NICK HAKIM & ROY NATHANSON, Small Things

C’è chi vive a New York e chi no! Fra coloro che non ci vivono ci sono poi quelli che non ci sono proprio mai stati. Sono la maggioranza e mi contano nelle loro file. La classificazione lascia il tempo che trova e significa assai poco, dopo tutto, ma per chi è afflitto dal trovarsi ai confini dell’Impero e continua a tendere orecchie e pensieri in quella direzione, una qualche differenza la può pur fare! E forse non si tratta neppure di recarsi Oltreoceano, piuttosto di continuare ad alimentare questo desiderio autoimmune di un altrove, nutrendosi di pagine, immagini e musiche!

Certo che Roy Nathanson (Lounge Lizards e Jazz Passengers suggeriscono qualcosa?) potrebbe essere il Cicerone/Virgilio perfetto per lenire la nostalgia che mi affligge, ma potrebbe essere assai probabile che si dimenticasse di prelevarmi dall’aeroporto per vedermi finire inghiottito in un vortice di visti mancanti e disorientamenti da provinciale. Per cui me ne resto qui ma continuo ad attendere ed ascoltare i suoi dischi e ad annusare il profumo inebriante di Grande Mela che sprigionano.

Small Things (NYXO Records/tmwrk records, 2021) è il suo ultimo disco e lo vede in compagnia della voce di Nick Hakim (un trentenne che si è già mosso con collaborazioni del calibro di D’Angelo ed Erykah Badu). I due si conoscono per via del progetto Onyx Collective, col quale Roy Nathanson collabora da poco. Al Winter Jazzfest di New York nel 2018 il sassofonista rimane sorpreso nel sentire trasformata una sua composizione poetica dalla voce di Hakim in un brano dalla stoffa setosa e dal passo soul. Nelle chiacchiere alcoliche del dopo concerto diviene piuttosto semplice darsi un appuntamento a Flatbush, quartiere di Brooklyn in cui vive Nathanson, per vedere di poter dar seguito a quella collaborazione. Cose che capitano lì.
Il 2019 trascorre pigro, l’iniziativa è rimandata a causa degli impegni reciproci; il 2020, invece, coglie anche New York di sorpresa e la forzata clausura accelera la nascita di questo disco.

Prodotto da Isaiah Barr e suonato assieme a Austin Williamson (batteria) e Spencer Murphy (basso), tutti di casa nel collettivo Onyx, ecco Small Things che si muove fra soul sornione, jazz notturno, r’n’b sguaiato e la voce baritonale di Nathanson a fare da contraltare al canto lussureggiante di Hakim. Cosa saranno mai queste “piccole cose”? Quisquiglie, sciocchezze da considerare con quell’understatement urbano che è alla fine l’oggetto imprendibile del desiderio di chi guarda (e ascolta) da quaggiù. L’andatura notturna della metropoli affrontata con sprezzatura, le minuzie del quotidiano scansate con nonchalance ed eleganza: forse è davvero tutto qui, un suono, un ritmo e una luce che è inequivocabilmente New York e che si immagina assai meglio da lontano, guardandola riflessa in Small Things!