OBAKE, Eraldo Bernocchi

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A ogni nuova mutazione della creatura Obake corrisponde la nostra voglia di approfondire e scavare nel ventre della bestia, naturale che anche all’uscita dell’album Draugr seguisse  un confronto con la band, rappresentata in questa occasione dal chitarrista Eraldo Bernocchi, da sempre nel nostro radar e ancora una volta disponibile a raccontarci come sono andate le cose.

Nuovo album, Jacopo stabile in formazione, anche in studio, e un suono che tiene fede alla natura mutante degli Obake. Ci eravamo sentiti durante le registrazioni e oggi finalmente possiamo gustarci il risultato finale. Soddisfatti? Che sensazione provate a confrontarvi coll frutto dei vostri sforzi creativi?

Eraldo Bernocchi: Sì, lo siamo. Questo ci sembra l’album più completo che abbiamo fatto fino a oggi, il più articolato, quello che rappresenta meglio questa formazione. Non è facile rapportarsi a un disco una volta che è fuori, almeno per me. Lo vedo come già passato; lo so, è da maniaco, ma per me una volta che un album è uscito è un capitolo chiuso. Non fosse per i tour difficilmente riascolterei il lavoro fatto. Non riesco a fermarmi… comunque ci piace molto.

Il termine Draugr definisce una creatura non morta, un essere in grado di ritornare dall’Aldilà. Cosa ha ispirato il titolo del nuovo album e che legame ha, se ne ha uno, con il vostro nome Obake?

Il legame è semplice, abbiamo spostato da Oriente a Occidente il concetto di essere che si trasforma assumendo la forma di ciò che gli è utile. I draugr sono entità presenti in tutta la mitologia/tradizione nordica. La declinazione usata da noi è norvegese, ma parole molto simili li definiscono in altre lingue scandinave. Si tratta di esseri che letteralmente “tornano a camminare” e si trasformano in qualunque cosa. La versione nordica del termine Obake. Un piccolo omaggio al Continente dal quale proveniamo.

A questo punto, diventa impossibile non chiedervi come l’artwork si leghi a tutto questo e che correlazione esista tra la creatura raffigurata e il Draugr.

È una foto che ha scattato Petulia Mattioli in Thailandia. Era una vetrina di un negozio, nessun trattamento in post-produzione, la foto è così. I riflessi di luce, che sembrano lame, il coniglio sinistro, lo sfondo. Semplicemente perfetta per quest’album. Draugr è un insieme di elementi in mutazione costante: riff pesanti, canto dolce, growl, grooves veloci e inerenti, malinconia  e rabbia… ci sono così tante cose che alla fine una figura del genere, forte, chiara e al tempo stesso sfuggente rappresenta molto bene il contenuto dell’album. Almeno così credo.

Sembra evidente che con Draugr abbiate voluto spostare ancora il livello del tutto, da una parte infatti troviamo la consueta cura nei singoli dettagli e la voglia di giocare con ingredienti/linguaggi differenti, dall’altro sembra esserci un avvicinamento alla forma canzone o, comunque, una maggiore attenzione alla resa finale dei brani. Concordate con questa analisi?

Sì. Siamo sempre noi ma più completi. Ora i brani hanno una struttura vera e propria. Nessuno l’ha cercata o voluta, è uscita così in studio. Non ci sediamo a tavolino pensando a ciò che vorremo che fosse l’album, non l’abbiamo mai fatto, io poi… Semplicemente i pezzi hanno preso questa forma e ci è piaciuta. Ci sono addirittura un paio di brani che per me sono quasi pop tanto il chorus ha un insieme melodia-armonia che ti rimane in mente.

C’è di sicuro un giocare sui contrasti, con il contemporaneo indurimento delle parti “cattive” e lo spingersi oltre anche sul versante opposto, anche grazie all’incredibile prova di Lorenzo alla voce. È qualcosa di voluto o il semplice risultato del vostro approccio open-minded?

Come dicevo prima, è solo il nostro approccio. Obake fa ciò che vuole, senza imposizioni di sorta. Magari il prossimo album sarà ambient o una muraglia di feedback, chi può saperlo. Lorenzo è in grado di cantare e inventare qualsiasi cosa. Raramente ho avuto a che fare con voci così incredibili, mi viene in mente solo con quella di Raiz. Spesso durante le registrazioni ci capitava di seguire una direzione all’interno di un brano e lui se ne usciva con una linea vocale che ci costringeva a cambiare rotta, e lo dico in maniera positiva, erano sterzate fondamentali.
Alla fine Obake è una band di camaleonti, se pensi a Jacopo o a Colin… anche loro navigano di genere in genere, di atmosfera in atmosfera. L’importante, almeno per me, è che la musica che facciamo abbia una componente emotiva molto forte, che mi prenda allo stomaco.

Certamente, Draugr rappresenterà un bel dilemma per chi ancora si ostina a voler incasellare ogni disco in una qualche nicchia. Credete esista oggi una propensione più aperta all’ascolto rispetto alla vecchia idea di muoversi all’interno di un genere ben specifico? Possiamo, insomma, affermare che oggi l’ascoltatore, almeno quello più attento, sia più predisposto all’eresia rispetto al passato?

Forse sì. Il problema più grosso è la stampa che ha la necessità (ovvia e comprensibile) di incasellare un disco per renderlo fruibile o comunicarne l’esistenza a un certo pubblico.
L’eresia è l’unica forma possibile oggi nella creatività, dove tutto è stato già detto e fatto.
Non serve più distruggere, serve essere eretici, riutilizzare i canoni del passato per inventare nuove forme espressive. In musica e nell’immagine questo processo è quasi alchemico e forse si sta formando un pubblico che lo percepisce. Nell’antichità l’eretico era colui che analizzava, sceglieva tra più opzioni, per questo era osteggiato e messo al rogo. Ci piace l’idea di usare ogni opzione che in un determinato momento ci sembra interessante.

Parliamo un attimo dei testi, se non erro questa volta avete fatto un lavoro particolare su questo aspetto e sono il frutto di una sinergia che vede coinvolti più membri del gruppo, vi va di raccontarci qualcosa in proposito?

Si tratta di un lavoro a sei mani: Lorenzo, Colin e il sottoscritto. Ognuno ha portato qualcosa, ha scritto due o più brani. Sono quasi tutti storie, autentiche o inventate non importa. Alcuni sono vere e proprie ossessioni finalmente messe nero su bianco, altri visioni, altri ancora ricordi di momenti. Sono come dei cortometraggi trasposti in un mondo sonoro.

Avete già stabilito come muovervi per portare dal vivo il disco? C’è qualche data già programmata?

Stiamo valutando delle agenzie con cui collaborare per le date. Si tratterà comunque di primavera. In studio cerchiamo di registrare tenendo conto dell’aspetto live e quindi di usare meno elementi esterni che possiamo, in modo che sia tutto riproducibile sul palco.
È un modo per porci dei limiti che funziona anche a livello di arrangiamento.

Una curiosità, una volta uscito un disco vi concedete un po’ di tempo per assaporarlo e osservare come si muove nel mondo o siete già proiettati verso nuove idee per il prossimo passo?

Entrambe le cose. In questo preciso momento ognuno di noi sta lavorando ad altro, e non è un male staccare da Obake e riprenderlo in mano per provare la tournée. Personalmente sono già mesi nel futuro, Lorenzo anche, Colin in tour, Jacopo pure… insomma nessuno che stia mai fermo!

Al solito, grazie mille per il vostro tempo, a voi l’ultima parola…

Speriamo di vedervi numerosi ai concerti.