NATE YOUNG + FRANZ ROSATI, 20/10/2013
Roma, DalVerme.
20 ottobre 2013: al piccolo ma agguerrito DalVerme (Roma zona Pigneto) si è registrata una scossa di magnitudo dieci della “scala decibel”. Ospiti della serata Franz Rosati e Nate Young: da una parte un volto relativamente nuovo – al quale però ci siamo subito interessati – della scena sperimentale italiana, dall’altra un personaggio di spicco, grazie ai Wolf Eyes, del noise (tra i principali esportatori del rumore made in U.S.A., i lupi del Michigan hanno saputo cambiare alcune chiavi di lettura di un genere che sul finire dei Novanta cominciava a veder esaurirsi le spinte propulsive del japanoise e della power electronics).
Apre Franz Rosati, armato di laptop, e la zona live comincia velocemente a saturarsi di un inquinamento acustico oltre i livelli di guardia. Un assalto sonoro con drone formato shrapnel gettati oltre barricate noise, sgretolate poi da picchi di volume che nei climax diventano puri orgasmi acufenici. Poco più di mezz’ora (presumo, ma è sempre difficile dirlo, dato che quando una cosa piace sembra sempre duri poco), spina staccata, Rosati si disperde tra i presenti, noi applaudiamo e i LED dei mixer impazziti trovano pace… ma per poco.
Prendete gli elementi qui sopra, che potrebbero formare senza problemi un live set anche di qualche noiser più conosciuto, levate il laptop e aggiungete bizzarri strumenti autocostruiti (una scatoletta con dentro due corde sbilenche), nastri continui, loop station, bric-à-brac elettronici con cui suonare un’ improbabile armonica a fiato: avrete così il campo da gioco dell’esibizione di Nate Young.
Bastano i primi secondi di bordate noise per capire che Nate non cerca una full immersion in Blinding Confusion, ultimo disco della sua incarnazione come Regression, ma fa nascere il live da una costola rotta dei Wolf Eyes, per quanto in ogni caso ci sia un denominatore comune tra il suo lavoro solista e quello con la band, cioè un concetto di rumore opposto a qualsiasi istanza musicale di sorta (melodica, strumentale, ritmica). In fondo, citando Bruno Maderna: “Quindi la musica non è un’arte dei suoni, ma i suoni non sono altro che un mezzo per mettere chi li ascolta in un particolare stato d’animo”. I nostri stato d’animo, o almeno il mio, sono: agitazione, compulsività, smarrimento… poi tutto tace.
Fine? No, c’è tempo per un bis, alla faccia di Niccolò Castiglioni, che una volta scrisse: “Il rumore non fa bene. Il bene non fa rumore”. Noi, invece, ci siamo fatti molestare con estremo piacere.
(foto di Ilaria Doimo)