Destroy, devo dire che spaccano davvero. Il sound, un po’ grind e un po’ death, riesce a far riprendere molte persone ancora stordite dagli Unholy Grave. Il freddo e la stanchezza però iniziano a regnare sovrani, e per questo motivo l’ultimo gruppo che mi guardo sono i My Minds Mine, grandiosa band olandese fastcore/grind che mi regala una giusta conclusione di questo festival.
Titoli di coda
Anche quest’anno, come gli ultimi due-tre, è inevitabile registrare la costante “metallizzazione” del festival, che punta sempre di più a coinvolgere i “grossi” di ambito metal. A questo giro però Curby si è giocato tutto, chiamando a suonare band che forse nessuno in Europa aveva ancora visto (Terrorizer LA, S.O.B e Unholy Grave) e che hanno motivato moltissima gente a tornare a Trutnov o a venirci per la prima volta. La grande pecca di quest’anno purtroppo è stato un gelo inaspettato, che durante le ore notturne era particolarmente fastidioso: si può pure detestare il caldo e soffrire con i nostri 30°-40° all’ombra, ma delle temperature così basse, in estate, non piacciono nessuno. L’atmosfera, però, per fortuna di tutti, è rimasta intatta: l’Obscene Extreme è sempre il festival in cui tutti sono iper-presi-bene e in cui ci si sente sempre parte di qualcosa, di una realtà collettiva che porta tutti a riunirsi in quest’occasione. Inizio anche a cambiare opinione su questo fatto che c’è sempre meno grindcore, perché i gruppi più grandi del genere qui hanno già suonato molte volte, e poi l’Obscene Extreme, pur metallizzandosi, non si stacca comunque dalla sua matrice di origine, cosa che è più che evidente sia osservando il pubblico, sia le distro scelte.
I gruppi migliori sono stati S.O.B., Terrorizer LA, Unholy Grave, Bulldozer, Schirenc Plays Pungent Stench, 7 Minutes of Nausea, Deche-Charge e Sedem Minùt Strachu. Hanno decisamente vinto il noisecore e i gruppi giapponesi, a confermare come le band dal Sol Levante siano sempre una garanzia.
Ci vediamo al prossimo giro, perché tanto prima o poi a Trutnov ci si torna sempre.
Foto dei live di Daniele Zennaro, eccettuata quella degli Unholy Grave, presa dalla loro pagina su Facebook.