NORTHLESS, Erik Stenglein
Scoperti grazie a No Quarter For The Damaged (2009), i Northless hanno saputo conquistarsi poco a poco il nostro interesse, vuoi per la scrittura densa di oscurità eppure mai chiusa in se stessa, vuoi per l’interessante utilizzo di aperture e linee melodiche in grado di donare al tutto un taglio personale e mai scontato. Con il nuovo World Keeps Sinking la formazione ha raggiunto il giusto equilibrio tra i vari ingredienti e ha portato a termine un’evoluzione già evidente nelle due ultime release, ovvero Valley Of Lead e l’ottimo split in compagnia dei Light Bearer, altra nostra vecchia conoscenza. Per questo abbiamo reputato fosse il momento giusto per scambiare quattro chiacchiere con Erik Stenglein, voce, chitarra e membro storico della band.
Ho incontrato per la prima volta i Northless nel 2009 – anno di uscita di No Quarter For The Damaged – e da quel momento ho continuato a seguire le vostre mosse. Credo sarebbe comunque interessante avere un quadro veloce delle cose più importanti accadute nella vostra storia. Chi fa parte della band oggi?
Erik Stenglein (chitarra/voce): Allora, Dan (il nostro batterista originale) era con noi su No Quarter For The Damaged, ma si è trasferito a Los Angeles nell’estate del 2009, il che mi ha fatto trovare davanti ad un bivio per quanto riguardava il futuro della band. Per fortuna sono riuscito a convincere Nick (chitarra) e John (batteria) a unirsi a me. Abbiamo avuto anche un altro John al basso per un po’ tra il 2009 e il 2010. Ha suonato con noi su Clandestine Abuse, il nostro secondo disco, per trasferirsi poi anche lui in California. A fine 2010, il nostro amico Jerry ha accettato di aiutarci per alcuni concerti e alla fine si è unito alla band, il che ha rappresentato un vero punto di svolta per il gruppo. Direi che lui ha avuto un impatto positivo sul nostro sound.
Questa è la nostra line up attuale, che va avanti da tre anni. Come ho già detto varie volte, se uno di loro decidesse di lasciare non continuerei i Northless con altre persone. In qualsiasi altra forma, sarebbe infatti semplicemente un qualcosa di inferiore a ciò che abbiamo ora.
Nel corso degli anni avete sviluppato uno stile personale, in cui ingredienti diversi confluiscono in quello che potrei definire come uno sludge-core dal taglio oscuro. Allo stesso tempo, riuscite ad evitare l’effetto patchwork, visto che il sound dei Northless mantiene sempre un suo tocco e un suo tratto caratteristici. La consideri un descrizione ficcante? Quali credi siano gli aspetti principali nel suono dei Northless?
Tu mi stai dicendo che abbiamo sviluppato una nostra versione dello sludge-metal e mi piacerebbe pensare che tu abbia ragione, d’altra parte, ad essere onesti non viviamo nel vuoto, per cui la vera originalità non esiste. È curioso vedere come la gente percepisca in maniera differente la nostra musica, ci hanno definiti degli imitatori degli High On Fire, o dei Mastodon, o che suoniamo come i Bloodlet o i Knut oppure gli Swans e mille altri nomi di artisti eccellenti. Alcuni hanno detto che siamo prog, mentre per altri siamo hardcore. Mi affascina vedere come la gente si basi su alcuni elementi del nostro suono per ricondurlo, generalizzando, a un archetipo. Comunque, prima di tutto, non pretendiamo assolutamente di essere la realtà più originale del lotto: mostrami una band che si focalizza sul o si vanta del concetto di originalità e io ti mostrerò un gruppo non sincero e che oltretutto fa anche schifo. Quello che voglio dire è che come ovvio abbiamo influenze che appaiono senza volere attraverso la nostra musica come ombre, proprio come ogni altra formazione. Questo vale per ogni tipo di musica, dipende tutto da come si manifesta e da come la si vuole vedere.
