NERO DI MARTE

Nero Di Marte

Sono italiani, hanno un album appena uscito su Prosthetic Records e la stampa internazionale li ha accolti con entusiasmo: non potevamo quindi lasciarci sfuggire l’occasione di scambiare qualche parola con i Nero Di Marte, un gruppo che ha saputo distinguersi grazie a un suono personale, estremo e particolarmente moderno. Ci parlano di questa nuova avventura Sean Worrell (voce) e Francesco D’Adamo (chitarra).

Com’è nata la collaborazione con Prosthetic? Un gruppo italiano su di una etichetta come questa non si trova molto di frequente. 

Sean (voce, chitarra): Prosthetic per vari motivi era una delle prime etichette a cui abbiamo scritto una volta finite le registrazioni dell’album. Non nascondo che ci è voluto molto tempo e molta pazienza nell’aspettare una risposta da tutti quelli che avevamo contattato; eravamo praticamente ad un passo dall’autoprodurci quando ci arrivò una email da Duncan della Prosthetic. Da allora va tutto a meraviglia, i rapporti sono ottimi e loro sono molto comunicativi, considerata anche la mole di gruppi che hanno nel loro roster. Fra noi c’è intesa a livello musicale e questo credo sia molto importante.

Il passaggio da Murder Therapy a Nero Di Marte è dovuto ad un motivo puramente estetico oppure riguarda qualcosa di più profondo? Ascoltando il disco non si può fare a meno di notare il percorso evolutivo che avete intrapreso, forse è questo che vi ha spinto a “superare” quanto fatto con il nome precedente…

Francesco (chitarra): Già alla fine dell’estate del 2010, quando per un breve periodo nella band eravamo solo io (Francesco), Sean e Marco, avevamo intenzione di cambiare nome. Ma non l’abbiamo fatto, forse per timore di azzerare alcuni contatti e quanto fatto e forse perché avevamo sottovalutato l’impatto che seppur solo nell’underground il debutto Symmetry Of Delirium aveva avuto. Andando avanti con la band e con le sue progressivamente diverse sonorità ci siamo accorti che il nome Murder Therapy stava diventando una zavorra, un pregiudizio nei confronti di quello che stavamo suonando. Infine, quando con anche l’arrivo di Andrea ci è stato più chiaro cosa stavamo cercando di creare, abbiamo deciso di trovare un nome che rappresentasse le nostre presenti e future sonorità, e che lo facesse nella nostra lingua.

Tra l’ep Molochian e l’album Nero Di Marte c’è stato un salto non indifferente. Guardando indietro al 2011, cosa pensate di quel disco? Quali sono stati i cambiamenti più significativi?

Sean: Molochian è stato registrato già sapendo come avrebbe suonato Nero Di Marte, difatti la realizzazione di quell’ep aveva anche lo scopo di guidare il potenziale ascoltatore attraverso l’evoluzione che si stava compiendo all’interno del gruppo. Le canzoni di Molochian (con l’eccezione de “Di Luci E Negazioni”, scritta in seguito) facevano parte di un blocco di materiale scritto nel 2009/2010 in cui erano presenti anche la maggior parte dei brani di Nero Di Marte. Abbiamo voluto dividere il materiale in due uscite per motivi credo palesi, dato che ci fai una domanda del genere! Considerato questo, credo che sia stato fondamentale registrare quel materiale, sia perché ritengo che quella musica estremamente valida, sia perché ci ha sicuramente dato modo di andare avanti con più serenità e progressione a livello di uscite discografiche.

Molochian è stato autoprodotto, e all’epoca lo avevate reso disponibile anche in free download su Bandcamp. Quella del download è una questione molto dibattuta, un fenomeno sempre più diffuso che ha ormai assunto un ruolo di grande importanza (basti pensare a tutti quei progetti che pubblicano solo in forma digitale). La vostra opinione al riguardo?

