NOVELLINO / ROSI / MAZUREK / BARNES, Objects In Mirror Are Closer Than They Appear
Ha molto a che vedere con abbandono e persistenza memoriale, e con le rispettive poetiche di riferimento, questo nuovo lavoro di Attilio Novellino, ascrivibile però ad un vero e proprio quartetto, per quanto eterogeneo. Ad accompagnare il nostro l’ormai fisso sodale Saverio Rosi, con cui condivide l’esperienza Sentimental Machines, e due personaggi che apparentemente poco hanno a che fare col mondo del soundscaping e dell’elettronica, ma molto con quello della sperimentazione e della improvvisazione, come Rob Mazurek (qui alla cornetta) e Tim Barnes (a percussioni e oggetti).
Tutto parte dal recupero che Novellino e Rosi hanno escogitato coi suoni delle macchine del Lanificio Leo di Soveria Mannelli (Catanzaro), fondato nel 1873 e, come da press, “la più antica fabbrica tessile attiva in Calabria” e “uno dei casi più significativi di azienda-museo presenti nella penisola”. I suoni dei macchinari industriali dell’ormai museo, campionati e processati, prima di essere ricomposti, costituiscono l’ossatura dell’album su cui gli interventi dei due “ospiti” – virgolettati, poiché totalmente inseriti all’interno del flusso, quasi si trattasse di un vero e proprio quartetto affiatato e non di collaborazione a distanza – e il prezioso lavoro compiuto dai due sound artist calabresi con l’utilizzo di sintetizzatori modulari, organi, chitarre e bassi trattati fanno di Objects In Mirror Are Closer Than They Appear un disco estremamente poetico, in cui la collisione tra lo stridore meccanico e industriale ben si sposa con gli interventi lirici e visionari degli ospiti, pronti a elaborare fugaci astrazioni, fantasmatiche atmosfere, deliqui ossianici e contrappunti malinconici in un continuo incontro/scontro tra il freddo delle macchine e il calore umano della forza lavoro. Una presenza che sembra continuare ad aleggiare tra il clangore degli ingranaggi e che viene perfettamente resa da un interplay “oppositivo” che fa delle due lunghe suite (“Objects” e “Mirror”) che occupano le due facce del vinile una vivida testimonianza della persistenza memoriale dell’archeologia industriale nostrana meno nota, oltre che della bontà, anche concettuale, del lavoro di Novellino e Rosi.