Niente Records, St.Ride e quello specchio dell’anima
Chi conosce le pubblicazioni della Niente Records, conosce anche il loro emblema, che è un pannello del digipack a specchio: ci mette di fronte alla nostra faccia mentre ci accingiamo ad ascoltare la destabilizzante fantasia fuori dal comune del duo Edo Grandi e Maurizio Gusmerini. Edo e Maurizio hanno partorito quel flusso di coscienza che è la storia musicale dei St.Ride, con progetti paralleli/altrui come Mongoholi Nasi. Stupire con niente, stupire con tutto e con ogni sfumatura che il linguaggio free/avant permette di adoperare, senza che snobismi o estetismi autistici vadano a mascherare povertà di idee. In questo caso, ci occupiamo del mutamento del suono St.Ride iniziato con Piume Che Cadono: con Primitivo (2011) e con il nuovissimo Tutto Va Bene oggi si assiste a una sorta di sterzata verso estetiche e forme più “potabili” (ma non prive di mordente voracità), che sfonda ogni muro con la propria straripante immaginazione. In Primitivo, il duo ringrazia anzitutto il misterioso Mongoholi Nasi per avergli insegnato la lingua che usa per parlare ai cani. Poi Edo si dedica a synth e percussioni e Maurizio si mette alla voce e a synth, chitarra e percussioni, per una storia crudele, ridicola, cinica e disperata. Diciassette tracce che non durano mai più di tre minuti, tra singulti ritmici e spasmi vocali che trasudano visceralità e dannazione. I synth s’illuminano come sirene in notti nere davvero, senza capire se recano con loro salvezza o è troppo tardi perché si possa anche solo pensare che ce ne possa essere una. Un po’ dei Devo che si trasformano nei Suicide per utilizzare l’armamentario dalla no wave e riportare a casa un po’ di “sano” amore per l’estrema portata delle emozioni umane e della libertà in musica. Ciò che rende utile Primitivo ai fini dell’analisi dell’ultimo nato in casa St.Ride, Tutto Va Bene, è l’apertura all’utilizzo della voce e di strutture più definite. Ok, in Primitivo le voci sono comunque atroci lamenti e non si capisce cosa declamino, mentre il terrorismo sonoro permea ancora ogni anfratto. In Tutto Va Bene, invece, a lavoro di sintesi ormai compiuto, ci si lascia andare e l’ondata di mal di vivere e di malevolenza sociale che permea ogni istante è diretta e “senza compromessi”, da presa di posizione netta sotto tutti i punti di vista.
Tutte le lingue del mondo compaiono in copertina, mentre un synth noise limaccioso accoglie le “invettive” di “Autodenuncia” (Non sono io a cantare, non sto sul tempo, non dico niente e lo dico male, i testi li ho copiati…) e mentre “Allo Sbaraglio” incede robotica e rintronante di miseria umana senza freni. “Turbamento” continua tra gelido inveire e substrato di elettronica ottundente, poi sbucano influenze Pan Sonic e Autechre ad accompagnare lo splendido testo di provocatoria ingerenza di “Mi Annoio” e ancora macchinari e sudori in “Mi Piaci”, che srotola un mi piaci così ma come sei puoi fare male, non ci hai mai pensato, perché non sai pensare. Si alza il tasso di abrasività in “Equivoci”, ancora magistrali equilibri elettronici tra quanto è stato degli anni Novanta e quanto è rimasto ora in “Gnoseologia”, successivamente “(I Can’T Get) Soddisfazione” è tutta da godere, mentre si ritorna nel celestiale torbido con “Cannibale” e “Contestazione”.
E non potrebbe andare meglio.