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N + EHNAHRE, Jacob

Il nuovo disco degli Ehnahre vede la formazione di Boston collaborare con il chitarrista tedesco N (Hellmut Neidhardt), musicista di ambito drone con all’attivo anche split con Nadja/Aidan Baker, Viscera///, Sankt Otten e Kodiak (solo per citare nomi che abbiamo incrociato spesso in passato) e uscito per due label altrettanto familiari da queste parti come Denovali e Consouling Sounds. Come già in passato, i testi e il concept degli Ehnahre si basano su di un libro, in particolare sulla raccolta di storie brevi “The Street of Crocodiles” (in italiano: “Le Botteghe Color Cannella”) di Bruno Schulz, di nuovo un’opera in cui la lingua e in particolare le invenzioni linguistiche creano un ideale ponte con la voglia di sperimentare del gruppo.

Jacob consta di tre lunghe tracce in cui gli stili delle due realtà in azione si sovrappongono e interagiscono: dopo un inizio più controllato e in qualche modo “confortevole”, nel corso del quale si viaggia sui binari di un drone-doom le cui le note dilatate formano il terreno su cui interagire, si assiste una progressiva perdita di freni in cui l’astrattismo degli ultimi lavori degli statunitensi torna prepotente alla ribalta. In questo modo si potrebbe parlare di un disco giocato su un doppio filo, quello di un’implosione sonora dai tratti ambient e quello di una schizofrenia esplosiva che ancora una volta strappa ogni certezza all’ascoltatore per come scioglie ogni possibile legame con il metal (sia pure decostruito) per finire nella pura improvvisazione. A leggere alcune interviste in rete (cfr. Invisible Oranges), sembrerebbe che gli Ehnahre avessero già in mente un lavoro basato sull’opera di Bruno Schulz con una forte componente drone e giocato sull’utilizzo di layer, elementi tipici dell’approccio di N, che per caso fortuito aveva proposto loro una collaborazione: in pratica la tempesta perfetta. Del resto loro paiono spesso interagire più attraverso giochi di rimandi e affinità elettive che con vere e proprie manovre coordinate su schemi precostituiti, per cui non deve essere risultato difficile inserire una nuova voce all’interno di una formula già di per sé basata su libertà espressiva e voglia di abbandonare la grammatica tradizionale. Il risultato finale si dimostra ancora una volta una sfida per l’ascoltatore, che deve individuare i punti di riferimento del canovaccio per non perdere la rotta, ma al contempo in grado di essere risolta secondo molteplici possibilità in base appunto alla soggettività di chi ne usufruisce, un aspetto del percorso dei suoi autori che rende il viaggio meritevole di essere percorso e che negli anni non ha mai lasciato con l’amaro in bocca chi vi si avvicinasse con curiosità e voglia di mettersi in gioco. Quante volte abbiamo usato nei loro confronti l’espressione “per molti ma non per tutti”?