Francesco: È un discorso molto ampio… che è costruito su un errore di base, cioè pensare che un album scaricato corrisponda a un album non acquistato. Essendo il più “grande” nella band, ricordo benissimo l’ascolto pre-internet e anche quello precedente alla diffusione dei masterizzatori. Ognuno aveva un certo numero di album originali e poi una gran quantità di cassette. Si facevano scambi. C’erano annunci di persone sulle riviste del periodo che vendevano cassette duplicate. Di realmente diverso rispetto a ora c’era l’accesso ad un numero ridottissimo di band. Così come molto più basso rispetto a ora, almeno in ambito metal, era il numero di band che arrivava a pubblicare un album. Ciò faceva sì che gli acquisti si concentrassero su un numero ridotto di gruppi. Band come Morbid Angel, Carcass, At The Gates, solo per citartene alcune, a metà degli anni Novanta avevano dati di vendita ora inimmaginabili, nonostante la popolazione mondiale che (per motivi economici e geopolitici) effettivamente avesse accesso all’acquisto di un album fosse in numero inferiore ad ora. L’industria discografica non è intervenuta per tempo su un fenomeno vastissimo, lasciando che si radicasse l’idea di un download totalmente deresponsabilizzato e privo di lungimiranza. Avrebbero dovuto invece per primi approfittare delle nuove tecnologie e piattaforme, “educandoci” a un sistema nel quale ascolti ciò che vuoi (e soprattutto direttamente dalla fonte, etichetta o band che sia) e poi compri o comunque contribuisci economicamente al supporto di ciò che ti piace davvero. Che è poi quello che sta accadendo ora… ma con dieci anni di ritardo. Infine, pensando al supporto cd, vorrei che fossero di largo consumo. Va bene l’edizione limitata, la confezione particolare, gadget inutili e quant’altro, ma un cd andrebbe comprato con la stessa leggerezza (mentale ed economica) di quando si ordina uno spritz al bar. Un capolavoro assoluto come A Love Supreme di John Coltrane lo compri a 5,00 € quasi ovunque, un cd di una band metal in Italia a circa il triplo… E se consideriamo che le spese di registrazione sono quasi sempre a carico delle band, che stampare un cd con un booklet anche curato ha un prezzo bassissimo, che buona parte della promozione che fanno le etichette è on line e nella maggior parte dei casi a prezzi bassissimi rispetto al passato, cos’è quel sovrapprezzo che viene a generarsi? Cos’è questo valore aggiunto? È tutto legato ai vari passaggi nella distribuzione? Oppure è il suo lato artistico a far salire il prezzo? È ridicolo. Un cd è solo un supporto. Non è arte. Non è creatività. Non è il fine, ma solo il mezzo fisico più pratico ed economico della nostra epoca per diffondere e vendere musica. E andrebbe desacralizzato, reso un oggetto economico e di consumo.

Nero Di Marte

La band negli anni è passata attraverso diversi cambi di formazione. Quanto e in che modo questi cambiamenti hanno influito sullo sviluppo del vostro suono?

Francesco: Moltissimo. Nel far sì che le cose convergessero… il passaggio di Sean anche alla voce ci ha permesso di avere uno spettro di emozioni molto più ampio e di poter sviluppare alcune parti dei brani. Riccardo (il nostro vecchio cantante) aveva una voce eccellente per un gruppo death metal, ma stavamo diventando altro… e la voce è il primo e più forte impatto nell’atmosfera generale di una band. Sean non aveva mai cantato seriamente in un gruppo, è stata una cosa nuova per lui, ma con un misto di talento e pratica è riuscito a fare qualcosa oltre le nostre e forse anche le sue aspettative. Medesimo discorso per l’arrivo di Andrea al basso, che ha portato suoni nuovi, un altro modo di utilizzare lo strumento nel mix generale e tante idee per la composizione dei brani. L’alchimia che c’è ora nella band può dare vita a qualcosa di davvero personale…

Il vostro death metal sembrerebbe essersi spostato verso una forma più tecnica e moderna, dando vita a uno stile meno inquadrabile e di più ampio respiro; nel frattempo siete anche riusciti a trovare il modo di sfruttare al meglio quel bagaglio di esperienze e influenze che vi caratterizzano da anni. Tutto questo è accaduto in maniera naturale oppure avete intenzionalmente deciso di rivolgervi a qualcosa di diverso da quanto registrato in passato? Com’è stato il processo di composizione che ha portato a Nero Di Marte?