La conclusione è che non c’è falsità nella nostra musica. Ho sempre voluto scrivere brani come quelli dei Northless, ma ero limitato dalla visione degli altri musicisti con cui ho suonato in passato. Dal 2007 ho deciso di abbandonare il punto di vista altrui per focalizzarmi nel mio percorso personale e sono stato fortunato nel trovare persone che mi seguissero e mi aiutassero a far progredire il suono fino al punto in cui siamo ora. Tornando al concetto di falsità: qullo che ascolti è esattamente ciò che esce da me quando prendo in mano la chitarra. Non mi siedo dicendo “scriverò dei brani sludge metal”. Quando prendo in mano lo strumento quello che ne esce è esattamente ciò che senti nei Northless. Non riesco a suonare qualche brano famoso e conosciuto, né un riff che mi cambi la vita. Tutto il mio suonare la chitarra oggi si trasforma in un mezzo per creare brani dei Northless, che in realtà sono cose che già esistono a un altro livello di coscienza e che si manifestano attraverso ciò che facciamo io e i miei compagni. Purtroppo non so come esprimere al meglio questo concetto, quindi mi fermerò a questa affermazione. Credo che chi ha una propria visione capirà esattamente ciò che voglio esprimere.
Il punto centrale del nostro suono? Direi la pesantezza. Ci accordiamo verso il basso e usiamo una montagna di distorsione. Un’altra parte è composta dalle armonie di chitarra, specialmente negli accordi. Sia io che Nick amiamo i grandi accordi che risuonano e magari possono apparire un po’ fuori contesto. I maggiori di settima sono di sicuro i miei preferiti, per cui li uso molto. C’è anche parecchia atmosfera in quello che facciamo, ci piace suonare oscuri e opprimenti, ma credo anche che alla fine risultiamo involontariamente molto più melodici e accessibili di quanto pensiamo. Ancora una volta, questo è quello che esce dai nostri strumenti, per cui, se ci suona bene, andiamo avanti così.
Che mi dici della cover dei Jesus Lizard su Valley Of Lead? C’entra qualcosa il vostro background come musicisti e ascoltatori? Da dove venite musicalmente?
La cover è stata un’idea del nostro batterista John, anche se siamo tutti fan della band. Credo che quel brano in particolare sia molto oscuro e renda bene suonato nel nostro stile. Anche la mia percezione di ciò che significa rientra nei nostri paradigmi, quindi aveva un senso, oltre a piacerci molto. Non abbiamo mai fatto molte cover, ma questo sta per cambiare radicalmente…
I nostri background sono parecchio differenti, ma convergono tutti sulla musica pesante e progressiva. Amiamo tutti il math-rock anni Novanta, nomi come Faraquet, Polvo, Sweep The Leg Johnny… quindi, questa è un’influenza collettiva. Io ascolto molto hardcore, doom, death metal e un po’ di ambient e harsh noise. I gusti di John virano più verso il pop, mentre Nick è più portato verso suoni classici e neo-classici, di recente. Jerry, poi, ascolta molta musica progressive, molte cose dal taglio angolare e atonale, così come tonnellate di death metal. A volte combiniamo questi ascolti in quello che facciamo.
Avete realizzato uno split con i Light Bearer, come vi siete conosciuti e come è nata l’idea? Cosa ne pensate del loro concept e del loro immaginario?
Con i Light Bearer siamo compagni di label e sono stati loro a proporci lo split. Io sono un grande ammiratore dell’arte di Alex, così come della sua vecchia band Fall Of Efrafa (nonché, ovviamente, dei Light Bearer), così come lui ammira noi, quindi lo split sembrava una cosa logica da fare. La loro è un’esperienza molto più legata a un concept di quanto accada a noi, Alex è l’esempio perfetto di una persona con una visione forte, che ha lavorato duro per portare le sue idee alla realizzazione. Io mi identifico con molte delle cose che Alex fa, anche se il nostro split è molto più un’uscita insieme alla vecchia maniera che un concept condiviso. Inizialmente, avremmo voluto creare qualcosa che unisse i nostri canoni con i loro, ma sfortunatamente non siamo riusciti a trovare una soluzione che avesse senso per entrambe le parti. Credo, comunque, che ne sia venuto fuori un disco solido e in grado di dare un’ottima prospettiva di entrambe le band. Ne siamo davvero orgogliosi.
Parliamo di World Keeps Sinking, che mi dici dei testi? Credo abbiano un impatto emotivo alquanto forte. Davvero credi che la vita sia una guerra?
