Nel catalogo di Shimmering Moods
A volte il momento di prendersi il tempo per focalizzare un articolo su una determinata etichetta discografica è quello nel quale, sfogliando le tue liste, puoi unire almeno tre titoli.
In questo caso, per quanto riguarda Shimmering Moods, base ad Amsterdam ma diverse connessioni con la realtà italiana, la scintilla è scoccata quando mi sono messo a recuperare gli ultimi due lavori di Paolino Canzoneri – Gioie Campestri e L’Ultima Volta Di Ogni Cosa – e ho approcciato il nuovo disco di Gianmaria Aprile dopo l’esordio su Torto Editions alla fine dello scorso anno. Le tirature sono minime, molti dei pezzi del catalogo finiscono sold-out prima che ne escano le prime recensioni, in un minimercato che lascia però grande soddisfazione a chi si prende il tempo per ascoltare il materiale sfornato tra i canali olandesi dalla testa pensante e fondatore della label, Paul.
Partiamo quindi dal lavoro meno recente fra quelli presi in esame in questa tornata: Gioie Campestri di Paolino Canzoneri ha poco più di sei mesi ed esprime, nelle parole del suo autore, il bisogno di luoghi sospesi nel tempo, dove la fauna possa vivere lontana dalla pericolosa presenza umana. La non contaminazione, l’ambiente inalterato, arcaico in qualche modo, sono temi che ritornano nella poetica lieve del musicista siciliano, che qui sceglie di declinare al passato mezz’ora scarsa di suoni romantici e antichi. Pare di assistere alla creazione musicale come opera artigiana, in un tempo dilatato che è quello necessario ad entrare in simbiosi con la natura, gli animali, gli spazi. Un disco dove la gioia campestre è espressa come tensione che si rilascia, in maniera torbida, umorale e fisiologica, reichiana dove il Reich di riferimento è Wilhelm e non Steve. Ricordi come pennellate di suono, con gli uccelli più intonati che il mondo delle field recordings abbia mai sentito, come una partenza dalla terra, rivelazione di uno stato di alienità, di musica cosmica e delicata.
Il suono di un pianoforte connota, insieme agli inseparabili canti degli uccelli, l’entrata in materia de L’Ultima Volta Di Ogni Cosa, disco, sempre di Paolino Canzonieri, che sembra quasi voglia recuperare gli attimi salienti e significativi dell’esistenza, quasi a trattenerne l’esperienza ed il succo. La levità di Paolino sembra vagamente più scattante, briosa, elettrica nel cercare il bandolo degli avvenimenti. Un suono ambientale che pare prodromo al guizzo, fondendo frequenze, voci umane, mondo animale in un (parafrasando proprio il titolo in questione) ordine illusorio delle fasi, che sovrappone contesti differenti in maniera del tutto credibile, quasi una wunderkammer di un microcosmo del quale Canzonieri è regista e burattinaio. La title-track ondeggia a un vento orientale su linee di quello che sembra essere un flauto pacificatore, ma tutto l’album sembra invero sereno, dotato di quello sguardo soddisfatto delle proprie azioni, tramandate a posteri, ascoltatori, curiosi.
Glisk di Tydes è un disco che parte dalla fascinazione dell’artista, Samuel Death, per la fotografia a soggetto floreale, utilizzando undici scatti di questo tipo per titolare i brani di questo compendio. Il suono si muove sulla linea d’unione fra acustico ed elettronico, gli elementi si sposano su toni posati e caldi, a costruire un’ambiente intimo e rincuorante. Talmente intimo che a tratti la sensazione è quella di ascoltare una sessione di prova casalinga di un musicista, sensazione che ci costringe all’attenzione e all’immobilità nella paura di poter interrompere o disturbare la magia in atto. L’ondeggiare di certe chitarre fa presupporre un lontano legame con alcune vie bostoniane al suono, come se Tydes fosse riuscito (nella fattispecie in “Reflect”) a sciogliere aspetti karateiani su un tessuto acustico-ambientale. Poi attimi realmente strappalacrime come una “Hawthorn” che sembra carta increspata intorno al cuore, la perenne sensazione di brani che siano troppo sottili e flebili per essere fermati, un’eleganza che permea tutto Glisk. Un disco toccante, concentrato e intenso, che sprigiona una forza che è quella della bellezza naturale.
Pallette è un musicista giapponese con una discreta vis produttiva. Il suo bandcamp personale arriva alla cinquantina e più album, per cui è difficile contestualizzare To The End Of Time. Di certo possiamo appurare che l’ambito nel quale Pallette si muove è quello dalla ambient più vaporosa e onirica, gonfiata da lenti respiri. Spesso si ha la sensazione di entrare in un mantra, con ripetizioni che ci fanno letteralmente oscillare e piegare al vento. L’immagine di copertina, contrariamente a quanto verrebbe da pensare, vede protagonista una coppia, portatrice di tangibilità perché stretta in un abbraccio fisico, reale. Ed allora forse si potrebbe leggere questo To The End Of The Time come una resistenza, una promessa continua per un vincolo sentimentale che si esprime regolarmente come ritmo cardiaco, sistole, diastole, moti e movimenti sulle onde sonore.
L’album di Gianmaria Aprile si apre con uno scrosciare di pioggia, sotto alla quale entrano morbide e calde le note della sua chitarra. Difficile dire dove finisca una e dove inizi l’altra, in un universo lunare che vede mischiarsi i suoni delle corde con quelli delle orbite planetarie, in un paesaggio cosmico che ha sempre caratterizzato il chitarrista lombardo. La copertina medesima, rappresenta una sorta di fiore calato in un liquido nero, ma potrebbe riportare anche l’immagine di un lampo, di una sferzata di luce ed energia improvvisa. Il nastro scivola. Fra suoni composti, sprazzi naturalistici e voli pindarici Gianmaria costruisce una vera e propria esperienza sonora da godersi in cuffia per esporla ad ogni sussulto o cambiamento, guidandoci fra note leggere e decise come piccole docce d’acqua a rinfrescare una visita.
Sfogliando il catalogo Shimmering Moods capirete che la mole ed il ritmo di produzione siano ben più estesi della nostra capacità nel raccontarvi questi dischi, la speranza è che un articolo come questo possa servire alle nostre ascoltatrici ed ai nostri ascoltatori ad aprire ancor più i loro orizzonti, curiosando fra i canali sonori olandesi.