Sean: La scrittura di Nero Di Marte è avvenuta in modo assolutamente naturale, ma a pensarci bene, assieme a Molochian, è stata la prima volta che componevamo qualcosa insieme da zero… È vero che gli album usciti fino a oggi sono stati scritti più o meno dagli stessi componenti, ma quando io e Marco siamo entrati a far parte del gruppo il processo di scrittura di Symmetry Of Delirium era già ben avviato. Dopo l’uscita di quel disco abbiamo cominciato subito a preparare molto nuovo materiale (canzoni come Convergence risalgono al 2009 e venivano già proposte dal vivo). Il passare del tempo, come sempre, ha agito come filtro sulla composizione dei brani e i diversi cambi di line-up non hanno fatto altro che rafforzare e allo stesso tempo espandere ciò che stavamo scrivendo. A conti fatti ciò che è venuto a galla non sono altro che idee, riff e atmosfere che ognuno di noi si teneva dentro da anni e che in Nero Di Marte finalmente trovavano la loro espressione.

Non si sa chi abbia iniziato a mettere in giro la ricetta, ma è un fatto che molte recensioni del vostro esordio disegnano una specie di triangolo Mastodon-Ulcerate-Gojira. Al cuoco non si dovrebbe mai chiederla, la ricetta, quindi diteci solo se quella che si trova in rete ha qualcosa che proprio non va messo.

Francesco: È vero, molte recensioni fanno riferimento a quei gruppi. Anche perché essendo un album di esordio magari si cerca di dare una direzione più immediata all’eventuale ascoltatore, e non c’è nulla di male in questo. D’altronde descrivere la musica a parole è un processo per sua natura fallimentare. È un altro linguaggio. Non suonerei affatto se potessi esprimere certe cose con la parola. E nel creare un suono nostro non abbiamo mai avuto riferimenti chiari ad altri band. Le tre che hai nominato, insieme ad altre, ci hanno suggerito di liberarci di alcuni cliché e trovare il modo per esprimerci in maniera personale. A nostro modo. Al di fuori dei canoni di un genere. Ed in questo elemento nessuna band è stata più influente dei King Crimson.

Dalle scarse notizie in nostro possesso a riguardo, si direbbe che abbiate suonato con gli “irregolari” norvegesi Virus. È vero? Poi i Godflesh. Che esperienze sono state per voi?

Sean: Purtroppo le date che dovevamo fare con i Virus sono saltate per motivi non dipendenti da noi; spero in un futuro di comunque riuscire a fare qualcosa assieme anche perché sono estremamente curioso di vederli dal vivo! Abbiamo suonato con i Godflesh il giorno dell’uscita del nostro album in Europa. Che dire, è stata veramente una bella serata, con un pubblico decisamente più numeroso e vario del solito! Siamo molto onorati di aver condiviso il palco con una band storica come loro.

Siete tutti attivi da diversi anni, seppure con altri progetti, nel circuito metal bolognese. Che tipo di riscontro state avendo dalla vostra città? Generi come il vostro stanno diventando minoritari o continuano ad avere un seguito anche negli anni del revival di qualsiasi genere old school? Com’erano le cose quando iniziaste a muovervi coi vostri primi progetti?

Francesco: Abbiamo sempre avuto seguito a Bologna, ovviamente nei numeri che un genere così underground permette. Ciò che è cambiato negli ultimi anni è la maggiore difficoltà a trovate luoghi dove suonare o ascoltare altre band e la riduzione in generale delle persone presente ai concerti. Ciò riguarda tutti gli ambiti musicali in città, dalla musica classica al jazz, al metal, all’hardcore. Le cause sono molteplici, difficile individuarle tutte e analizzarle qui. L’aspetto economico è determinante, sia nell’accesso al concerto sia nella sua organizzazione, ma non è l’unico. Aggiungo una diseducazione generale nei confronti della musica dal vivo (almeno nel nostro paese), l’assuefazione generata dall’ascolto “virtuale” (anche visivo), la promozione dei concerti affidata quasi unicamente ad internet.

Che cosa avete in programma per l’immediato futuro? Che tour farete e in che paesi vi piacerebbe poter suonare?

Francesco: Stiamo facendo vari concerti in Italia ed aspettiamo di avere l’occasione giusta per suonare all’estero. Niente di confermato per ora, ma senza dubbio tra quest’autunno e l’inizio del prossimo anno qualcosa accadrà. Dove poi, poco importa. Suonerei ovunque. Nel frattempo stiamo ultimando il successore di Nero Di Marte, e non escludiamo di registrarlo entro la fine dell’anno. Grazie ancora dell’intervista!