Non è vero che non è il tempo dei Black Lung
Hanno appena suonato in Italia e ci torneranno a breve (9 dicembre a Trieste, con in apertura i riuniti Black Mamba Rock Explosion, e 10 dicembre a Cagliari). Sono (da poco) un quartetto heavy psych 2 chitarre + basso + batteria benedetto da una voce soul potente e capace di risollevarti da terra: nulla di rivoluzionario, nulla di necessario o di cui tutti dovremmo sentire il bisogno, nulla che non si possa assorbire se – esagero, eh – si conoscono Sabbath e Zeppelin, ma talmente ben escogitato che a molti appassionati sembrerà bello come un ritorno a casa dopo uno sfratto anziché una minestra riscaldata. Dark Waves, il loro quarto album uscito a maggio per Heavy Psych Sounds, al di là di testi imbevuti di pessimismo e inquietudine, contiene otto pezzi “da macchina” che fanno passare 40 minuti di viaggio in un secondo. Merito dei nomi coinvolti nella produzione del disco? Forse sì, ma questi qui sanno scrivere davvero le loro canzoni. Io, di sicuro, beccherò i Black Lung da Baltimora il 9 dicembre. Sono arrivato tardi per le prime date da noi, ma con quest’intervista spero d’incuriosire sardi e triestini.
Devo iniziare l’intervista così: Dave, hai una delle migliori voci del circuito. Come l’hai sviluppata? Chi ti ha influenzato? Per rimanere in ambito stoner/doom, mi ricordi l’ultimo Pete Stahl (Goatsnake)…
Dave Cavalier (voce e chitarra): Sei davvero molto gentile a dire così. La mia principale influenza sono i cantanti soul. Tra i miei preferiti: Otis Redding, James Brown, Aretha Franklin, Joe Cocker, Stevie Wonder. Più contemporanei: D’Angelo e Marcus King. Faccio del mio meglio per infondere la nostra musica – che è più pesante – di questo stile. È così che io percepisco band come Led Zeppelin e Black Sabbath: musica pesante con voci ispirate dal blues e dal soul.
Devo confessartelo: ascolto molta roba lontana dalla classica forma canzone e sto bene così. Ma è sempre rigenerante per me tornare a band come la tua, quelle con un talento reale per lo scrivere semplicemente… canzoni. Chi vi ha insegnato quest’arte perduta?
Impieghiamo davvero molto tempo a creare le nostre canzoni. Tutti i componenti del gruppo sono per certo colossali fan dei Beatles, quindi sì, rispettiamo assolutamente un pezzo ben congegnato. In ogni caso apprezziamo anche musica con meno struttura. Band come gli All Them Witches fanno la cosa giusta: canzoni scritte bene con estese sezioni che sono psichedeliche secondo tutti i crismi.
Ti va di parlare dei cambiamenti nella line-up dei Black Lung? Come hanno modificato il vostro sound, se l’hanno fatto?
Abbiamo aggiunto un bassista al gruppo e abbiamo pure un nuovo chitarrista! Ha cambiato la band in molti modi, ma ci ha anche permesso di rimanere fedeli ad alcune vecchie canzoni, nel senso che abbiamo soffiato nuova vita in loro. Prima, quando non avevamo bassista, entrambi i chitarristi coprivano le basse frequenze tutto il tempo. Adesso siamo in grado di allargarci e suonare più come dei chitarristi veri e propri! Inoltre Dave Fullerton (quello nuovo, che sta a una delle sei corde; l’altro è appunto Dave stesso, ndr) ha portato con sé molte idee per la scrittura e nuove tonalità. È un’esperienza grandiosa a tutti gli effetti.
Dark Waves è mixato da Kurt Ballou e ha il mastering di Magnus Lindberg. Grossi nomi. Hanno avuto un impatto sul modo in cui vedete la registrazione di un disco? Com’è poi lavorare con i Magpie Cage Studio?
Lavorare con Jay Robbins ai Magpie Cage è un sogno. È un caro amico e uno stregone in studio. Ha un modo tutto suo di tirarti fuori la miglior musica. Per quanto riguarda Kurt e Magnus, sono dei maestri. Abbiamo solo tentato di lasciarli fare il più possibile da soli. Entrambi hanno davvero fatto vivere l’album. Non potremmo essere più felici di come è uscito.
Ancora una su Dark Waves: che significa l’artwork? Ci date qualche indizio?
L’artwork è stato creato di Robin Gnista. Gli abbiamo mandato l’album e gli abbiamo chiesto di disegnare ciò che sentiva ascoltandolo. E ciò che vedi è suo. Per significati più profondi devi chiedere a lui…
Un’altra su Dark Waves: “Death Grip” è un gran pezzo (il più doom del lotto, capirete perché, ndr). Anche un gran video, qualcosa che la gente noterà di sicuro. Il testo parla di persone che sfruttano il dolore, il lutto. Come è nata l’idea?
Viviamo in Maryland, in una cittadina chiamata Pikesville. Pikesville ha una comunità ebraica molto grossa. In questa comunità opera una sola impresa di pompe funebri, in pratica l’unico posto dove gli appartenenti a questa comunità possono recarsi quando uno dei loro cari viene a mancare. Quest’impresa ha il completo monopolio sulla morte. Qualcun altro in passato aveva provato ad aprire un’altra agenzia funebre, ma è stato ostracizzato o mandato via dal pesce grosso. È davvero terribile. Di questo parla la canzone.
Sono innamorato di “Demons” e di quanto è catchy. Quand’ero giovane sarebbe stato un hit single. Oggi la gente compra roba di matrice hip hop. Vi sentite vecchi a volte? Fuori dal tempo?
Ha! No, né vecchio, né al momento sbagliato. Anzitutto amo l’hip hop e mi emoziona che sia così anche nel mondo. Uno dei miei gruppi preferiti di tutti i tempi sono gli A Tribe Called Quest. Il rock and roll è qui per restare. Tutti i generi possono esistere armoniosamente.