NECRODEATH, The Age Of Dead Christ

Formatisi originariamente sotto il nome di Ghoostrider, i Necrodeath, pionieri del black/thrash e leggenda in Italia, fanno trentatré anni di carriera, come già Cristo…

La formazione oggi è condotta stabilmente dal batterista Marco “Peso” Pesenti (unico membro fondatore superstite, noto per la sua passata militanza tra le fila di Sadist ed Angel Of Death) e dal cantante Flegias (batterista del gruppo black/gotico Cadaveria sotto lo pseudonimo di Marcelo Santos), assecondati nel loro operato dal virtuoso Pier Gonella alla chitarra e da GL al basso. The Age Of Dead Christ arriva dopo circa quattro anni d’assenza (se si eccettuano l’ep Headhunting e lo split Mondoscuro coi sopracitati Cadaveria): è il dodicesimo album dei Necrodeath, successore di The 7 Deadly Sins, e segna un deciso recupero delle sonorità degli esordi, quasi simboleggiato dal rispolvero del vecchio logo della formazione.

Tutto il disco gode di una fresca ma non scontata immediatezza. L’attacco frontale dell’energica “The Whore Of Salem” rompe gli indugi con una melodia sinistra supportata da una rifferama cadenzato, nitido e potente: il registro vocale maligno di Flegias, la ritmica assassina e un solismo indiavolato consentono di creare un’ideale punto d’incontro tra il thrash più tradizionale e la freddezza tipica del black, mentre il testo del brano si scaglia contro la gogna mediatica posta in essere dai cosiddetti “leoni da tastiera”, manipolatori che utilizzano il web in modo meschino, paragonati metaforicamente agli inquisitori del processo di Salem. L’ispirazione thrash caratterizza con maggiore incisività la successiva “The Master Of Mayhem”, velocissima nella sua parte iniziale e concentrato di puro odio nella ritmata porzione centrale: in questa canzone si immagina che lo spirito di Jack lo squartatore comunichi attraverso la voce di una medium la sua vera identità, confutando tutte le teorie avanzate su di lui e rivelandosi per quello che era, cioè un perfetto sconosciuto. L’influenza dei Voivod fa capolino in “The Order Of Baphomet”, simile a un proiettile scagliato a grande velocità, che al momento dell’impatto deflagra lasciando attorno a sé soltanto vittime e macerie: particolarmente suggestiva la conclusione affidata a una sezione ritmica ossessiva e straniante, mentre a livello testuale la tematica a impronta religiosa diviene spunto per proclamare un inno alla libertà individuale, di pensiero e di espressione. La tenebrosa e dissonante “The Kings Of Rome”, riferita al ratto delle Sabine, ripercorre musicalmente il sentiero del thrash più classico, irrobustita dalla contrapposizione continua tra i cori e il cantato di Flegias. Il black metal della claustrofobica “The Triumph Of Pain”, sincopata nel suo incedere e incentrata sulla tematica del male oscuro rappresentato dalla depressione, unge da reale spartiacque dell’album, che da qui in poi vira maggiormente verso il thrash con “The Return Of The Undead”, autentica scheggia incontrollata e rivisitazione dell’originale “The Undead”, tratta dal seminale Into The Macabre del 1987 e impreziosita dalla presenza dietro al microfono di A.C. Wild dei Bulldozer. Il suono malinconico di un flauto introduce le percussioni e il riff spedito dell’apocalittica “The Crypt Of Nyarlathotep”, dedicata al ritorno sulla terra di un’informe creatura generata dalla fantasia di Lovecraft, autore i cui miti sono stati in passato trattati dal gruppo sia nel disco d’esordio, sia in Mater Of All Evil. La serrata “The Revenge Of The Witches”, inframezzata da un solo di chitarra ficcante seguito dal ricorso al cantato in italiano, evoca il tristemente noto processo di Triora (paesino situato nell’entroterra ligure), avvenuto nel 1587, che condusse – tra torture e confessioni forzate – una trentina di donne al rogo per sortilegio e stregoneria, immaginando che queste vittime ritornino in vita per vendicarsi dei propri carnefici. La title-track, messa alla fine, si differenzia dal resto dell’album in virtù della sua atmosfera singolare, psichedelica e tetra al contempo: costruita su una melopea scandita da riff di chitarra avvolgenti e dal sapore orientale che ne accentuano l’ambientazione cerimoniale e ritualistica (è presente la recitazione di un passo del Credo), trova nell’opera di copertina la sua ideale raffigurazione e pone la fatidica domanda sul perché – dopo il sacrificio di Gesù e la diffusione del suo verbo da parte degli apostoli – la religione cristiana si sia trasformata in strumento di morte, con stragi e guerre condotte in suo nome.

I Necrodeath ci consegnano un disco ispirato al black/thrash anni Ottanta, eseguito con perizia tecnica e passione, senza ricorso a metronomi e trigger, registrato quasi completamente in presa diretta, imperdibile per gli amanti di Hellhammer, Celtic Frost, Slayer, Bathory e Kreator.

Tracklist

01. The Whore Of Salem
02. The Master Of Mayhem
03. The Order Of Baphomet
04. The Kings Of Rome
05. The Triumph Of Pain
06. The Return Of The Undead
07. The Crypt Of Nyarlathotep
08. The Revenge Of The Witches
09. The Age Of Dead Christ