NAGEL, Seven Songs For A Disaster [+ full album stream]

Nagel

Nagel è la collaborazione tra un violoncellista, Francesco Guerri, e un tastierista, Alberto Fiori. Il primo è rintracciabile (anche) sul catalogo Setola Di Maiale, indizio che potrebbe dirci più di qualcosa sul come conosca il proprio strumento. Ha collaborato anche con Carla Bozulich in un progetto a due chiamato Bloody Claws: non a caso, dunque, la s’incontra nell’ultima traccia del disco. Il secondo suona il pianoforte negli Underdog, un ensemble “trasversale” che sta colpendo molto la critica italiana.

In questo Seven Songs For A Disaster Fiori gestisce tutta la parte elettronica, battiti sintetici compresi, apparentemente messi sempre “davanti” nel mix. Non so se sarà lo stesso per gli altri, ma è proprio il suono percussivo acuto e in faccia del primo pezzo a costituire il primo fattore spiazzante di quest’album, specie se posto in contrasto con le note sparse di tastiera e la solennità del violoncello: un approccio molto diretto, per certi versi istintivo e violento, lo stesso che negli anni abbiamo visto in musicisti di matrice “estrema” quando, partendo dal rock, si sono confrontati con “le macchine”. Del resto il piglio heavy (Nine Inch Nägel?) segna anche il pezzo successivo e subito dopo “Nails” (appunto) e “Open City”. Sono queste ultime due a sorprendere, stavolta per l’integrazione ritmica tra Guerri e il resto: specie la prima è un labirinto di specchi nel quale è difficile non voler entrare. Anche in “Spit It Out” questi incastri sono speciali, ma altre cose s’aggiungono: ho il dubbio se qui Guerri “abbia fatto gli Apocalyptica”, distorcendo (come forse accade pure in “Three Days Without”) il violoncello a tal punto da farlo diventare metal, oppure se sia stata campionata una chitarra; in entrambi i casi (il primo sarebbe pazzesco), andava versato più sangue, da loro e da un ospite alla voce non molto convincente. La chiusura, come accennavo, spetta a Carla Bozulich, attorno alla cui voce i due cuciono un abito sonoro che potrebbe essere stato ispirato da Evangelista (2006, uno dei lavori più “ambient” della cantautrice).

Seven Songs For A Disaster è onesto, ha buoni pezzi e moltissimi buoni spunti: la sensazione, in ogni caso, è che i due possano prendere ancora meglio possesso dei territori che sono andati ad esplorare assieme.