Grazie. I testi rappresentano sempre uno scoglio per me, poiché non voglio essere mai meno che onesto per quanto riguarda ciò che urlo. Molte band metal parlano di fantasy, della natura, di Satana o altre cose simili di cui non potrebbe fregarmi di meno. Il fatto è che io sono un bastardo miserabile, incazzato e imbottito di odio, mi serve ogni grammo della mia forza per impedirmi di strangolare le persone. Ci penso praticamente ogni secondo della mia esistenza. La gente tratta gli altri di merda in questo mondo, non c’è vera empatia, perché nel profondo siamo entità solitarie, e che da sole muoiono. Questo è almeno ciò che penso io. Ho una famiglia e amici che amo e di cui mi prendo cura, ovviamente, ma a parte questo, vedo solo gente che si ferisce a vicenda per farsi strada. Credo che questo sia il mondo e mi vergogno di farne parte. Non lo capisco, non mi piace, né ho mai chiesto di farne parte, almeno per quanto possa dire. Ma dobbiamo restarci, per cui ho lavorato duro per ottenere ciò che ho, ma ci sono milioni di persone là fuori che semplicemente non hanno nulla e muoiono soffrendo. Per quale motivo? Non credo nella religione o in un dio o in qualche altra di queste cazzate. Non so neanche perché siamo qui e, onestamente, non ci penso più neanche troppo perché nessuna persona vivente conosce la risposta. Faccio ciò che ritengo giusto, tratto gli altri come vorrei trattassero me. Il dolore è una cosa vera e voglio infliggere dolore a chi lo provoca a persone che non se lo meritano. Questa è ovviamente una grossolana semplificazione del mio pensiero, ma lo riassume bene. Voglio solo attraversare questa vita come chiunque altro.
Guardando alla vostra discografia, direi che siete stati in grado di evolvere e forgiare il vostro suono, così da raggiungere il vostro picco con World Keeps Sinking. Credi che lo spingere oltre i propri limiti e il raggiungere nuovi obbiettivi siano le ragioni che ti hanno fatto portare avanti la band per tutto questo tempo?
Questa è davvero una domanda interessante. Non saprei se spingere oltre i miei limiti possa rappresentare una motivazione per me. Credo, comunque, che il prossimo passo dovrebbe essere il progredire da un punto di vista tecnico e abbassare ancora di più le nostre chitarre (risata, ndr). No, non credo lo faremo. Mi sforzerò di sicuro dal punto di vista del songwriting, perché mi interessa scrivere buone canzoni orecchiabili con i tipici toni e le timbriche che amo ascoltare. In realtà, al momento, ho cominciato ad occuparmi davvero poco di nuova musica per i Northless, ma vedo il nostro materiale futuro come più espressivo, intricato, con linee di chitarra a seguire le vocals, ma anche più semplice dal punto di vista ritmico per riportare il suono verso casa. Inoltre, ultimamente, mi sono avvicinato molto ad un tipo di metal più astratto come Ulcerate, Portal, il nuovo Gorguts… e credo che questo non possa non avere in qualche modo ripercussioni su ciò che faremo in futuro.
Cosa mi dici della parte più rilassata che unisce “Communion” e “Passage”? Mi ha molto incuriosito il suo ruolo all’interno di un album così oscuro e mi piacerebbe sapere che tipo di sensazioni volevate convogliare…
Questi frangenti non sono così artificiosi come potrebbero sembrare, ma hanno a che vedere con un passaggio del disco decisamente duro su cui non voglio andare troppo a fondo. Non voglio condizionare nessuno con un’interpretazione troppo precisa dei testi, voglio che ciascuno legga e si faccia una propria opinione. Detto questo, mi piacciono molto le parti ambient in dischi pesanti, specialmente in un lavoro come il nostro che pesta per il resto della durata. È un po’ come un interludio, ma si inserisce come tematiche nella visione che avevamo dell’album. Entrambe queste canzoni hanno a che fare con della merda veramente dolorosa, per me, così ho pensato che avesse senso esprimere questi sentimenti in maniera più tenue che urlata.
Che mi dici della vostra attività live? C’è qualche progetto per suonare in Europa?
Sono anni che accarezziamo l’idea di venire in tour in Europa. Piacerebbe davvero a tutti noi, ma la merda di tutti i giorni ci rende davvero difficile andare in tour. Io svolgo un lavoro che mi occupa la maggior parte del tempo e alcuni di noi hanno figli, c’è la scuola e così via, tutte cose che rendono difficile programmare un’avventura del genere. Comunque, mantengo l’intenzione di riuscire a venire prima o poi. Vediamo cosa accadrà.
Le ultime parole famose…
Grazie per l’intervista, Michele! È stato un piacere.