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NADJA, Luminous Rot

Coi Nadja per me è amore da troppi anni ormai, ne ho parlato talmente tanto che non so più cosa inventarmi. Per Luminous Rot (mastering di James Plotkin e mix addirittura di David Pajo) si è mossa Southern Lord, che mai li aveva presi sotto la sua ala, cosa stranissima perché per me si tratta di una sola foto di gruppo distorta e bruciata. Baker e Buckareff hanno dato in mano ad Anderson un ottimo disco, col quale raccontano la stessa storia, ma è la loro storia e hanno carisma e convinzione. Partendo da Swans e Godflesh – e finendo per avere qualcosa in comune con gli Jesu – mescolano come sempre drone, metal, shoegaze e quel po’ di noise rock che nel loro sound molto riconoscibile è un fattore che – quando emerge – determina pezzi dei Nadja più dinamici e immediati come accade con la title-track: con un po’ di incoscienza potrebbe passare in radio, perché alla fine è facile e porta con sé persino un po’ di melodia e un chorus. Per i fan, invece, c’è l’enormità incontenibile di “Starres” e “Fruiting Bodies”: una delle caratteristiche principali dei Nadja, infatti, è sempre stata quella di essere il famoso elefante nella famosa stanza. “Dark Inclusions” – col suo passo veloce e la sua urgenza – è una specie di mezza sorpresa, graditissima, che con “Cuts On Your Hands” (al contrario più sognante) dà più sfaccettature all’insieme, scongiurando la noia.

Un altro punto di forza qui sono i testi, sempre a firma Baker, molto coesi e coerenti e anche in questo caso non nuovi per chi ricorda quanto all’inizio sapesse essere una specie di Cronenberg passato alla scrittura: la pelle, i tagli, le bruciature, le cicatrici e i segni su di essa, le vene, il sangue, la carne, ma anche i viticci o le spore parlano di legami personali che sono come infezioni di cui però sembriamo non poter fare a meno, come se incontrarsi – curioso come oggi sia attuale – significasse accettare il contagio, lasciare che chi ci piace ci contamini e ci invada, creando qualcosa che può essere simbiosi o parassitismo. Vivere implica farsi del male, ma è peggio il contrario, no? Al di là della nostra parte razionale, spesso siamo creature che in qualche modo eseguono incarichi “biologici” senza possibilità di ammutinamento, il nostro cervello può realizzare cosa accade, ma non può fermarlo. Loro, invece, dichiarano: thematically, the album explores ideas of ‘first contact’ and the difficulties of recognising alien intelligence. Non avrei mai detto di essere un romantico.

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