NERO DI MARTE, Immoto
Senza tanti fronzoli, se volete un disco da sentire mentre fate altro, questo non è quello giusto. Immoto, il terzo album dei Nero Di Marte è scuro, difficile, lungo, sperimentale e pesante. Ed è proprio in queste cose che si trova la sua magnificenza, non è per tutti i momenti, non è adatto alla velocità con cui si fagocita tutto ai nostri giorni. Immoto non accetta di essere messo in mezzo ad altri ascolti, Lui pretende tempo e attenzione, Lui vuole l’esclusiva. Altrimenti non si riuscirà ad entrare nei suoi più profondi meandri e a goderne in pieno.
Dopo il bellissimo Derivae, con il quale si sono fatti conoscere al grande (per così dire) pubblico, i Nero Di Marte sfornano per la francese Season Of Mist un altro capolavoro, alzando ancora l’asticella della qualità e della ricerca. Immoto oscilla tra parti atmosferiche buie, ma anche sognanti, e altre taglienti come rasoi: un connubio di sperimentazione progressive, math, death, sludge, ambient, tenuto insieme con la maestria tipica di chi sa cosa vuole e come ottenerlo.
I brani, lunghissimi (a parte la conclusiva “La Fuga”), assomigliano più a suite nere che a canzoni. Sono come onde che possono cullarti o affogarti e che non sai mai dove ti conducono. Ti trascinano, ti stordiscono e ti lasciano letteralmente senza respiro mentre cerchi di capire dove ti trovi. Sono onde di un mare infuocato. Gli strumenti fluttuano uno sopra l’altro conservando sempre la loro identità e creando un muro sonoro compatto. Il cantato, per la maggior parte in italiano, si basa su note alte, potenti e strazianti – ma non strillate – e lascia trasparire tutta la sapienza tecnica di Sean Worrell, il quale ci annichilisce anche come chitarrista. Impressionante anche la prova di tutti gli altri musicisti.
Questo nuovo capitolo della storia dei Nero Di Marte è assolutamente di primissimo livello, tutto sta a cosa si ricerca con l’ascolto: come scritto in precedenza, qui non siamo di fronte a un disco che accompagna, bensì a qualcosa a cui bisogna dedicarsi, impegnandosi, per più e più volte. La grandezza della band sta proprio nel suo estraniarsi totalmente dal “mordi e fuggi” tipico dei nostri tempi e nel concedersi di poter sperimentare a suo piacimento non curandosi di tutto quello che c’è attorno. Immoto è, senza tanti fronzoli, un capolavoro di metallo d’avanguardia.
Nota della redazione: Maurizio Tuci ha intervistato Sean Worrell dei Nero di Marte per il suo podcast Black Guitar Conspiracy.