Naufraghi: Plebeian Grandstand e Rien Ne Suffit
Già una volta ho beccato i Plebeian Grandstand (una volta anche i fratellastri Mourir), gruppo francese che non faccio fatica a mettere a fianco a The Secret, Celeste ed Hexis nella mia collezione di dischi. Con Rien Ne Suffit sono diventati temporaneamente cinque, dato che era con loro ai modulari il produttore Amaury Sauvé, e hanno provato (sì, non sono i primi, lo so) a infilare rumore elettronico nel loro sound parte hardcore parte black metal. Spesso, in realtà, i momenti noise – più che alimentarla – smorzano l’animalità a cui i Plebeian Grandstand ci hanno abituato e diventano un modo per descrivere sofferenza mentale e fisica: in ogni caso, un effetto (non so quanto previsto) di questa decisione è che quando la band riprende a correre sembra per contrasto due volte più veloce e minacciosa. Molti gruppi metal aggiungono elettronica per compensare la mancanza di idee per i pezzi, una specie d’operazione di facciata: questo è ciò che dà fastidio a tantissimi, che vedono un synth o un effetto e pensano a fumo negli occhi, perché vogliono il riff e se il riff non c’è, allora la spiegazione non può che essere che il chitarrista li ha finiti, ma non ha il coraggio di sciogliere il gruppo. In Rien Ne Suffit, però, non c’è qualche loop a cazzo copiato dai Depeche Mode, ma il racconto di qualcosa di diverso tramite un sound radicale che da sempre è lì a mostrare le crepe nella nostra psiche. Inutile precisarlo, ma i testi sono quanto di più negativo io ricordi di recente. Da ascoltare.
Se dovessi scegliere un solo aggettivo per Rien Ne Suffit, userei “courageux” (glielo metto in francese, per essere sicuro, ndr). E voi?
Simon Chaubard (chitarre): Io direi “ribelle” (défiant, ndr).
Siete in cinque adesso? Prima di questo disco eravate un chitarrista, un bassista, un batterista e un cantante. Il cantante aggiungeva parti elettroniche all’insieme. Amaury Sauvé è entrato nella band?
Per quest’album Amaury si è unito al gruppo e abbiamo scritto tutto come un five-piece, con lui ai sintetizzatori modulari. Amaury ha prodotto i nostri dischi precedenti Lowgazers e False Highs, True Lows. Sfortunatamente non ha tempo per suonare dal vivo e non riesce a restare nella band. Dunque per i prossimi concerti dobbiamo capire chi si giostrerà con elettronica e modulari.
Non siete una black metal band, ma c’è del black metal in voi. Mi affascina come tante band francesi usino il black metal senza appartenere al genere: Celeste, Alcest, Aluk Todolo, Deathspell Omega… e aggiungerei i Mourir. Cos’è il black metal per te? Che cosa prendi? Cosa scarti?
Per me il black metal è una forma d’arte basata su emozioni forti come disperazione, rabbia, tristezza, misantropia, tutto plasmato con un approccio sonoro abrasivo e intransigente. Questo è ciò che prendiamo dal genere, quest’estetica di malaise e sconforto, perché si adatta alla nostra visione del mondo moderno, della vita quotidiana moderna in città. Questo più che il corpse paint e i riferimenti satanici.
Avete sempre avuto un lato “estroverso”. Quando suonate veloce è come se foste là fuori a dare la caccia a qualcuno. In Rien Ne Suffit avete sviluppato di più le parti atmosferiche del vostro sound: ci sono molto rumore e dissonanze, molta tensione ma alcun rilascio. Possiamo dire che avete mostrato il vostro lato “introverso” con questo album?
Possiamo dirlo, “introverso” come qualcosa che accade dentro te e ti manda ai pazzi.
Chi ha ispirato le parti noise? Ascolto questa roba e ogni suono mi fa pensare a quella più radicale, dai Wolf Eyes alla power electronics e generi simili.
Non avevamo ispirazioni precise per le parti noise. Tutto ciò che senti è il risultato del nostro tentativo di buttare un ponte tra musica estrema analogica e musica estrema elettronica, di trovare un linguaggio comune tra il nostro sound e i modulari, e poi di fare qualcosa di diverso. In ogni caso ci sono artisti nel genere che ci piacciono, ad esempio Puce Mary, Haxan Cloak o Emptyset.
Raramente ho letto testi pessimisti come i vostri, e io di solito non ascolto musica di persone felici. Siamo senza speranza? Avete voglia di lottare o vedete solo sconfitta?
Vogliamo combattere ma sappiamo già che non c’è via d’uscita.
Ho già letto la vostra dichiarazione su Debemur Morti. Siete felici dell’etichetta? Hanno un roster fantastico ma credo che ora dovreste farvi crescere i capelli e mettere cinture di proiettili…
Siamo molto soddisfatti del nostro rapporto con Debemur Morti, un bel team, professionale.
Quanto è importante per voi suonare dal vivo? Quanto è difficile ora per una band come la vostra fare un tour?
Suonare dal vivo è molto importante per noi, ma dopo anni non è più facile, per via del nostro essere DIY. Non guadagniamo con la band, abbiamo lavori e fare un tour completo è una cosa che non ci è possibile due volte all’anno, anche se siamo fiduciosi che suoneremo presto.