OBJEKT, Flatland
TJ Hertz si è mosso per anni sopra e sotto il banco della techno europea, sfornando ep degni di nota per etichette del calibro di Young Turks e Leisure System (tra cui uno split amabile coi Dopplereffekt). Finalmente abbiamo l’esordio con un lp per la berlinese PAN.
Flatland è uno di quegli album che potrebbe essere recensito con un unico pensiero, frutto di una logica lampante e cristallina: chi, se non uno che è ingegnere alla Native Instruments, può conoscere le infinite e meravigliose possibilità che uno strumento nasconde dentro i propri meccanismi? Objekt ha smontato l’involucro in plastica ed è andato alla ricerca di tutte le combinazioni sonore possibili, ha radunato ai suoi piedi le miriadi di termini propri dell’elettronica e li ha rimescolati dentro un nuovo vocabolario formato 12’’. La musica si muove in più di tre dimensioni e i passaggi da una stazione all’altra sono repentini: qualità svelata in apertura con un salto di anni luce tra gli accenni di slow motion dell’intro “Agnes Revenge” e le sequenze acid che interrompono le funzioni cerebrali in “One Fell Swoop”. Si torna per poco tempo sul pianeta Terra con “Ratched” e “Strays”, pezzi uniformi da dancefloor, con un leggero layer minimal synth interposto, che tuttavia non perdono nulla della freschezza creativa di brani d’ascolto per i quali parlare di libertà compositiva risulta quasi riduttivo. L’atmosfera alienante riprende con “Agnes Apparatus”: suoni meccanici, ripetitivi, nebulosi, che proseguono amplificati in “Dogma” e costruiscono una stratificazione di impulsi liquidi e voci computerizzate dal nulla in “First Witness”. “Interlude (Whodunnit?)” è una caramella per chi ha bisogno di intermezzi puliti ed efficienti in apertura alle ultime tracce che fanno decollare un lavoro di un paio d’anni in posizioni di tutto rispetto. La cinematica conturbante e progressiva di “Second Witness” fa posto al soffuso beat rassicurante di “One Stitch Follows Another”, lacerato a intervalli da rumori molesti che viaggiano molto bassi in cielo. I frammenti di “Cataracts” sono già sparsi nello spazio, bisogna afferrare questa ultima cometa sfuggente per capire appieno come Hertz abbia scomposto e ricomposto la sintassi dell’elettronica, mescolando leggerezza infantile e tecnica disciplinata, analitica e matura.
Il risultato spazza via ogni dubbio sul producer adottato da Berlino, anche e soprattutto accostato a una label audace come la PAN.
Tracklist
01. Agnes Revenge
02. One Fell Swoop
03. Ratchet
04. Strays
05. Agnes Apparatus
06. Dogma
07. First Witness
08. Interlude (Whodunnit?)
09. Second Witness
10. One Stitch Follows Another
11. Cataracts